Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  febbraio 27 Venerdì calendario

ERO PRONTA A VOLERTI BENE, MA NON POSSO…


SPELLO (Perugia). Mentre la Rai istruiva i telespettatori con Non è mai troppo tardi, il celebre programma per il recupero dell’analfabetismo, nell’Italia degli anni Sessanta dilagava ancora un analfabetismo sentimentale. Colpiva gli uomini e le donne che avevano difficoltà a esprimere a parole ciò che provavano per la persona amata. In loro soccorso l’editoriale Campi, già editore degli storici almanacchi e lunari Barbanera, pubblicava delle raccolte di lettere d’amore precompilate che non solo potevano essere prese ad esempio e d’ispirazione, ma che, citando la prefazione dell’editore, «possono risolvere la nostra vita sentimentale».
Oggi che l’analfabetismo in Italia riguarda solo lo 0,8 per cento della popolazione, l’analfabetismo sentimentale raggiunge ancora una percentuale molto alta. Per scoprire se queste lettere possono risolvere i problemi d’amore forse basterebbe visionare le copie originali, adesso custodite dalla Fondazione Barbanera 1762.
L’archivio si trova all’interno di un casale del Settecento. L’orto che lo circonda e la città di Spello avvolti nella nebbia diventano invisibili. Da teche e schedali prende forma un mondo variopinto. Una camera delle meraviglie che contiene due secoli di pubblicazioni: libretti di canzoni del tempo di guerra, carte geografiche con le nazioni del fronte antibolscevico, profezie dal 1950 al 1963 annuncianti «Primati che attestano la capacità dell’uomo di violare gli spazi astrali», canzonette comiche e puntate astronomiche, calendari di ogni anno e forma, manuali di Dopocena col Mago che propongono giochi di prestigio «Per far parlare la donna quando dorme» e fatti di cronaca illustrati su fogli volanti titolati I Fattacci, che sembrano farci arrivare ancora la voce del venditore all’angolo di strada: «Signori, la storia dello smemorato di Varsavia e della vecchia che torna alla vita mentre sta per essere sepolta».
Un prezioso lampadario di cristallo a grappolo illumina un grande tavolo di legno. Su questo è poggiata una scatola infiocchettata con uno spago di cotone. Dentro c’è una monumentale banca dati del caso e dei destini. Le lettere sono qui suddivise in quattro esaustivi volumi per Lui e per Lei: Dall’amicizia all’amore, Dall’amore al fidanzamento, Durante il fidanzamento, Alla vigilia delle nozze. È prevista ogni tipo di circostanza, dal primo incontro all’incontro sull’altare, dal primo e unico bacio all’ennesimo e ultimo litigio. L’amore in spiaggia, l’amore in montagna, l’amore che ti manda sulla luna. Sfogliandoli è possibile farsi un’idea degli usi, costumi e relazioni di quell’epoca. I titoli hanno la potenza e l’efficacia delle tragedie in due battute di Achille Campanile, dei racconti brevi del Frasario essenziale per passare inosservati in società di Ennio Flaiano e guizzi surreali che ricordano Marcello Marchesi.
Si comincia con una semplice Lettera ad un giovane dopo il suo primo bacio, in cui una fittizia Liliana scrive a un fittizio Paolo: «A me sembra che la mia vita sia cominciata da oggi, da quando le tue labbra si sono posate sulle mie». Si prosegue con qualcosa di più audace in Lettera ad una donna che si è concessa forse per una semplice avventura, ma che ha molto turbato un uomo: «Dolce ed imprevedibile Valentina, sai che ancora mi sembra un sogno che tu sia entrata qui, che tu sia rimasta qui presso di me tante ore? Forse non ci crederei se in questa stanza non aleggiasse ancora il tuo profumo così particolare, se non vedessi nel portacenere i tuoi mozziconi di sigaretta tinti di rosso, se non vedessi ancora vicini i due bicchieri dentro i quali abbiamo bevuto». Uno stupore simile si ritrova nelle parole di Adriano per Sylvia in Lettera di un ragazzo che non sperava di essere amato da una ragazza superiore a lui e che invece gli è caduta nelle braccia. A Lilia invece è indirizzata la Lettera di un uomo molto Don Giovanni ad una ragazza che non può credere nel suo amore. C’è però un momento in cui la famiglia si oppone ai due innamorati, è il caso della Lettera di un ragazzo che scrive alla sua ragazza per avvisarla che i suoi genitori gli proibiscono di continuare la relazione: «Giovanna mia, ieri sera mio padre ha dichiarato che io sono troppo giovane per impegnarmi in una relazione con una ragazza, che devo pensare a studiare, che se ne riparlerà quando avrò preso la laurea. Tu puoi immaginare con quale zelo mi metterò a studiare non soltanto per dargli questa soddisfazione, ma per prendere al più presto la laurea ed essere così libero. Avrai la forza di aspettarmi, amore mio?».
