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 2015  febbraio 02 Lunedì calendario

Notizie tratte da: Daniel Defoe, I peggiori criminali del nostro tempo, Edizioni Clichy 2015, pp. 180, 10 euro

Notizie tratte da: Daniel Defoe, I peggiori criminali del nostro tempo, Edizioni Clichy 2015, pp. 180, 10 euro.

Alterne fortune «Conosco troppo il mondo per aspettarmi qualcosa di buono; ho imparato a stimarlo poco e a preoccuparmi del male. Ho trascorso una vita di eventi straordinari e sono stato oggetto di gran varietà di atti della provvidenza: mi hanno nutrito più miracoli di quelli del profeta Elia perseguitato dai corvi. Qualche tempo fa ho riassunto le scene della mia esistenza in questo distico. Nessun uomo ha assaggiato più alterne fortune e per ben tredici volte sono stato ricco e povero». (Daniel Defoe, in una delle introduzioni alla raccolta dei numeri della sua rivista «The Review»).

“La storia della vita straordinaria di John Sheppard”

Rapine Nello scritto “La storia della vita straordinaria di John Sheppard”, in vendita nel 1724 a uno scellino, Defoe presenta «un minuzioso resoconto» delle molteplici rapine di Sheppard, «ovverosia: il furto di 24 iarde di fustagno dal negozio del signor Bains in White-Horse-Yard; l’effrazione e l’irruzione nella casa del suddetto signor Bains e il furto di beni e denaro per un valore di 20 sterline; il furto di denaro, anelli, argenteria ecc. in casa del signor Charles a May Fair per il valore di 30 sterline; il furto, insieme con la pretesa moglie e il fratello, in casa della signora Cook in Clare-Market per un valore tra le 50 e le 60 sterline; l’effrazione del negozio del signor Philips in Drury Lane, con le stesse persone, e il furto di merci di scarso valore; l’irruzione in casa del signor Carter, un costruttore di strumenti di precisione in Wytch Street, insieme a Anthony Lamb e Charles Grace; il furto di prodotti e obbligazioni del valore di quasi 300 sterline ai danni del signor Barton, mastro sarto ivi domiciliato; l’effrazione e l’irruzione in casa del signor Kneebone, commerciante di lane, nei pressi dei New Church nello Strand, in compagnia di Joseph Blake, detto Blueskin,1 e William Field, compreso il furto di beni per un valore di quasi 50 sterline; la rapina a danno del signor Pargiter sulla strada principale vicino a Turnpike, verso Hampstead, insieme con il detto Blueskin; la rapina ai danni di una domestica nella carrozza della sua padrona sulla stessa strada; la rapina, con detto Blueskin, anche a una carrozza postale sulla Hampstead Road. Allo stesso modo, l’effrazione del negozio del signor Martin in Fleet Street e il furto di tre orologi d’argento del valore di 15 sterline».

Falegname «Questo John Sheppard, giovane per età e aspetto ma vecchio per nefandezza, nacque nella parrocchia di Stepney vicino a Londra, nell’anno 1702, figlio, nipote e pronipote di un falegname: suo padre morì quando era talmente giovane che nemmeno riusciva a ricordare di averlo mai visto. Così il fardello del suo mantenimento, insieme a quello del fratello e della sorella, ricadde sulle spalle della madre vedova: ella ben presto riuscì ad ottenere che il figlio John venisse accolto nel ricovero di Bishopsgate Street dove rimase per lo spazio di un anno e mezzo ricevendo in quel lasso di tempo una formazione sufficiente per avvicinarsi al mestiere che sua madre aveva trovato per lui, vale a dire il falegname. Le venne quindi consigliato il signor Wood in Witch Street vicino a Drury Lane, come un maestro capace di accogliere e istruire il figlio. Si trovarono d’accordo e John rimase con Wood per lo spazio di sette anni: il ragazzo dimostrò facilità di apprendimento, aveva una mano pronta e abile, e presto si fece provetto nel mestiere, dando piena soddisfazione ai clienti del suo maestro ed essendo di carattere molto sobrio e ordinato. Ma, ah infelice giovane! Prima ancora di aver completato i sei anni del proprio apprendistato, iniziò un fatale rapporto con una certa Elizabeth Lyon, altrimenti detta Edgworth Bess, dal nome di una città nel Middlesex dove era nata, conosciuta come moglie di un soldato e che conduceva una vita malvagia e dissoluta. Il nostro giovane carpentiere si innamorò di lei e insieme convissero come marito e moglie. Ecco gettate le basi della sua rovina».

