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 2015  febbraio 02 Lunedì calendario

ETIOPIA, NEW ENTRY NEI MERCATI. I SUOI BOND VANNO A RUBA

Se avevate in animo di aggiungere dei bond etiopici al vostro portafoglio titoli, abbandonate l’idea: è troppo tardi. Emessi per la prima volta nella storia del Paese a inizio dicembre, sono andati a ruba e in poco tempo un miliardo di dollari è entrato nelle casse pubbliche etiopiche. La domanda, dicono gli operatori, era pronta ad acquistarne il doppio. I bond promettono un rendimento del 6,625% a dieci anni, garantito dallo Stato e gestito dalla Deutsche Bank e dalla J.P. Morgan. Non c’è articolo che nel dare notizia di questa straordinaria vendita non abbia ricordato l’anniversario della grande carestia del 1984. Sono passati trent’anni da quando l’Etiopia in ginocchio si rivolse al mondo chiedendo aiuto. I televisori d’Europa e d’America erano pieni di immagini di bimbi dal ventre gonfio e di avvoltoi in attesa. Bob Geldof lanciò Band Aid, la più grande operazione di solidarietà globale che si fosse mai vista. L’anno successivo, 1985, le star del pop americano incisero We Are The World, successo planetario i cui proventi andarono in beneficenza all’Etiopia. Cantavano Let’s start giving. Oggi il motto è Let’s start buying, compriamo. Quella etiopica è l’economia dell’Africa subsahariana in più rapida crescita: 8,2% di incremento del Pil nel 2014 secondo le stime dell’Fmi. Una media del 10,9 nell’ultimo decennio. Gli economisti ormai non si stupiscono più: tassi di incremento del Pil tra il 5 e il 10% vengono registrati da molti anni qui e là a sud del Sahara, dal Ghana al Mozambico, e quello che all’inizio venne considerato un fenomeno congiunturale – dopotutto l’Africa nera era stata bollata come il ’continente perduto’ – è oggi valutato una tendenza strutturale destinata a durare nel tempo. Quanto meno nel medio termine, anche se i pessimisti non mancano. Ad aumentare, insieme alla fiducia dei mercati, è la fiducia dei Paesi africani in se stessi e nelle proprie performance. Ne consegue che il 2014 ha visto una quantità record di emissioni di titoli di credito pubblici: da questo punto di vista l’Etiopia non è un caso unico. A metà anno il Kenya – anch’esso un debuttante su questo mercato – ha collocato due miliardi di bond a dieci anni, promettendo un rendimento del 5,89%. Del nuovo club, che ha saputo approfittare dei bassi tassi d’interesse e della ricerca di rendimenti appetitosi, fanno parte anche il Ghana, il Senegal, la Costa d’Avorio. L’Etiopia non è dunque il solo Stato africano ad aver chiesto - e ottenuto in abbondanza - credito dai mercati finanziari. Né quello che ne ha chiesto di più. Tuttavia un record, a suo modo, lo ha stabilito. È il più povero ad averlo fatto, il che rende il successo dell’operazione ancor più significativo. Povero non dal punto di vista del bilancio pubblico o degli asset economici, ma del reddito pro capite. In altre parole è il Paese con più poveri. Dunque quello dove maggiore è l’aspettativa di un miglioramento delle condizioni di vita. Nelle intenzioni delle autorità etiopiche, il denaro affluito nelle casse servirà a finanziare i grandi progetti infrastrutturali nei quali il Paese è impegnato da anni. Primo fra tutti la ciclopica diga sul Nilo Azzurro (Abay per gli etiopi) in corso di realizzazione da parte di un nutrito gruppo di imprese, tra le quali l’italiana Salini-Impregilo. Non a caso l’ente titolare dei bond è la Ethiopian Electric Power Authority e la propaganda ufficiale, nel metterli in vendita, si è rivolta in primo luogo alla diaspora etiopica, ampiamente presente negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. Il finanziamento della gigantesca struttura, denominata dapprima ’Diga del Millennio’ e oggi ’Grande Diga del Rinascimento Etiopico’, viene presentato e descritto come un dovere patriottico. Il progetto ha creato negli anni forti tensioni con i Paesi rivieraschi del Nilo e soprattutto con l’Egitto, la cui sopravvivenza dipende dal grande fiume. Il cantiere tuttavia non si è mai fermato e secondo le autorità la realizzazione è al momento circa al 40 per cento. Il costo stimato dell’opera è di poco meno di cinque miliardi di dollari, in parte messi a disposizione da banche cinesi. Ma il boom etiopico non è trainato soltanto dai grandi cantieri infrastrutturali (strade, ferrovie, due linee di metropolitana leggere ad Addis Abeba, oltre alle dighe). Cresce anche il mercato al consumo, come ben sanno i grandi produttori europei di birra che negli anni passati hanno rilevato tutti i fatiscenti birrifici del Paese. A sentire gli analisti della Banca Mondiale e del Fondo Monetario, il problema dell’economia etiopica è l’eccessivo dirigismo pubblico. L’intervento statale e ministeriale, spesso ritenuto troppo invadente, frena ancora molti investitori stranieri. Tuttavia la scelta di affidarsi ai mercati finanziari va nella direzione giusta.
Pietro Veronese