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 2015  marzo 04 Mercoledì calendario

Notizie tratte da: Joe Bastianich, Giuseppino. Da New York all’Italia: storia del mio ritorno a casa, Utet – De Agostini Libri Novara 2014, scritto con Sara Porro, pp

Notizie tratte da: Joe Bastianich, Giuseppino. Da New York all’Italia: storia del mio ritorno a casa, Utet – De Agostini Libri Novara 2014, scritto con Sara Porro, pp. 201, 14 euro.

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• Quella volta che nell’estate del 2012 Joe Bastianich rimase intrappolato con la madre Lidia nell’ascensore della sua casa di Milano.

• Deanna, la moglie di Joe.

• «Mi rendo conto che in italiano a volte non padroneggio il significato di alcune parole. Quali espressioni non dovrei mai utilizzare?» (Joe a Sara Porro).

• Joe Bastianich è Joseph all’anagrafe, Giuseppe per sua madre Lidia, Giuseppino per la nonna Erminia.

• Mario Batali, il celebrity chef socio di Joe in tutti i suoi ristoranti dal 1997, quando decisero insieme di aprire Babbo.

• «L’evoluzione del rapporto di Joe con l’Italia è… che cinque anni fa nessuno gli lanciava le mutande. Adesso le donne gli lanciano le mutande» (Mario Batali di Joe Bastianich).

• Joe, che da bambino odiava l’Italia. E odiava pure l’accento marcato dei suoi genitori.

• Il padre di Joe arrivò in America che aveva già vent’anni.

• Joe, che da bambino si vergognava per come stava vestita la nonna, con la sua uniforme quotidiana da contadina istriana, vestaglia, grembiule e ciabatte. D’estate la sua tenuta estiva per l’orto prevedeva, dalla vita in su, solo un enorme reggiseno.

• Le donne della famiglia di Joe, che non si depilavano le ascelle. «Questo in America era considerato così bizzarro che ricordo una vignetta satirica in cui un aereo Alitalia era disegnato con ciuffi di pelo che spuntavano da sotto le ali».

• Il lunchbox, il contenitore per il pranzo che i bambini americani portano a scuola, la “schiscetta” in milanese. Quello americano conteneva un san¬dwich PBJ, con peanut butter, cioè burro di arachidi, e jelly o gelatina. In quello di Joe c’era invece un panino con la trippa.

• Il panino di Joe, avvolto non nel cellophane come quello dei suoi compagni, ma nella stagnola. E quella stagnola non si poteva buttare: l’avrebbe riportata a casa, la nonna l’avrebbe lisciata con le unghie e l’avrebbe riposta, per poi riutilizzarla in un altro pranzo.

• Secondo le statistiche, l’americano medio mangia almeno millecinquecento PBJ sandwich prima di diplomarsi alle scuole superiori.

• A casa di Joe si cucinava incessantemente, in qualunque momento del giorno c’era almeno una pentola sul fuoco.

• All’epoca nessuno utilizzava l’olio d’oliva: la famiglia americana tipo aveva, di fianco al frigorifero, almeno dieci tipi diversi di salad dressing, marca Wish-Bone: Ceasar’s, Creamy Italian, Ranch ecc.

• La nonna materna di Joe, Erminia, aveva lasciato l’Italia senza un soldo in tasca, con i suoi due bambini per mano.

• Quella volta che Joe tornò in ritardo per la cena insieme agli amici dopo una partita di hockey su pista. La nonna era di vedetta alla finestra e, non appena lo vide girare l’angolo, cominciò a fargli una ramanzina urlando fuori dalla finestra. In cucina la madre passava la scopa e, per metà davvero seccata per metà scher¬zando, la brandì per colpirlo. Joe cercò di schivare il colpo, ma così facen¬do finì proprio nella traiettoria della scopa, che lo colpì alla tempia, mandandolo ko.

• Il padre di Joe portava i sandali e suonava l’armonica in mutande in cortile.

• Erminia e Vittorio Matticchio, i genitori della ma¬dre di Joe, erano originari di Pola, in Istria. Arrivarono a New York nel ’58 come rifugiati politici: etnicamente italiani, dopo la fine della Seconda guerra mondiale si erano trovati in quella che era diventata Jugoslavia.

