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 2015  febbraio 01 Domenica calendario

NCD NEL CAOS. E SACCONI SI DIMETTE

ROMA Roberto Formigoni, dopo il voto per il neo presidente Sergio Mattarella, intona il coretto: «W la Dc, w la Dc» sotto lo sguardo sgomento dei parlamentari a 5 Stelle. È uno dei pochi momenti di allegria nella giornata di Area Popolare (Ncd e Udc). Il Nuovo centrodestra è stato costretto dalla fermezza della posizione di Matteo Renzi a cambiare repentinamente posizione, passando dall’annunciata scheda bianca al voto favorevole a Mattarella. Effetto della giravolta, le dimissioni del capogruppo al Senato Maurizio Sacconi, della portavoce Barbara Saltamartini e del tesoriere Maurizio Bernardo. Ma anche la rivolta di mezzo partito, che si sente «umiliato e offeso» e chiede ad Angelino Alfano di aprire una verifica di governo o almeno un fronte di guerra per riabilitare l’onore perduto.
Tutto precipita venerdì sera. Da ore sono in corso trattative per decidere se confermare o meno la scheda bianca, decisione che era stata assunta da Alfano, in sintonia con le posizioni di Forza Italia. All’improvviso arriva un comunicato firmato da undici senatori Ncd, molti dei quali siciliani: «Dopo l’appello del premier Matteo Renzi, auspichiamo un voto convinto e compatto di Area popolare a sostegno della candidatura a presidente di Sergio Mattarella, persona di alto profilo giuridico ed istituzionale». Firmato da Piero Aiello, Fabiola Anitori, Laura Bianconi, Giovanni Bilardi, Federica Chiavaroli, Francesco Colucci, Ulisse di Giacomo, Antonio Gentile, Giuseppe Pagano, Salvatore Torrisi, Guido Viceconte. Una bomba nel partito, visto che questa presa di posizione congiunta — sollecitata anche dal segretario regionale siciliano Giuseppe Castiglione — non viene concordata né con Alfano né con il capogruppo al Senato, Sacconi. Che si dimette (tra i firmatari dell’appello c’era anche la vicecapogruppo Bianconi). In un tweet, Sacconi aggiungerà altre motivazioni: «No pregiudizi su Mattarella. Ma cinismo di ridare peso a sinistre nel Pd e fuori, uccide riforme lavoro, giustizia, fisco. Fine di ogni speranza».
Il siciliano Alfano ha buoni rapporti con Mattarella e intervengono altri due elementi che fanno pendere la bilancia verso il sì: il colloquio con il premier Renzi, che minaccia conseguenze sul governo, e quello di moral suasion dell’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Alfano cede e all’assemblea di ieri mattina, alle otto, presenta un documento che cambia le carte in tavola e dà il via libera a Mattarella. L’assemblea accetta, sia pure malvolentieri, con quattro astenuti, un assente eccellente, Sacconi, e un voto contrario, la Saltamartini. Che viene data in partenza verso la Lega e che commenta: «C’è una nuova maggioranza parlamentare: con l’appoggio di Sel sposterà l’asse del governo a sinistra». Al voto finale, ci saranno una decine di schede bianche.
Sul «cinismo» di Renzi si appuntano le critiche di molti esponenti. Un fronte del dissenso che vede schierati vicini, in un’alleanza inedita, esponenti come Fabrizio Cicchitto, Gaetano Quagliariello e Nunzia De Girolamo. Quest’ultima viene data vicina all’addio. Lei si nega ai cronisti, il suo malumore è forte ma nessuna decisione è ancora presa. Tra le accuse fatte ad Alfano dal fronte degli scontenti c’è quella di avere «ceduto al ricatto di Renzi» e di aver fatto fare «una figuraccia» al partito. Nessuna ostilità particolare nei confronti del neo presidente Mattarella che viene anzi molto apprezzato da quest’area. Tra gli elogi, quello di Rosanna Scopelliti, lieta che il Parlamento «sappia compattarsi e non si sfilacci in inutili e sterili polemiche».
Eppure le polemiche in Ncd impazzano. Perché, come dice un dirigente, «non vogliamo essere un partito a sovranità limitata». Quagliariello commenta: «Risolto il problema, non sono risolti tutti gli altri emersi con la nuova maggioranza messa in campo da Renzi: bisogna chiarire». È per questo che si chiede una «verifica» di governo, anche se la parola fa molto «Prima Repubblica». Lunedì o martedì ci sarà un redde rationem nel partito, con la richiesta di un gesto forte da parte di Alfano e una correzione di rotta da parte di Renzi. Pena, conseguenze sulle riforme economiche.