Prima rapina Verso il luglio 1723, essendo stato inviato dal proprio maestro a eseguire una riparazione presso la casa del signor Bains, un agente di cambio in White Horse Yard, Sheppard «rubò un rotolo di fustagno di 24 iarde che venne poi ritrovato nel suo baule. Questa dovrebbe essere la prima rapina che commise, ma non passò molto tempo che ripeté l’impresa sempre ai danni dello stesso signor Bains, entrando nottetempo con scasso nella sua casa e impadronendosi di quasi sette sterline in monete oltre a beni per un valore di più di quattordici sterline. Il modo con cui era riuscito a introdursi in quella casa rimase un mistero fino alla sua ultima incarcerazione a Newgate, quando confessò di aver divelto le sbarre della finestra della cantina e, dopo aver messo a segno il colpo, averle inchiodate di nuovo in modo che il signor Bains non potesse accorgersi che la magione era stata violata: così una donna innocente, pensionante in quella casa, si trovò per lungo tempo sospettata di aver commesso il furto».

Cucchiai d’argento Il 23 ottobre 1723, a casa del signor Charles a May Fair, vicino a Piccadilly, rubò «sette sterline e dieci scellini in contanti, cinque grandi cucchiai d’argento, sei forchette anch’esse in argento, quattro cucchiaini da tè, sei anelli d’oro semplici, un anello con sigillo, quattro capi di abbigliamento, oltre ad alcune stoffe, per un valore considerevole. Confessò questo furto al reverendo Wagstaff prima della fuga dalla cella dei condannati a morte di Newgate».

Vestito di seta Una volta, con due compari, «ideò una rapina ai danni del signor Barton, mastro sarto, uomo di valore e reputazione che alloggiava in casa del signor Carter. Portarono via banconote, titoli, ghinee, vestiti e stoffe per un valore compreso tra due e trecento sterline, oltre a un vestito di seta del valore di circa diciotto o venti sterline che, essendo stato cucito per un gentiluomo corpulento, Sheppard ridusse e adattò alla propria corporatura e taglia col proposito di mostrarsi e fare bella figura nel Beau Monde».

108 iarde di lana Una notte, con due compari (Joseph Blake, detto Blueskin e William Field) entrò in casa del signor Kneebone, rivenditore di lane nei pressi di New Church sullo Strand. «Segarono due grosse sbarre di rovere del finestrino della cantina, nella parte posteriore della casa in Little Drury Lane, e così entrarono mentre il signor Kneebone e la famiglia dormivano. Procedettero quindi ad aprire una porta ai piedi della scala della cantina - rinforzata de tre bulloni e un grosso chiavistello - poi entrarono nel negozio, scassinarono serratura e lucchetto del forziere e misero le mani sull’agognato bottino. Continuarono a svaligiare la casa per tre ore e portarono via 108 iarde di lana a doppio, cinque iarde di filato blu, del nastro leggero per parrucche, un cappello di castoro, due cucchiai d’argento, un fazzoletto e un temperino. Il tutto per un valore di circa cinquanta sterline».

Evasione 1 Accusato di una rapina, Sheppard venne condotto davanti al giudice Parry che lo fece rinchiudere nel carcere di St. Giles fino alla mattina dopo per un inchiesta più approfondita: «Era segregato al piano più alto dell’edificio, al secondo, ma prima che fossero trascorse due ore, col solo aiuto di un rasoio e della stanga di una sedia riuscì a spaccare il soffitto del carcere e, legati insieme un lenzuolo e una coperta, per mezzo loro si calò nel cortile e fuggì, lasciando alla parrocchia la riparazione del danno e la vendetta per l’affronto subito dalle proprie abilità e scaltrezza».

