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 2015  gennaio 31 Sabato calendario

«I CALABRESI FANNO FATTURE FALSE PER LE TANGENTI DELLE COOP»

Nell’ordinanza dell’inchiesta “Aemilia” sulle infiltrazioni della ’ndrangheta calabrese in Emilia Romagna aleggia un fantasma: quello delle coop. Infatti, nelle intercettazioni, alcuni dei 117 arrestati parlano dei presunti rapporti di affari tra i clan e le cooperative rosse. Un argomento sul quale esisterebbe persino un inquietante dossier. Ma su questo filone le indagini non hanno portato a provvedimenti restrittivi, e bisognerà attendere gli interrogatori dei fermati per capire se potranno esserci sviluppi. Tra le conversazioni di maggior rilievo merita menzione speciale quella del crotonese Michele Colacino, autotrasportatore, accusato di associazione di stampo mafioso, che era già stato raggiunto da un’interdittiva anticosche quando, attraverso Transcoop, aveva ottenuto appalti dalla municipalizzata dei servizi Iren, ex Enia. Colacino fa riferimento ai tempi in cui la multiutility non si era ancora fusa con quelle di Genova e Torino, e a comandare era Reggio Emilia: «Fino a quando è stato così la mia cooperativa ha sempre pilotato le gare e non ci sono stati mai problemi (…) prima che uscisse l’appalto, stabilivano assieme come fare uscire la gara (…) quindi la mia cooperativa era avvantaggiata: sapevano sempre chi erano gli invitati e c’era sempre gente di Reggio e quindi nessuno si faceva la guerra, ognuno faceva il suo». Ma adesso, nota con rammarico Colacino, la testa dell’azienda è stata trasferita a Torino e per ottenere appalti ci vorrebbe un capo come quello che aveva prima, il quale, dopo la fusione, andava dal sindaco di Reggio Emilia e gli diceva: «Ascoltami, qui noi siamo una cooperativa di 480 soci (…) abbiamo lavorato sempre qua, abbiamo fatto investimenti, cioè è una questione anche politica, parliamo di cooperative, parliamo nella zona rossa no?». Colacino riferisce al telefono un suggerimento che avrebbe ricevuto da un anonimo “amico”: «La cosa migliore è muoversi prima, non devi aspettare che viene fuori la gara, devi muoverti prima del bando (…) quando sentivi puzza di bruciato (…) ti dovevi muovere proprio sotto l’aspetto politico a dire “oh noi una forma di tutela la vogliamo”». Tra le conversazioni terminate nell’ordinanza ci sono anche quelle del giornalista Marco Gibertini, ex volto noto di Telereggio, emittente delle cooperative reggiane. Gibertini è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e al cellulare con un suo sodale, Mirko Salsi, dice: «Loro / erano quelli che alle coop molto onestamente fornivano denaro contante con le famose fatture alternative, così le coop con il contante andavano a pagare le tangenti. Adesso che non hanno più da lavorare, le coop…». Nell’ordinanza “Aemilia” si ricorda che Gibertini e Salsi erano già stati oggetto dell’attenzione della procura reggiana proprio per un maxi giro di fatture false e il reimpiego dei proventi di quella attività illecita. In una delle intercettazioni agli atti Gibertini esclamava: «Solitamente le mie teste di legno sono nel Pd e dipendenti delle cooperative in pensione». Il conduttore della tv delle coop è indicato dagli inquirenti come «trait d’union tra il vertice della cellula reggiana Nicolino Sarcone e la ribalta mediatica capace di dare voce alle ragioni degli ’ndranghetisti». Un altro arrestato, l’avvocato Giuseppe Pagliani, consigliere comunale reggiano di Forza Italia, in un colloquio con la fidanzata svela quello che avrebbe appreso durante una cena con i vertici della presunta cosca appena sgominata dai carabinieri del generale