Altre relazioni resistono alle influenze esterne, come dimostra la Lettera di una ragazza ad un collega d’ufficio che la corteggia, ma che vuole evitare si facciano chiacchiere nell’ambiente di lavoro: «Ho paura che gli altri possano sciupare – magari senza cattiveria, soltanto per fare dello spirito – quello che di meraviglioso sta nascendo fra noi. Per questo soltanto voglio che nessuno sappia, che nessuno sospetti, che il nostro dolce segreto sia veramente il nostro segreto. Noi cercheremo di vederci fuori dall’ufficio, lontano dall’ambiente che rischia di avvelenarci la vita. Possiamo trovarci la domenica, se lei è libero, o a casa mia, o fuori, per una passeggiata. Ci diremo mille e mille cose». Ancora più seria e sentita è la Lettera di un giovane ad una ragazza che ha minacciato di uccidersi perché lui l’ha lasciata: «Non siamo certo i primi ragazzi che si lasciano al mondo, e se tutti coloro che si separano dovessero uccidersi le strade di tutta la terra sarebbero seminate di cadaveri», come se chi calpesta l’amore, calpesta addirittura la vita. C’è però chi non minaccia alcun suicidio e reagisce come Amelia nella Lettera di una donna che si rende conto di essere stata lusingata e tradita da un uomo che corteggia contemporaneamente altre donne, tra cui una sua amica: «Ero pronta a volerti bene veramente, ma non si può affidare il proprio cuore a qualcuno capace di dimenticarlo in... casa di un’altra donna». Lo stesso caso può essere poi affrontato da due diversi punti di vista, quello di lei, Lettera di una ragazza ad un giovane che pur corteggiandola e scrivendole appassionate lettere d’amore le ha detto a priori che è nemico del matrimonio. Essa vuole, invece con diplomazia portarlo a quel punto e quello di lui, Lettera di un uomo nemico del matrimonio che vuole egualmente conquistare una ragazza. Come sarà finita? Forse con la struggente Lettera di un marito alla vigilia di una separazione definitiva: «Franca, ho il cuore gonfio e mi sembra di avere davanti a me il deserto».
Il deserto dell’immaginazione era invece una terra straniera a Luciana Peverelli, giornalista e autrice di romanzi rosa, non-chè la penna e il cuore che si celavano dietro tutte queste parole, il nome dietro tutti questi Manlio, Tullio, Adriana e Mimì. Italiani immaginari. Ipotesi di persone. Cloni che conoscevano sempre il modo migliore per dichiararsi, offrirsi e anche soffrire. Una popolazione inesistente capace di vivere meglio di chi esisteva per davvero. Non lasciavano nulla al non detto. Grazie a un altro volume, Biglietti di auguri, di congratulazioni e di condoglianze alla donna amata, sapevano anche l’ultima parola da pronunciare in punto di morte: «E così, Pierina mia, è venuto il triste momento di lasciarci. – Partir c’est mourir un peu –, dicono i francesi ed io dico che – Partir c’est mourir beaucoup».
Richiudendo la scatola, annodandola nuovamente con lo spago di cotone e facendo tornare le lettere al buio del lampadario spento, pare quasi di interrompere il meccanismo, il gioco. Rimane nella penombra un vecchio almanacco. Sulla pagina aperta una foto in bianco e nero ritrae due donne in piedi su un marciapiede. La più giovane ha lo sguardo corrucciato e abbraccia di spalle la più anziana. Questa, voltata dall’altra parte, ha i capelli neri raccolti a chignon e stringe la mano della giovane. In alto leggiamo la didascalia, «Vita d’ognuno» e più in basso, sotto la foto, «... continua».
Valerio Millefoglie