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 2015  marzo 04 Mercoledì calendario

UNA VITA DA BARBIE


[foto in allegato] [vedi scheda 2305794]

Seguendo le istruzioni di Barbie, entro al Kamasutra, la versione ucraina e vivamente illuminata di un ristorante indiano. Immaginate un appuntamento al buio, con tutta l’ansia da “Sarà come nelle foto?”. Se aveste visto le foto che ho visto io, capireste. Sapreste che incontrare Valeria Lukyanova è l’esperienza più simile all’incontro con un alieno che vi sia dato di vivere.
Il suo aspetto improbabile – gli occhioni da Margaret Keane, la testa inclinata pensosamente come un girasole troppo pesante per il suo stelo, la pelle plasticosa e il vitino da vespa – ha raggiunto l’Occidente quando i suoi video casalinghi hanno iniziato ad attrarre spettatori inebetiti su YouTube. I media occidentali l’hanno subito battezzata “la Barbie umana”, ma Valeria non era certo la prima Homo sapiens ad assumere volontariamente le fattezze di una bambola, e neppure la prima a guadagnarsi quel titolo. Un’inglesina divorata dai tabloid l’aveva reclamato per sé alcuni anni prima.
Valeria preferiva farsi chiamare Amatue, nome che affermava essersi presentato a lei in un sogno. Quasi tutti i video di Amatue erano concepiti come delle conferenze di auto-aiuto trascendentale. Ma ero troppo preso a fissare la sua immagine sullo schermo per ascoltare quel che diceva. Era reale, nel senso di esistente nel mondo a tre dimensioni, o un esperimento con un Photoshop impazzito? Be’ Valeria esiste eccome. È seduta in fondo al ristorante indiano nella sua posa classica, dritta come un fuso, la testa inclinata. Accanto a lei siede il suo braccio destro, Olga “Dominika” Oleynik. Attraverso il ristorante vagamente pornografico come quasi tutto a Odessa, Barbie si fa sempre più vicina e reale.
«Ciao», dice lei in russo, rimanendo perfettamente immobile. La bocca è l’unica parte del suo corpo a muoversi. Gli occhi sono grandi da gelare il sangue. Le voci su Internet dicono che si è fatta ridurre le palpebre per ottenere questo effetto, cosa che sembra improbabile e suona come un incubo. I suoi lineamenti sono quelli che noi uomini attribuiamo per gioco alla donna ideale; è così che li disegniamo nei manga, nei fumetti e nei videogiochi. In confronto a Valeria, Olga è solo un’umana con un sacco di trucco, né più né meno chirurgicamente modificata di un qualsiasi fisico da spiaggia di Miami.
Ordiniamo da mangiare, per così dire. Valeria chiede un succo di carota nel quale rovescia menta, tamarindo e peperoncino piccante. Questa mistura vomitevole, spiega, è la sua cena; sta seguendo una dieta di soli liquidi.
Quando sei a tavola con una Barbie vivente e non sai di cosa parlare, vai con le stronzate da studente universitario. «Amatue sembra ispirata alla filosofia orientale della reincarnazione», faccio. «E la bellezza che tu incarni è molto occidentale. Americana, direi». E lei: «Io invece direi di no, tutti cercano di arrivare alla perfezione classica, è ormai globale».
La futura Barbie è nata molto lontano da Malibu. Valeria è originaria di Tiraspol, una tetra città della Moldavia. A 13 anni, in reazione alla severità della famiglia, sperimenta il look gotico, a 16 si trasferisce a Odessa. La città ribolle di sesso e di centinaia di “agenzie matrimoniali” il cui scopo principale è trovare un marito occidentale a ragazze da tutta l’Ucraina.
Circa un mese dopo essersi tinta i capelli color platino, Valeria attira l’attenzione di Dmitry, un magnate, figlio di uno degli amici più intimi di suo padre. Dopo il fidanzamento, la metamorfosi di Valeria si è accelerata. Con l’intervento al seno (l’unico, a suo dire) la barbificazione è completa.
É San Valentino a Odessa. Valeria dice che oggi ha troppo da fare per incontrarmi. Sulla sua agenda ci sono: un salone di bellezza chiamato Angel of a Genius, le ci vorranno circa tre ore per ravvivare i motivi sulle unghie tridimensionali. Poi la palestra per un paio d’ore di idroterapia, poi l’aeroporto. Stasera è ospite di un talk show turco a Istanbul. Ci va anche Dmitry, a spese proprie.
Decido di tenderle un’imboscata. Entro nel salone, ma oggi Valeria è Barbie solo al 60%; mi ci vuole addirittura un secondo per individuarla fra la clientela. Indossa un maglione di cashmere grigio e un paio di jeans, con un minimo di trucco pallido. I suoi occhi sembrano più piccoli. Un’estetista ucraina dal volto roseo le siede di fronte, e lavora di lima con destrezza. Se è sorpresa o scontenta di vedermi, non lo dà a intendere.
Le chiedo del programma televisivo turco: fa parte di un piano più ampio di espansione internazionale? «Il prossimo passo è eliminare del tutto l’Ucraina, perché qui mi prendo solo merda. Perché sprecarmi in questo posto?», risponde Valeria. Non si vede bene neppure in Europa occidentale, forse negli Usa o in Messico. Agli inizi dell’anno ha visitato gli Usa con Olga per valutare il livello d’interesse da parte dello show business. La visita è stata documentata ovunque, da Gawker a VMagazine, e Valeria si è goduta un bel battibecco con il “Ken umano” americano Justin Jedlica, ma niente di tutto ciò si é tradotto in offerte da Hollywood. Per ora, spiega, diffonderà il brand di Amatue tenendo seminari New Age a Mosca.
La Barbie umana ha raggiunto un livello di potere, di controllo e voce in capitolo nel proprio destino. Può darsi che il mondo abbia commesso uno sbaglio fondamentale nel giudicarla. Il suo deciso e progressivo distacco dalla realtà per entrare nella ventunesima dimensione non è motivato da sottomissione, dal desiderio di fama o di accalappiare un marito. Potrebbe essere una via d’uscita, per quanto bizzarra e costosa la strada appaia dall’esterno. Un modo per conquistarsi un minimo di libertà.
Gli artigli aguzzi di Valeria, intanto, sono diventati sfumati e semitrasparenti. Vedo i contorni delle unghie vere, più corte e scure, sotto l’acrilico. Lei si rimbocca la manica del maglione, scoprendo un gomito. E inaridito e desquamato, un’imperfezione che per qualche motivo mi riempie di gioia. È il primo e ultimo momento della nostra conoscenza in cui appare autenticamente bella. Poi sorride con quel suo sorriso studiato da Barbie, e il momento finisce.