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 2015  febbraio 01 Domenica calendario

VERTICI SEGRETI, TATTICHE E CALCOLI IL PUZZLE DEL VOTO DURATO TRE GIORNI

ROMA Sono bastate settantadue ore con dentro quattro votazioni.
Ma non è stato facile.
Per niente.
(Tornare alla sera di mercoledì).
Montecitorio, lampadari ancora accesi, una porta che si apre.
Lorenzo Guerini, portavoce e vice-segretario del Pd. Poi Beppe Fioroni, Matteo Orfini, il ministro Andrea Orlando. Guerini, come a incatenare una strategia: «Allora... si parte e si arriva con Mattarella». Due cronisti di agenzia sono lì per l’ultimo giro di perlustrazione. Origliano, s’attaccano al cellulare, dettano un lancio di poche righe.
Dieci minuti dopo.
Il Cavaliere: «Sciocchezze!».
Brunetta: «Lo dicevo io! Ci fregano!».
Verdini (il patto del Nazareno, per settimane, è stato cosa sua): «Ma porc... che novità è?».
Berlusconi, poche ore prima, dialogante, il tono di uno che ha un patto da rispettare, aveva detto a Renzi: «Potremmo convergere su Amato, no?». Pier Luigi Bersani, a capo della minoranza Pd, non creava problemi: «Su Amato o su Mattarella, saremo dei soldatini». Renzi: «Ma Amato, ci ho ragionato con Lotti, a voto segreto verrebbe fatto fuori, travolto dal vento dell’antipolitica che ancora tira forte. Meglio Mattarella». Per convincere il Cavaliere, Renzi ha pure parlato con Fedele Confalonieri. Inutile. Il Cavaliere non molla l’idea di Amato. Renzi a Guerini: «Andiamo da soli su Mattarella».
Di contorno: anche Angelino Alfano spiega di non gradire Mattarella. Raffaele Fitto, malmostoso, con i suoi 36 ribelli forzisti accusa Berlusconi d’essere subalterno a Renzi. La Lega e Fratelli d’Italia lanciano il giornalista Vittorio Feltri. Le quirinarie dell’edizione on-line del Fatto lanciano invece il conduttore Giancarlo Magalli.
( Giovedì pomeriggio, ore 15,30, prima votazione ).
Di buonora, Renzi presenta la candidatura Mattarella all’assemblea dei grandi elettori del Pd — «storia e carriera esemplari» — e rivendica il ruolo che si è ritagliato: «Non è arroganza, tocca a noi indicare il nuovo Presidente. Punto». Il partito è con lui. Mattarella verrà votato alla quarta votazione, quando il quorum s’abbasserà. Qualche timore che possa finire come con Romano Prodi, 19 mesi fa. Comunque Berlusconi è nell’angolo, furibondo. Renzi, sprezzante: «Si calmerà». Forza Italia incerta, sbandata. Sospetti su Verdini. «Con Lotti cosa ha trattato?». Maurizio Gasparri scrive una poesia. «Tutto è pronto/ addobbi e sale/ per la sfida Quirinale». Un lungo applauso saluta l’ingresso in aula di Giorgio Napolitano. Interi reportage fotografici dedicati al ministro Maria Elena Boschi, incantevole. La prima votazione si conclude con 538 schede bianche, 33 nulle, 48 voti dispersi, 2 voti per Magalli.
( Venerdì mattina. La seconda votazione, alle ore 9,30. La terza, alle 15,30 ).
Mentre in aula si susseguono le operazioni di voto, le trattative vanno avanti. Forza Italia incerta sul comportamento da tenersi al quarto turno: scheda bianca o uscire dall’aula? Alfano manifesta incertezza simile. Poi Alfano viene invitato ad entrare in una stanza, in fondo al Transatlantico. Ci trova Napolitano. Succo del discorsetto: un ministro dell’Interno è libero di uscire dall’aula al momento di votare il nuovo capo dello Stato; ovviamente, un minuto dopo deve però dimettersi. Alfano prende tempo, convoca i suoi, Ncd-Udc gli si spaccano tra urla e insulti. Renzi: «Angelino dove voleva andare?». Premier molto sicuro: tuttavia, per cercare di aiutare Alfano a compattare i suoi e portarli uniti al voto in favore di Mattarella, lancia un appello. Solo che lo lancia a tutti i partiti: «Eleggiamo un galantuomo». Alfano se lo fa bastare, altri dei suoi no. FI intanto decide: alla votazione decisiva, i suoi parlamentari infileranno scheda bianca. Ma un buon numero di loro, tra quelli di origine siciliana, scrivono privatamente a Mattarella: «Noi ti votiamo sicuro». Sono messaggi che rincuorano il candidato, piuttosto innervosito, in un miscuglio di fastidio e apprensione, dall’idea di essere eletto Presidente della Repubblica con mezza aula vuota. Per purissima scaramanzia, rinuncia ad abbozzare il testo del discorso che, se tutto andrà come sembra, terrà dopo il giuramento. Poi arriva la telefonata di Renzi: «Domani, sarà un trionfo».
( Sabato, ore 9,30. Transatlantico. La profezia del premier sta per avverarsi ).
Certe situazioni, in politica, si annusano, hanno un odore. Fuori piove e fa freddo, ma dentro Montecitorio l’atmosfera è calda ed eccitata. I grandi elettori ufficialmente schierati per eleggere Mattarella sono 600, nei piani del premier dovrebbero diventare 620: alla fine saranno 665.
Quando Laura Boldrini legge il risultato finale e dichiara eletto Sergio Mattarella, l’applauso dura più di quattro minuti. A braccia conserte solo leghisti e grillini, marginali. Alcune deputate di Forza Italia battono le mani e singhiozzano (si suppone per la sconfitta politica del loro anziano capo).
Matteo Renzi prende il suo Iphone, e cinguetta.
«Buon lavoro, Presidente Mattarella! Viva l’Italia».