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 2015  marzo 04 Mercoledì calendario

Era scomparso dalla scena da un bel po’. Ma ora il “Cincinnato” della Lega è tornato, e proprio nelle vesti di commissario di quel Flavio Tosi che solo due anni fa negò a lui e ad altri leghisti storici di rientrare in parlamento

Era scomparso dalla scena da un bel po’. Ma ora il “Cincinnato” della Lega è tornato, e proprio nelle vesti di commissario di quel Flavio Tosi che solo due anni fa negò a lui e ad altri leghisti storici di rientrare in parlamento. Gianpaolo Dozzo, 60 anni, l’uomo che ha attraversato un po’ tutta la storia della Lega Nord e che, anzi, nasce politicamente prima di questa, è chiamato di nuovo a una missione impossibile. FONDÒ LA LIGA VENETA. Mossa più astuta Matteo Salvini non poteva fare ricorrendo proprio a lui, uno dei fondatori della Liga Veneta, la madre di tutte le Leghe nata nel 1980, che Umberto Bossi poi federò nella Lega Nord a Pieve Emanuele, dove coniò il famoso slogan: «La Lega ce l’ha duro». Una parola ora per Tosi gridare al commissariamento, rivendicare i principi di autonomia della sua Liga, visto che Dozzo è uno di quelli che l’hanno creata, quando il sindaco di Verona era ancora in calzoni corti. CONSIGLIERE DI QUINTO A 26 ANNI. Diventato a 26 anni consigliere comunale a Quinto di Treviso, dove è nato, agli esordi della Liga, Dozzo ha mantenuto sempre quel basso profilo necessario per sopravvivere alle asprezze della Lega, un partito dove ufficialmente le correnti non sono mai state ammesse, e dove proprio per questo, quando esplode, lo scontro può diventare anche violento e molto più spietato che in altri partiti. Il “Cincinnato” della Lega, dopo essere stato sottosegretario all’Agricoltura in due dei governi Berlusconi e vicecapogruppo alla Camera, era ormai deputato semplice quando nel 2012 fu richiamato di colpo in servizio nella veste di commissario, o mediatore che dir si voglia, nel pieno dello scontro tra i maroniani e l’allora capogruppo Marco Reguzzoni, ritenuto uomo del cosiddetto “cerchio magico” bossiano. Quando Bossi lo nominò capogruppo Umberto Bossi e Matteo Salvini, fondatore e segretario della Lega. (© Ansa) Umberto Bossi e Matteo Salvini, fondatore e segretario della Lega. Bossi a sorpresa lo volle capogruppo nel tentativo di spegnere una guerra che poi però da lì a poco, sull’onda del caso Belsito, sarebbe infuriata fino a costringerlo alle dimissioni. E anche quella volta Dozzo, che ormai guardava, almeno apparentemente, con aria disincanta gli eventi e meditava di ritirarsi nella sua Treviso, dovette tornare in servizio. Modi felpati, ma senza le felpe di Salvini, grisaglia a cravatta non sempre verde, stimato a Montecitorio anche dagli avversari politici, Dozzo è uomo di buone letture. Una volta anche Marco Pannella si complimentò con lui. Ma è un leghista tutto d’un pezzo, fino al midollo. SEMPRE FEDELE ALLA CAUSA. Somiglia un po’ a quegli uomini d’apparato del vecchio Pci disposti a obbedire sempre alla causa, costi quel costi. Fino a licenziare su due piedi, in nome della “ditta” leghista, e a Ferragosto, lo staff di Reguzzoni. È antiberlusconiano quel che basta al nuovo corso dell’altro Matteo, che sta dando la scalata alla leadership del centrodestra. Abbandonò il suo stile flemmatico durante un’infuocata riunione del gruppo quando si scagliò urlando contro la decisione della Lega di salvare Nicola Casentino dal carcere. Poi, si ricompose nella sua grisaglia e nella sua proverbiale riservatezza. UN UOMO DI POCHE PAROLE. Raro che parlasse alla Camera con i cronisti. Quelle poche volte che lo faceva era per parlare degli albori della sua Liga, quando lui e Rocchetta, nei bar e nelle osterie venete facevano la loro rivoluzione. La sera della vittoria di Luca Zaia alla guida del Veneto con oltre il 60% dei voti, Dozzo era naturalmente soddisfatto ma confidò preoccupato: «Ora chissà quanti salteranno sul Carroccio, ne vedremo delle belle...». Politico raffinato ma anche guardiano della purezza in un tweet ha scritto: «Vedo tanti passionari della Lega, ma la passione spesso dura meno della carica di una pila». Zaia però ora ha bisogno anche di questi “passionari” per tornare a vincere.