• A Pola, la nonna Erminia faceva l’insegnante alle scuole elementari. Era un’eccellente maestra, e par¬lava sia italiano sia croato, così attirò l’attenzione delle autorità locali che le proposero di diventare ispettrice scolastica per il distretto. Avrebbe però dovuto iscriversi al Partito comunista locale e partecipare alle riunioni. Ma il marito Vittorio era contrario, così decisero di progettare la fuga verso l’Italia. Rimasero a Trieste fino al 1958, quando emigrarono in America.

• Quando i nonni di Joe arrivarono a New York era il 10 aprile 1958, un giovedì.

• Il primo lavoro di Erminia a New York fu occuparsi per una settimana dei bambini di una donna della parrocchia che aveva appena partorito, mentre si rimetteva in for¬ze.

• Il nonno di Joe, Vittorio, che faceva il meccanico e fumava tre pacchetti di sigarette al giorno.

• «Ho deciso di dedicare la mia vita al cibo perché ho la convinzione profonda che sia un’enorme occasione di felicità quotidiana. Il cibo tesse rapporti tra coloro che lo condivi¬dono, sa mantenere in vita legami con coloro che abbiamo perso, e con i posti che abbiamo lasciato da tempo» (Joe Bastianich).

• Lidia, la madre di Joe, cominciò a cucinare a dodici anni, quando la famiglia si trasferì nel Queens. Prima di uscire la mattina, la mamma Erminia le lasciava cinque dollari per la spesa e le istruzioni per preparare la cena di famiglia.

• A quattordici anni Lidia, che sembrava più grande della sua età, disse di averne sedici e si fece assumere in una pasticceria: lavorava come com¬messa il sabato e la domenica, nei giorni liberi da scuo¬la. Dopo le superiori andò al college. D’estate, appena finita la scuola, cercava lavoro nella cucina di un ristorante. Lavorava in un locale per qualche settimana, e da un giorno all’altro lasciava, dicendo di aver imparato tutto quello che c’era da imparare in quel posto. Dopo il college andò a lavorare da Pete’s Pizza, una celebre pizzeria su Amsterdam Avenue, nell’Upper West Side di Manhattan.

• Lidia, che conobbe il suo futuro marito, Felice, alla festa di compleanno dei suoi sedici anni organizzata al circolo ricre¬ativo degli istriani.

• Felice, ventitre¬enne quando conobbe Lidia, era un profugo istriano, arrivato da solo a New York nel 1961. Faceva il cameriere.

• Felice e Lidia si sposarono nel 1966 e insieme com¬prarono un piccolo ristorante italo-americano a Forest Hills, Queens, che chiamarono Buonavia. Si divisero i compiti: lui avrebbe seguito the front of the house, la sala, mentre lei si sarebbe occupata della cassa e del bar. Il Buonavia aprì nel 1971.

• Joe nacque nel 1968. Era grassottello, pesava già più di quattro chili. Nel 1972 nacque la sorella Tanya.

• Nel 1981, dieci anni dopo l’apertura, i genitori di Joe vendet¬tero il Buonavia, lasciarono la periferia e andarono in città. Il nuovo locale sarebbe stato un vero ristorante italiano e Lidia sarebbe diventata la chef de cuisine. Così videro un locale al 243 East 58ma strada, a Midtown East, Manhattan, e lo comprarono. Il ristorante si chiamò Felidia, unione dei nomi Felice e Lidia.

• Nel 1979 fu fondato a New York il Gruppo ristoratori italiani, o Gri. Lidia entrò nel Gruppo dopo l’apertura di Felidia e per qualche tempo occupò la carica di tesoriere.

• Quando il Felidia ricevette una recensione a tre stelle dal New York Times sei mesi dopo l’apertura.

• I genitori di Joe ad agosto chiudevano il ristorante per tre settimane e tornavano in vacanza in Istria.

• Erminia aveva una sorella che si chiamava Lidia. Non si parlarono per dieci anni, perché quando nacque la figlia, Erminia aveva dato disposi¬zioni alla sorella di registrarla all’anagrafe con il nome di Giuliana. Ma lei aveva deciso di darle invece il suo nome, Lidia.

• Joe voleva molto bene alla prozia Lidia e a suo marito, che lo portava con sé nel golfo di Pola a pescare le anguille di notte.