Evasione 2 L’evasione dalla prigione di St. Giles raccontata da Sheppard: «Non avevo in tasca nient’altro che un vecchio rasoio ed ero rinchiuso al piano più alto della galera, a due piani da terra. Col rasoio tagliai la traversa di una sedia e cominciai a praticare una breccia nel soffitto lasciandovi sotto il pagliericcio in modo che, cadendo sul pavimento, i calcinacci non facessero alcun rumore. Erano le nove di sera e la gente passava avanti e indietro per la strada: capitò che una tegola o un mattone cadessero giù colpendo in testa un uomo che diede l’allarme e tutti cominciarono a gridare che i prigionieri stavano scappando dalla prigione. Capii che non c’era tempo da perdere e così mi spinsi a forza attraverso la breccia, provocando una cascata di tegole, mattoni ecc. sulla gente raccolta giù in strada. Prima che guardie e secondini venissero su, io mi ero già lasciato cadere nel cortile della chiesa e, scavalcata la parte più bassa del muro, piombai tra la folla che si era riunita e gridava: “Guardate la testa, eccolo là dietro il comignolo!” ecc. Mi divertii un sacco a quella circostanza e poi me ne andai per i fatti miei».

Evasione 3 Dopo il furto di un orologio, Sheppard e la sua compagna erano in una prigione «solida, ben custodita - per di più lui era gravato da catene a doppio e ceppi del peso di circa sei chili – e confinati insieme nella cella più sicura, detta Newgate Ward. Sheppard [...] cominciò a meditare una fuga. Erano [...] trattenuti da circa quattro giorni e i loro amici, siccome avevano libertà di far loro visita, gli portarono attrezzi adeguati per quello scopo. Di conseguenza Sheppard si mise all’opera e il 25 maggio, il lunedì dopo la Pentecoste, verso le due del mattino, praticò una breccia sufficiente e tagliò le catene; con inaudita diligenza e destrezza, segò una sbarra di ferro dalla finestra e divelse una traversa del montante, ovvero un’asse del più robusto massello di rovere di circa nove pollici di spessore che aveva forato in molti punti, un lavoro di grande abilità e fatica: ora dovevano ancora calarsi per 24 piedi fino al suolo. Sheppard legò un lenzuolo alla sbarra con una coperta e invitò la sua bella a togliersi abito e sottoveste, facendola uscire per prima. La donna, dato che era di corporatura più massiccia di lui, riuscì a infilarsi nella breccia con grande sforzo e difficoltà ma, seguendo le sue indicazioni, fu subito giù, più impaurita che malconcia. Il suo dotto compagno la seguì agile e rapido. Ma dove erano penetrati? In effetti da una prigione in un’altra. Il lettore deve sapere che la New Prison e la Clerkenwell Bridewell sono contigue e i due erano entrati nel cortile di quest’ultima: dovevano quindi scalare una parete alta 21 piedi prima di riuscire a completare l’evasione. Sheppard, lungi dall’essere impreparato a superare questa difficoltà, aveva pronti trapani e succhielli e con essi praticò una scala nel muro. Secondini e prigionieri di entrambe le prigioni dormivano nei propri letti; lui prese in spalla il proprio carico, e in meno di dieci minuti portò lei e se stesso in cima a questo muro completando del tutto la fuga».