Vittorio Tomasone: «Mi hanno raccontato le testimonianze pazzesche sulle tangenti che le cooperative si facevano pagare da loro per raccogliere dei lavori. Guarda che la cooperativa grossa (sic) è una mafia schifosa, con roba da processo». Pagliani, di fronte allo stupore della compagna, prosegue la sua arringa e riporta le parole della fonte, probabilmente l’organizzatore della cena: «Dove non eravamo i manovali, eravamo piccoli imprenditori, dove non eravamo appaltanti delle cooperative, eravamo subappaltanti. Cioé è difficile trovare un edificio dove non ci siano stati un po’ di cutresi a costruirlo. Fino a ieri noi gli portavamo lavoro, eravamo la ricchezza di Reggio, con tutto quello che ne concerne. Oggi ci hanno buttati via come se fossimo dei preservativi usati». Pagliani nella stessa telefonata spiega perché i calabresi, dopo il lungo sostegno alla maggioranza progressista, ora intendano appoggiare l’opposizione: «Vogliono usare il partito, proprio il Pdl, contro la Masini, contro la sinistra, anche per la discriminazione…». Il nemico del sodalizio è l’ex presidente della Provincia Sonia Masini che nel 2013 con Libero aveva contestato l’iniziativa dell’ex sindaco di Reggio Emilia Graziano Delrio di andare a cercare voti nella “tana del diavolo”, ovvero a Cutro (Crotone) in occasione della festa del Santissimo Crocifisso: «Io non sono mai andata a Cutro. Per scelta. Non si potrà mai dire che io sia scesa a prendere i voti laggiù. Sono stata tra i pochi a non andare». Lo ripeté ai magistrati, ma non venne ricandidata dal Pd. A questa decisione provò a opporsi: «Dissi alla direzione del Pd dell’Emila Romagna: se adesso mi tagliate fuori nonostante abbia preso i voti necessari nei circoli, lanciate un messaggio alla ’ndrangheta che io combatto e ho combattuto. Il segretario Stefano Bonaccini, ora presidente della Regione, mi interruppe infastidito. Ma io quelle cose volevo proprio dirle in direzione perché stavo subendo un’incomprensibile ingiustizia». Pure l’ex assessore alla Legalità della giunta Delrio, Franco Corradini, è tranchant: «Quando conducevo le mie battaglie contro la ’ndrangheta nel mio partito c’era chi mi diceva che stavo esagerando, che facevo perdere voti e che disturbavo un’economia florida». Una commistione opaca su cui Gianluigi Sarcone, uno dei presunti membri della ’ndrina reggiana, avrebbe compilato un libro nero. A rivelarlo è Gibertini in un’altra intercettazione: «C’aveva un dossier sulle coop, lui». Sarcone nel luglio del 2012 aveva scritto a Libero per denunciare il cambio di atteggiamento delle sinistra nei confronti dei calabresi: «Qui a Reggio, insieme alla crisi, stranamente è arrivata anche la mafia! Da un anno circa a questa parte vediamo noti esponenti delle cooperative, di partito, giornali di proprietà delle cooperative, Telereggio, che fanno convegni, lamentano una mafia che fermerebbe l’economia, che fa concorrenza sleale, che ricicla denaro. (…) Tutti noi costruttori edili contrapposti alle cooperative siamo meridionali. Ma come? Quando le gru si toccavano l’una con l’altra la mafia non c’era e adesso che per vedere una gru bisogna andare alle aste giudiziarie sarebbe arrivata la mafia?». Per lo scrivente la sinistra reggiana si sarebbe accorta dell’infiltrazione malavitosa solo per «un mero calcolo numerico sulle difficoltà delle cooperative (stanno implodendo dall’interno) e la scarsità di lavoro edile». A far cambiare l’atteggiamento nei confronti dei calabresi sarebbe stata la crisi e il fatto che i meridionali «siano andati a chiedere un po’ di lavoro al Comune», e questo «è evidentemente un grosso problema per le cooperative».