• La bisnonna di Joe, Rosa, che abitava in una casa di campagna a Bussoler, un sobborgo poco fuori Pola. Aveva un paio di baffi che non avrebbero sfigurato su un forzuto del circo, aveva l’abitudine di sniffare il tabacco e di pulirsi il naso nel grembiulone nero.

• La bisnonna Rosa, che quando Joe aveva il viso sporco si sputava nella mano e gliela passava sulla faccia, poi prendeva il grembiule e lo asciugava.

• Quando aveva otto anni, Joe cadde nella porcilaia e prese una spaventosa infezio¬ne. Tutto il suo corpo divenne scarlatto e passò l’estate a letto, fasciato come una mummia.

• Gueri¬no, lo zio di Joe, postino di giorno e musicista di sera. Era l’amante di alcune signore e la mattina faceva loro visita con il pretesto delle consegne. La sera, invece, suonava la fisarmonica sulla passeg¬giata del lungomare.

• Joe, che durante le vacanze veniva trascinato dai genitori in un lungo itinerario alla scoperta dei migliori ristoranti italiani. Mangiavano al ristorante un minimo di due volte al giorno. Per risparmiare e permettersi il conto giravano su auto scassate e senza aria condizionata in pieno agosto, facendo pranzo e cena al ristorante e fermandosi nel pomeriggio a sonnecchiare nelle aree di servizio.

• Quella volta che Joe nel cortile dei Vietti, produttori italiani di vino, ruppe una bottiglia di Barolo da nove litri.

• Nel 1985 Joe andò al college. Si laureò nel 1989 in Filosofia e Scienze politiche. Poi entrò a Wall Street diventando bond trader di una grande banca d’investi¬mento, Merrill Lynch.

• Joe, che vestiva come tutti gli altri trader, con pantaloni inglesi con il risvolto, gemelli ai polsini (ne aveva un paio con un orso e un toro, il bull e bear del gergo di Borsa), scarpe Church’s, bretelle di seta cinese antica, cravatta di Hermès.

• Il barista del Felidia, Sam, che preparava i migliori Martini Cocktail della città. Diceva sempre: «If I don’t make it nice, I make it twice, se non lo faccio buono, lo rifaccio».

• Nel 1991 Joe decise di lasciare Wall Street e di dedicarsi come i suoi genitori al mondo della ristorazione. Ne parlò con la madre, che gli consigliò di andare in Italia. Così partì diretto a Trieste.

• Arrivato a Trieste Joe andò a vivere nell’appartamento di Bruno Vesnaver, che negli anni ’80 aveva un grande ristorante, Pick.

• Joe, che arrivato a Trieste comprò per quattro milioni di lire una Fiat Croma del 1986 grigio scuro.

• Bruno Vesnaver, che guidava una Bmw Cabriolet, portava un Rolex Daytona al polso (uno dei primi), era divorziato dalla moglie e aveva una scorta apparentemente inesauribile di giovani fidanzate.

• Dopo Trieste, Joe partì per le Langhe. Il giorno stesso in cui arrivò a Barbaresco ricevette un invito a pranzo da parte di Angelo Gaja, produttore di vino. Andarono al ristorante di Cesare Giaccone ad Albaretto. Mangiarono zuppa di cipolle al latte e capretto.

• Dopo, Joe andò a Milano a lavorare da Peck, ristorante della famiglia Stoppani.

• Nella sua prima mattina di lavoro al Peck, Joe trovò in cucina una catasta di oche con ancora le piume addosso, i cuochi nelle impeccabili divise bianche e le pentole di rame di tutte le dimensioni che risplendevano appese alle pareti. Passò la giornata a pulire venti casse di piccoli carciofi e rimase con le mani nere per giorni.

• Da Milano Joe si diresse a Montalcino, in Toscana, che tanto lo aveva colpito da ragazzino. Lì fu ospite della famiglia Cinelli Colombini, produttori del Brunello Fattoria dei Barbi.

• Durante il Palio di Siena, quando Joe passò una settimana in città a organizzare le cene e le feste della contrada dell’Istrice, e poi vide la corsa dalle finestre di un appartamento su piazza del Campo.

