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 2015  febbraio 01 Domenica calendario

«IO AL NORD PER SFUGGIRE ALLA MAFIA ASSURDO CHE ABBIA AIUTATO I CLAN»

DAL NOSTRO INVIATO MANTOVA «Sono nato a Crotone; quando ero bambino mio padre ferroviere portò tutta la famiglia via dalla Calabria proprio perché non crescessimo in un ambiente minacciato dalla malavita. Ora, potete accusarmi di ogni reato, ma per carità, non di complicità con la ‘ndrangheta…».
Tre giorni dopo aver saputo di essere finito indagato in una maxinchiesta sulle infiltrazioni mafiose nel Nord Italia, Nicola Sodano, 58 anni, architetto specializzato nella conservazione di beni culturali, sindaco Pdl di Mantova dal 2010, ha ancora la voce che trema. Venerdì è andato davanti alle telecamere solo per leggere un comunicato in cui si proclama innocente e si affida alla magistratura ma a metà del discorso il pianto ha avuto il sopravvento. «E pensare che mi ero preparato e ripreparato quelle poche frasi asciutte; poi una volta lì sono andato in totale confusione».
Per Sodano il coinvolgimento nell’inchiesta è stata una scossa tellurica peggiore di quella che nel maggio del 2012 rischiò di sbriciolare i tesori rinascimentali della sua città. I magistrati lo accusano di aver trescato con un costruttore calabrese trapiantato nel Mantovano, Antonio Muto (arrestato nella maxi retata di mercoledì) nell’ambito della cosiddetta operazione Lagocastello: un discussa lottizzazione che avrebbe dovuto far nascere 200 villette a schiera e un hotel esattamente di fronte alle mura cinquecentesche del centro storico, patrimonio Unesco. La concessione, rilasciata nel 2001 dall’allora sindaco Pd di Mantova Burchiellaro fece rizzare i capelli in testa alla Soprintendenza, venne bloccata da Fiorenza Brioni, succeduta a Burchiellaro, fu oggetto di un ricorso prima al Tar e poi al Consiglio di Stato del costruttore che si vide dare due volte torto.
Sodano, anch’egli contrario alla lottizzazione, ereditò la grana, ritrovandosi a dover trattare con Muto che minacciava di chiedere decine di milioni di danni al comune perché nelle more della causa lui aveva cominciato a costruire; e in questo rapporto la procura antimafia ha visto un tentativo di favorire il costruttore indagato. In particolare sotto la lente delle indagini c’è un viaggio compiuto a Roma dal sindaco di Mantova il 26 settembre 2012; andò a Roma a perorare la causa di Muto? No, ribatte la difesa perché il Consiglio di Stato aveva già messo una volta per tutte la parola «fine» da tre mesi alla vicenda Lagocastello.
Sodano ora accetta di parlare di tutto fuorché del merito giudiziario: «Lo faccio per rispetto nei confronti di procura e carabinieri. Mi spiace esserci finito in mezzo ma sono contento che si faccia chiarezza su un tema delicato come la ‘ndrangheta». Il primo cittadino è però angosciato da un nodo fondamentale: «L’avvocato mi ha detto che l’inchiesta è complessa, che rischiano di passare anni prima che mi veda restituita la patente di galantuomo».
Intanto la carriera politica è azzerata: «Delegherò tutto al mio vice; ho bisogno di consigliarmi con persone più serene di me sul da farsi ma una cosa per me è già certa. Avevo deciso di ricandidarmi la prossima primavera formando una lista civica. In quella lista non avrei mai voluto vedere persone sottoposte a indagini, anche se fossi stato certissimo della loro onestà. Per la proprietà transitiva dunque una giunta Sodano – bis è esclusa, io mi faccio da parte».
Ha qualcosa da rimproverarsi sulle frequentazioni tenute in questi anni? «Se vi riferite ai miei rapporti con Muto, la prossima settimana in agenda avevo un incontro con lui. Ma si tratta di una questione urbanistica che vede coinvolte sue proprietà e di una riunione alla luce del sole a cui avrebbero preso parte altre istituzioni. Così ho sempre fatto e dunque non ho nulla da rimproverarmi». Tralasciando il caso giudiziario che la riguarda, ha mai percepito la presenza della criminalità organizzata a Mantova? «È una domanda a cui preferisco non rispondere proprio per rispetto alla riservatezza delle indagini. Vi racconto però un episodio della mia infanzia. Quando vivevo a Crotone la malavita bruciò il negozio di mia zia e poi per due volte l’officina meccanica di un altro zio. Fu proprio per quella ragione che mio padre decise di trasferirsi al Nord: voleva garantirci un futuro migliore. Vedere il mio nome accostato alla ‘ndrnagheta è una ferita insoportabile».
Cosa succederà nelle prossime ore? «Mi sono preso qualche giorno di riposo e lunedì (domani,ndr) mi vedrò con gli amici della maggioranza per decidere il da farsi. La cosa più importante è proteggere la riservatezza della mia famiglia: in un ambiente piccolo come Mantova è facile divenire bersaglio. Ma io voglio tornare a camminare a testa alta nella mia città».