Evasione 4 Sheppard evase pure dal «Castello», la parte più interna e protetta della prigione di Newgate «Il giovedì 15 di questo ottobre, tra l’una e le due del pomeriggio, William Austin, un aiuto carceriere – uomo noto per essere un servitore molto affidabile e scrupoloso - si recò da Sheppard con il pasto, come era sua abitudine ogni giorno, nella cella detta il Castello. Andarono con lui il capitano Geary, custode della New Prison, il signor Gough, del carcere di Westminster e altri due gentiluomini che avevano la curiosità di vedere il prigioniero. Austin esaminò con scrupolo i ceppi di Sheppard e le manette, trovandoli ben serrati. Sheppard consumò la cena e parlò agli ospiti col solito buonumore: loro presero congedo e gli augurarono una buona serata. [...]Il venerdì mattina dopo, verso le otto, Austin si recò come al solito da Sheppard e, dopo aver aperto e disserrato le doppie porte del Castello, scoprì nella cella un mucchio di mattoni e macerie: il prigioniero era fuggito. Il brav’uomo si sentì sprofondare e tornò giù tutto tremante, a malapena in grado di raccontare agli altri carcerieri quanto era accaduto. L’intero corpo di guardia della prigione accorse e tutti rimasero sbalorditi: la sorpresa era enorme ma, nella speranza che Sheppard potesse non avere ancora del tutto portato a compimento la fuga, presero le chiavi per aprire tutte le celle adiacenti al Castello e cercare di trovarlo. Con loro ancor più grande stupore, trovarono le porte pronte ad aprirsi al tocco delle mani e le serrature, le viti e i bulloni fatti a pezzi e buttati in giro sul piancito. Sei grandi porte (una della quale non veniva aperta da ben sette anni) erano state forzate e scoprirono che Sheppard era disceso dal tetto di Newgate con una coperta (assicurata al muro mediante una sbarra di ferro che aveva tolto dall’uscio della Cappella) fin sulla casa del signor Bird. Essendo stata lasciata aperta la porta sulla strada, fu molto ragionevole concludere che fosse sceso direttamente in strada giù per le scale. Il signor Bird e sua moglie avevano sentito una strana sorta di rumore per le scale mentre erano a letto, poco prima che la guardia mettesse in allarme la famiglia. Un numero infinito di cittadini vennero a Newgate per vedere l’evasione di Sheppard [...].

Pubblico danno Sheppard «era restio a ritenere che le sue frequenti rapine fossero di pubblico danno perché, usava dire, pur se da un certo punto di vista rappresentavano un male, erano buone da un altro: se anche lui non aveva voglia di lavorare molto, desiderava però gli altri non se ne stessero in panciolle, specialmente i falegnami come lui, che sempre erano al lavoro per riparare le sue effrazioni».

Impiccato Shepperd fu impiccato nel novembre 1724.

“Jonathan Wild”

Cacciatore di ladri Jonathan Wild, nato a Wolverhampton, vissuto nell’Old Bailey. Per molti anni ebbe fama di cacciatore di ladri, in realtà coi ladri si metteva d’accordo: faceva restituire gli oggetti rubati al legittimo proprietario in cambio di una ricompensa che divideva col ladro.

Intermediario «Quando veniva messo a segno un colpo, Jonathan dapprima si informava dove era accaduto, quale casa era stata svaligiata o chi aveva perduto la roba. Dopo averlo saputo, il suo compito successivo consisteva nel far depositare quei beni in un luogo appropriato, sempre avendo cura di non riceverli egli stesso e di non correre alcun rischio con la legge. Poi trovava qualche persona adatta che si recasse dal derubato e gli dicesse che, se poteva descrivergli quel che aveva perduto, riteneva di poterlo aiutare a rientrarne in possesso: diceva che c’era infatti una partita di beni rubati depositata preso un commerciante onesto al quale erano state offerte in vendita. Se i beni del derubato erano tra quelli egli avrebbe potuto riaverli in cambio di una piccola ricompensa. I derubati, come ben si può immaginare, erano sempre ben disposti ad aver notizie dei propri oggetti e riconoscenti nei confronti dello scopritore: subito fornivano quindi una descrizione delle cose perdute con accurata dovizia di utili particolari. Il giorno dopo gli veniva detto che i beni o una parte di essi erano proprio tra quelli fermati, assieme ad altri che si supponeva fossero stati rubati ad altre persone. Così, dietro reciproca rassicurazione di non far indagini in merito alle particolari circostanze per cui i beni erano stati depositati e - grazie a una ricompensa alla persona che si era data da fare per aiutare il derubato a rientrarne in possesso - gli oggetti venivano restituiti e l’intermediario riceveva innumerevoli ringraziamenti per l’onestà e la gentilezza. Questa parte veniva sempre svolta da Jonathan o dalla sua signora, Milliner, o forse da tutti e due. Entrambi fingevano sempre di non aver nulla da pretendere per il loro incomodo, tranne la soddisfazione di aver aiutato la persona a rientrare in possesso degli averi sottratti da una manica di ribaldi».