• A Montalcino, dove Joe divideva il suo tempo tra due attività principali: bere vino al bar del paese e cercare di portarsi a letto le ragazze.

• Durante i suoi viaggi Joe faceva benzina soltanto nelle stazioni di servizio Erg, perché nel 1991 erano le sole che accettavano l’American Express. Guidava fumando in continuazione e ascoltando cassette.

• La colonna sonora di Joe in quel periodo comprendeva: i Simply Red, Joe Jackson, gli Steely Dan, i Grateful Dead, Neil Young. Si era fatto una dozzina di compilation da ascoltare a seconda di umore e circostanze: Sunset per i tramonti, Get happy! per i momenti di sconforto, Dead Set per il suo personale greateast hits dei Grateful Dead e Gettin’ Busy nell’eventualità di rimorchiare una ragazza.

• A Siena Joe conobbe due ragazzi di Siviglia: uno era un ballerino di flamenco, l’altro un chitarrista. Passarono alcuni giorni girovagando insieme a bordo della sua auto e fumando hashish.

• La Sicilia, l’ultima tappa del viaggio di Joe. Per tutta l’estate, ogni giorno andò in spiaggia a Marsala con Marco de Bartoli, il vignaiolo che ha restituito fama al Marsala.

• Quella volta che Joe guidò da Palermo a Messina solo per andare a mangiare il gelato più buono dell’isola.

• Tornato in America, Joe Bastianich aprì un ristorante a Manhattan, Becco. Qualche tempo dopo conobbe Mario Batali, cuoco, e nel giro di poco meno di vent’anni ne hanno aperti altri trenta.

• Nel 2010 Bastianich iniziò a fare MasterChef in tv.

• Bastianich, che non ha mai visto un’intera puntata di MasterChef perché detesta riguardarsi in televisione.

• Nel 2009 Bastianich perse circa trenta chili: soffriva di ap¬nee notturne e si svegliava dopo otto ore di sonno sentendosi come se qualcuno lo avesse preso a calci, quindi si decise a seguire il consiglio del medico e cominciò una dieta.

• Quel giorno della fine del 2009, quando Bastianich ricevette una telefonata sul numero fisso di Babbo. Era Gordon Ramsey. Gli disse che gli avevano affidato l’edizione Usa di MasterChef e che gli sembrava che il ruolo di giudice potesse fare al caso suo.

• Joe e Gordon, dai ruoli speculari: il primo aveva quello dello snob os¬sessionato dal tartufo bianco di Alba e dall’olio extravergine di oliva, il secondo quello dello sfigato di Glasgow, in missione dalla Scozia profonda.

• Il ruolo del terzo giudice fu affidato a Graham Elliot, un cuoco di Chicago con dieci anni meno di Joe e quindici meno di Gordon.

• Quella volta che Gordon e Graham si trovarono in disaccordo sulla croccantezza di un filetto di pesce e litigarono così ferocemente che Graham voleva rinunciare a fare il programma.

• Nel gennaio del 2011, quando Bastianich era in studio a Los Angeles per girare la seconda edizione di MasterChef Usa e il responsabile di produzione gli annunciò che erano in arrivo “gli italiani” e gli chiese se poteva portarli a pranzo.

• Eugenio Bonacci, allora format manager della casa di produzione Magno¬lia, e Paola Costa, capo del team degli autori. Bastianich li portò fuori a cena da Osteria Mozza, il ristorante italiano a Hollywood che lui e Batali avevano aperto nel 2007 insieme alla chef Nancy Silverton. Poi andarono a bere un bicchiere a Soho House, un club privato i cui membri sono l’élite dei media. Alla fine della serata, Joe chiese di poter essere uno dei giudici dell’edizione italiana di Master¬Chef.

• Bastianich, che aveva molti problemi con l’italiano.

• La prima volta che Bastianich incontrò Cracco fu a cena nel suo ristorante. Nonostante quella fosse la prima circostanza in cui si incontravano tutti e l’occasione per cominciare a co¬noscersi, Cracco si fece a malapena vedere per l’intera serata: rimase in divisa da chef e non si sedette mai al tavolo.

