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 2015  febbraio 01 Domenica calendario

TRASCINATI IN UN NEGOZIATO UMILIANTE LA SUA SORTE ERA SEGNATA DALL’INIZIO

WASHINGTON Una strategia dilatoria, per tenere il più possibile la scena. Un’azione che ha costretto i media di tutto il mondo a seguire il ricatto dell’Isis e due governi a cercare un accordo impossibile con i terroristi. La sorte dell’ostaggio giapponese Kenji Goto era probabilmente segnata e da tempo. Gli uomini del Califfo hanno solo atteso il momento più propizio per mettere in atto la loro minaccia.
In questi giorni i terroristi non hanno mai dato segnali concreti che volessero trattare. E infatti, poche ore prima che fosse diffuso il video, da Tokyo hanno comunicato: tutto si è arenato. Se riesaminiamo il comportamento dei militanti è apparso evidente quale fosse il loro obiettivo. Anche se — sostengono alcuni analisti — è possibile che vi siano stati dei contrasti tra i tagliagole su come chiudere una storia drammatica. Si è ipotizzato che una componente di mujaheddin, forse del Golfo Persico, premesse per una fine cruenta mentre la leadership del movimento voleva trovare soluzioni diverse. Forse erano solo speculazioni, alimentate dalla mancanza di notizie sicure e magari dalla controinformazione dei criminali.
Questo nuovo racconto dell’orrore ha avuto tre capitoli distinti. Nel primo i militanti hanno colpito con durezza per far capire quali erano le regole e hanno ucciso il primo ostaggio nipponico. Quindi hanno scritto il secondo, meno lineare, però non meno funzionale ai loro progetti. Ecco la serie di diktat. Per trascinare prima il Giappone e poi la Giordania in una trattativa comunque umiliante. La scelta di farlo in «pubblico» era proprio legata alla manipolazione: dimostrare che due alleati degli Usa erano pronti a venire a patti.
Per aumentare la pressione, il Califfo ha introdotto il fattore giordano chiedendo il rilascio della mancata attentatrice Sajida al-Rishawi. In questo modo hanno mostrato di essere accanto a una «sorella prigioniera», una detenuta importante. Lei viene da un villaggio vicino Falluja, nell’Anbar, provincia che oggi è uno dei feudi di Al Baghdadi. Inoltre due fratelli sono stati al fianco di Al Zarkawi. Mossa di grande impatto unita alla minaccia di eliminare il pilota dell’aviazione giordana. E la manovra ha scosso Amman, incerta sulle condizioni del militare prigioniero. Forse — come sospettano molti — è già morto e da settimane. Servivano delle prove che fosse in vita, invece l’Isis ha puntato sull’ambiguità, senza mai dare elementi certi. Atteggiamento strano se vuoi negoziare. Comportamento comprensibile se hai in mente di tenere in scacco un avversario come re Abdallah, figura fondamentale nella lotta all’estremismo, innescando contrasti tra i clan tribali.
Infine il terzo capitolo. Il sacrificio di Kenji. L’Isis l’ha fatto coincidere con un grande attacco su Kirkuk, una reazione robusta alla sconfitta sofferta a Kobane. Un modo per scrivere con il sangue che il movimento ha sempre l’iniziativa.