Forca Jonathan Wild e sua moglie inscenavano «una parte altrettanto sicura con il ladro poiché, accusando e improverando il furfante per la sua malvagità, gli davano a intendere di volerlo ricondurre alla retta via se avesse restituito i beni, dietro una ragionevole ricompensa per la propria onestà, e se li avesse riportati in un luogo prestabilito. A volte Wild, come mi è stato detto, quando non era riuscito a convincerli agiva di nascosto in modo che il ladro o i ladri venissero sorpresi con la refurtiva in mano. Faceva quindi, come dice il proverbio, da male e rimedio al tempo stesso, intascando una ricompensa per la scoperta e portando il povero malcapitato alla forca solo perché non era stato d’accordo nel concludere la faccenda come voleva lui».

Ufficio «Wild teneva apertamente banco, un vero ufficio, come un uomo d’affari e aveva i propri libri ove annotare ogni cosa con le più estreme esattezza e regolarità. Quando vi rivolgevate a lui per aver notizie di qualcosa di rubato, dapprima vi veniva suggerito di depositare una corona: quella era la sua tariffa di caparra. Poi vi venivano rivolte alcune domande essenziali - essenziali cioè non per sua informazione ma per vostro imbroglio - come il luogo di residenza, dove vi fossero stati rubati i beni, se dalla casa o dalle tasche, se per strada e così via. Tutte le vostre risposte erano annotate come per dare il via ad accurate ricerche e indagini. Nel frattempo, magari, le cose che eravate venuti a cercare erano proprio nella stanza accanto o non lontano da lì. Finita tutta quella commedia vi si chiedeva di tornare dopo un paio di giorni e allora avreste saputo se erano in grado di aiutarvi o meno, dopo di che venivate congedati. [...] La volta successiva vi diceva che tutto quello che aveva potuto ricavare dal ladro era che se le ghinee fossero state date a chi sarebbe venuto a consegnarvi i beni e se aveste promesso sull’onore di non chiedergli nulla ma solo di pagare e ricevere l’orologio d’oro o la tabacchiera, o quel che era, vi sarebbe stato consegnato all’ora stabilita. Quindi, dietro reciproche assicurazioni, veniva concluso l’affare per la restituzione degli oggetti. Rimaneva poi da chiedere cosa si aspettava il signor Wild per l’incomodo preso nell’arrangiare questo bell’accordo: rispondeva, con aria magnanima, di lasciare a voi questa decisione e che non voleva nulla di quello che dovevate consegnare all’emissario, soddisfatto com’era di aver aiutato in quel modo un gentiluomo. Restava così a voi decidere quello che pensavate giusto per il signor Wild che si era preso tanta briga di servirvi».

Legge «A lungo Jonathan era stato famoso e i suoi maneggi, per quanto al di fuori dei confini della legge, erano tuttavia talmente criminosi in se stessi e, quel che più conta, così pericolosi in quanto esempi, che la gente cominciò giustamente ad allarmarsene e a prendere in considerazione misure appropriate per porvi fine. A questo scopo, alle ultime Sessioni venne promulgato un Atto del Parlamento (l’unico rimedio al fiorire di simili perfidie) col quale si dichiarava reato prendere o ricevere ricompense di alcun genere per la restituzione di beni rubati sapendo che di tali cose si tratta. La clausola del decreto così recita: “E qualora vi siano persone che stringono accordi segreti con i malfattori, fanno mercato dell’aiutare le persone a recuperare i beni rubati e con questo sistema guadagnano denaro da dividere tra loro e i detti malfattori, col che assai si incoraggiano tali reati: si decreta, grazie alla citata autorità, che ovunque qualsiasi persona o persone ricevano soldi o ricompense, direttamente o indirettamente, col pretesto o con l’accordo di aiutare qualsiasi persona o persone a recuperare beni rubati o merci in cambio di denaro o ricompense, come già detto (a meno che tale persona non fermi - o collabori a far arrestare - il malvivente che ha perpetrato il furto e contribuisca a portarlo a processo e a fornire prove contro di lui) verrà ritenuto colpevole di crimine e ne subirà le pene e le punizioni pari alla natura del reato commesso nel rubare dette merci o beni, nel modo e per la misura come le avesse egli stesso rubate”».