• «Il modo in cui mi rapporto con i concorrenti è sempre in evoluzione. Una delle ragioni è che, non essendo uno chef, mi ritaglio uno spazio in base a quello che Cracco e Barbieri scelgono di non fare. Di certo sono il meno inte¬ressato dei tre a criticare il cibo: quello che mi appassiona è raccontare la traiettoria di ciascuno, sia nel suo ruolo di concorrente di MasterChef, sia come essere umano. Last but not least, cerco di essere divertente» (Joe Bastianich).

• Bruno Barbieri, che nel corso del programma ha cambiato stile. Prima il suo look di riferimento era cardigan e sciarpa al collo; poi ha optato per uno stile più casual e più rock ’n’ roll: camicie attillate, al collo una mezza dozzina di catene.

• Bastianich, che adora la musica e vorrebbe fare il musicista. Con i suoi amici di Eataly New York ha fondato una band, The Ramps.

• L’8 ottobre 2011 Bastianich ha partecipato al Campionato del Mondo dell’Iron Man di Kailua-Kona, Hawaii, la più impegnativa competizione sportiva al mondo a svolgersi in un giorno solo. Funzio¬na così: si comincia nuotando nell’oceano per 3,8 chilo-metri, segue una corsa in bici di 180 chilometri, infine un’intera maratona, cioè 42 chilometri. Tra una tappa e l’altra non si perde un attimo: il tempo di arrivo totale comprende anche i secondi necessari per togliere il co¬stume da bagno e indossare la tuta da bici.

• Bastianich, che completò il suo primo Iron Man in 12:31:08.

• Quella volta che, a fine luglio del 2014, Bastianich ebbe un incidente con la bicicletta. Si trovava a Cividale del Friuli, dove passa sempre le va¬canze estive con la famiglia. Una mattina uscì per un’escursione in bici di 160 chilometri sul Monte Zoncolan. Quasi alla fine del circuito, prese una curva in velo¬cità lungo una discesa a poche centinaia di metri da casa. Sull’asfalto c’era della ghiaia, perse il controllo della bici e cadde a terra. Fu soccorso da un automobilista che lo riportò a casa. Si era rotto una clavicola e due costole.

• In ospedale a Udine, Bastianich fu costretto a posare con il personale per una foto ricordo. Una delle infermiere gli suggerì persino di fare un selfie-radiografia insieme.

• Bastianich, che da ragazzino era grasso perché mangiava tantissimo. A trent’anni non faceva attività fisica, fumava tre pacchetti di Marlboro Light al giorno, beveva una trentina di caffè espressi, stava fuori con il suo socio fino alle prime ore del mattino e beveva moltissimo.

• Quando nacque la figlia Olivia, Joe decise di smettere di fumare.

• Intorno ai quarant’anni, quando Bastianich iniziò a perdere peso, ricominciò a suonare, a fare tv e a correre.

• «Quando anche l’ultimo cliente se n’è andato è il momento di sedersi al bar con un bicchiere di vino in mano, sapendo di aver nutrito trecento persone che hanno amato il tuo cibo e, per conseguenza diretta, han¬no amato te. Per me, questa è una delle esperienze più soddisfacenti che esista al mondo» (Joe Bastianich).

• L’hamburger secondo Bastianich: «Il punto cruciale di un hamburger non sono le singoli componenti. Certo: la giusta consistenza e grassezza della polpetta sono impor¬tantissime, il pane deve essere morbido per assorbire i succhi della carne, e il formaggio è un condimento, non un ingrediente. Ma la cosa davvero fondamentale di un hamburger è la proporzione tra le parti: prendendo in mano l’hamburger, il panino si schiaccia così da stare co¬modamente nella mano, e a quel punto la carne ammon-ta a circa i due terzi del totale».

• Il primo anno a Milano Joe prendeva la chitarra e andava a suonare al Parco Sempione, passando completamente inosservato. Tre anni dopo gli era difficile camminare persino per strada.

• Nel gennaio del 2013, quando Bastianich si rese conto di essere diventato famoso in Italia. Maurizio Crozza si era cimentato per la prima volta nella parodia di MasterChef, ribattezzato BastardChef, in uno sketch del suo programma Crozza nel Paese delle Meraviglie. Quella sera Joe ricevette una chiamata dalla sua assistente esecutiva, Kim, che gli annunciava che i like sulla sua pagina di Facebook si erano impennati.