Impiccato Wild fu impiccato a Tyburn nel 1725: «La brutalità della folla nei suoi confronti, sia al suo salire nella carretta sia lungo tutto il percorso fino al luogo dell’esecuzione, fu inesprimibile e dimostra quanto fosse conosciuta la sua vita e quale impressione avessero lasciato le sue malefatte nell’animo della gente. Infatti lungo il tragitto, contrariamente al comportamento generale in questi casi, invece di parole di compassione e del generale senso di pietà che di abitudine prende la folla quando scorge il miserabile oggetto della giustizia avvicinarsi all’esecuzione, in questa occasione non si sentirono altro che maledizioni e contumelie contro i crimini e il nome di Wild, lanci di pietre e di lordure per tutto il percorso e perfino sul luogo del patibolo. Gli altri malfattori erano già pronti all’esecuzione ma il boia concesse a Wild di prendersi un po’ di tempo: mentre egli continuava a restarsene seduto nella carretta, la folla, impaziente e temendo una grazia - per quanto non avesse alcuna ragione di crederlo - prese a inveire contro il boia perché lo terminasse e alla fine minacciò di farlo a pezzi se non l’avesse impiccato immediatamente».

“A ripensarci vengono le idee migliori”

Decrepiti In uno scritto dedicato alla prevenzione delle rapine di strada, Defoe sostiene «che il maggiore incitamento e le opportunità offerte ai ladri di strada derivano dal fatto che le nostre vie sono davvero mal sorvegliate. I guardiani, per la maggior parte, sono infatti decrepiti, vetusti esseri malconci con già un piede nella tomba e l’altro pronto a seguirli; sono così deboli che un soffio basterebbe ad atterrarli: poveri pazzi mortali! Molto più adatti a chiedere l’elemosina che a far da guardie. Una città controllata e custodita da bestie simili è proprio miseramente sorvegliata».

Uomini robusti «Che la vigilanza sia composta da capaci uomini robusti e di questi almeno il triplo del numero rispetto agli attuali, cioè a dire una guardia per ogni quaranta case, venti su un lato della via e venti dall’altro; perché è dimostrato che un uomo non può scrutare bene in misura superiore a quella di venti case. Se si tratta di una singola fila, senza case di fronte, il carico sarà più pesante e minore la sicurezza».

10 scellini Ogni guardiano secondo Defoe «dovrebbe ricevere 10 scellini all’anno da ogni proprietario di case, il che, per quaranta case, come sopra specificato, è pari a 20 sterline all’anno, quasi il triplo di quello che viene attualmente assegnato».

Cornetta «Una volta istituita, stanziata, rafforzata e incoraggiata la sorveglianza, ogni guardia sia armata con armi da fuoco e spada; [...] Ogni guardia deve avere una cornetta da suonare in caso di allarme o nel momento del pericolo; e che tranne per una guardia sia reato per chiunque, se non crimine, - da quando vi entra a quando ne esce – suonare una cornetta in città».

Lampade «Perché la guardia possa vedere da un’estremità all’altra del proprio percorso, occorre installare un congruo numero di lampade e non quelle del tipo convesso, che accecano gli occhi e non hanno alcuna comodità d’uso ma abbagliano senza gettare chiara luce. Invece di prevenire le rapine, molti, ingannati e accecati da questi ignes fatui, sono stati investiti da carrozze, carri, ecc. Inoltre con queste lampade le persone inciampano l’uno addosso all’altro peggio che al buio. In breve, sono luci delle meno efficaci e, a mio parere, causano più danni che vantaggi».

Prostitute «E ora che abbiamo messo fine alle loro malefatte, cerchiamo di sopprimere i ladri stessi. Inizierò quindi con le prostitute che sono, in generale, la motivazione prima della loro villania ed embrione di ogni sorta di malizia. Sono, in genere, fanciulle a servizio che vanno in giro da un luogo all’altro e alla fine, stufe di lavorare, si danno pubblicamente. Per mantenere queste creature, molti uomini divengono delle canaglie. È necessario, dunque, che il Governo obblighi tutte le giovani fanciulle a rimanere a servizio. [...] Occorre limitare quelle libertà che le nostre pubbliche donne recentemente si sono prese: bestemmiano sfacciatamente e parlano in maniera così oscena che è una vergogna per un paese cristiano».

Paglia pulita «Affinché i ladri non possano andarsene in giro con il pretesto di non disporre di un alloggio, bisogna costruire caserme o baracche a conveniente distanza dalla città, dove tutti i vagabondi dovrebbero essere obbligati a recarsi a una data ora e lì dovrebbero avere paglia pulita, essere tenuti in ordine e lontani dai pericoli della strada. Possono essere lasciati liberi se hanno evidenti mezzi di onesto sostentamento, altrimenti devono essere inviati alle case di lavoro (La «casa di lavoro» era una sorta di ospizio per poveri dove l’indigente era però obbligato a lavorare) delle rispettive parrocchie».

Osterie notturne «Osterie notturne e cantine, soprattutto, dovrebbero essere totalmente soppresse; sono i porti e i rifugi dei malvagi e delle sgualdrine, sono i punti di raccolta in cui si svolge il loro commercio infernale. È qui che attendono le imbeccate degli informatori, qui buttano giù i progetti e raccolgono consigli, qui incoraggiano e avviano al furto i giovani ladri, qui barattano e vendono i beni rubati. Sono questi i loro punti di sosta e di rifugio dopo un reato».

Gin Defoe contro l’abuso di Gin: «Se questo abuso di Gin non verrà fermato avremo perduto agricoltori, operai, ecc.; il commercio pertanto si arresterà e il credito della nazione andrà a fondo. Né l’abbattimento delle accise, anche se molto considerevole e degno di allarme, è in alcun modo paragonabile alla corruzione dei costumi, alla distruzione della salute e a tutta la carovana di mali da cui siamo minacciati per colpa del pernicioso Gin. Supponiamo che un uomo sia in grado di mantenere se stesso e la famiglia col proprio commercio e allo stesso tempo sia un bevitore di Gin: dapprima diventa incapace di lavorare, essendo continuamente ubriaco, poi la cosa gli prende la mano e baratta o trascura il proprio lavoro, ragione per cui nessuno vorrà servirsi di lui. Alla fine, la paura degli arresti, la fame, le grida della famiglia che chiede pane, la naturale disposizione a sostenere una vita irregolare e la propensione a odiare il lavoro, muteranno anche un commerciante onesto in un disperato arrogante farabutto. E questi sono comunemente gli esempi che ladri e criminali in genere ci mettono sotto gli occhi. E se questo commercio di malvagità continua, gente di tal fatta aumenterà e ci opprimerà sempre più, tanto che non avremo il coraggio di mettere il naso fuori dalle nostre abitazioni; anzi, sarà già tanto se non arriveranno all’impudenza di saccheggiarle in pieno giorno».

Effeminatezza «Dov’è finito il coraggio della nazione inglese, se un signore, con sei o sette servitori, deve essere derubato da un unico ladro di strada? Eppure ne abbiamo recentemente avuto cattivi esempi e per questo possiamo ringraziare la nostra effeminatezza, le nostre parrucche e polveri di cipria, il nostro tè e altre scandalose mollezze; e, soprattutto, il non praticare nobili e virili sport una volta in voga ma ora completamente perduti fra noi e così necessari invece per una persona di coraggio».