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 2015  febbraio 02 Lunedì calendario

ARTICOLI SULLA SERIE A DAI GIORNALI DI LUNEDI’ 2 FEBBARIO 2015


MARIO SCONCERTI, CORRIERE DELLA SERA -
C’è un piccolo vantaggio dietro le sconfitte dell’Inter: non sono più importanti. Non c’è un campionato da salvare, sono già chiari gli errori. Semmai ci sono ancora coppe importanti in cui correre. Questo vantaggio deve essere usato fino in fondo. L’errore è cercare una soluzione definitiva ogni domenica, non un ragionamento o un lavoro, ma un miracolo. Questo non è possibile, l’Inter è profondamente sbagliata. Non ha cattivi giocatori, non è per niente dietro al Milan tanto per dare un riferimento, è solo inaccettabile come regola tecnica. Guarin e Medel non possono fare un reparto, sono antitetici. Kovacic non può risolvere i problemi di Guarin e Medel, è il suo talento che va aiutato. Shaqiri e Podolski non hanno ancora l’anima degli interisti, e perché dovrebbero averla? Sono arrivati ieri. Il destino dell’Inter non è il loro. Questo è un altro problema. Molti giocatori sono fuori dalle loro dimensioni normali. Sono buoni giocatori, a volte numeri due di grandi squadre. Reggono la seconda fila su un palco di grido, non una prima zeppa di contestazioni. Quando Icardi e Guarin vanno a dare la loro maglia di sconfitti ai tifosi, si aspettano di essere capiti. Nella loro testa è un’ammissione di colpa. Quando vengono respinti, finiscono davanti a qualcosa che non capiscono. Io ti ho dato la mia buona volontà, la mia umiliazione, e tu rispondi offendendomi. E scoppia la piccola guerra tra due mondi che non si toccano più. Nessuno ha ragione. Ma la colpa di Icardi è di essere un ragazzo convinto di aver risolto con il tweet la sua vita e quella degli altri. La colpa dei tifosi è giudicare l’intensità di un amore dai risultati. La realtà dell’Inter oggi sta nel mezzo. Serve pazienza e coscienza che i tempi sono cambiati. Sbaglia Mancini a chiedere ancora giocatori, cominci a trovare soluzioni lui. La società dimentichi questa squadra, è sbagliata, cominci a pensare a un rinnovo totale. Sia Mancini sia Mazzarri conoscono i principi dell’equilibrio tecnico. E sono entrambi a disposizione. I giocatori non cerchino più colpevoli, ma cerchino soluzioni. Ce ne sono di ottimi nell’Inter che vivono nell’ombra comoda del caos generale. C’è da ricostruire un ambiente, una squadra, un’intera società. Servirà tempo, ma questa era e rimane l’Inter, in qualche mese può farcela. È un concetto che il Milan sembra aver capito. L’arrivo di Destro indica continuità per Inzaghi. Anche se poi i centravanti passano e i gol li segna sempre Ménez. In testa il Napoli si avvicina alla Roma. Gabbiadini è uno splendido attaccante moderno, può valere la differenza. Il distacco tra Juve e Roma resta immutato. La Juve non è brillante, gli attaccanti si sono presi una piccola vacanza. Capita.

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MAURIZIO CROSETTI, LA REPUBBLICA -
NON cambia nulla tra Juve e Roma, ma qualcosa sta invece cambiando nelle profondità meno evidenti del campionato, nella capacità di pensare modelli diversi e nel coraggio di praticarli. Due squadre rappresentano questa tendenza meglio di tutte, anche se non sono le uniche: Empoli e Sassuolo.
L’Empoli ha sminuito la Roma, il Sassuolo ha ridotto l’Inter a un cencio con gli stessi argomenti dei toscani, cioè giocando meglio. La provincia non s’arrocca più, non lucra sull’eventuale golletto, va avanti invece con coraggio, attaccanti, idee e italianità. Sul mercato, la Roma vale sei volte più dell’Empoli (254 milioni contro 43), ma sul campo non si è visto. L’Inter ha una rosa da 235 milioni, il Sassuolo da 80. Morale: 3-1 per il Sassuolo che al fischio d’inizio aveva in formazione un solo straniero, Vrsaljko, e l’Inter un solo italiano, Ranocchia, ma 11 giocatori di 11 nazionalità diverse, record della galassia. Proprio stasera si chiudono le trattative, sicuramente ci sarà qualche ultimo colpo, e bisogna ripetere che i giocatori italiani sono spesso da preferire. Lo dimostrano Berardi e Zaza, Sansone e Croce, Saponara e Pucciarelli. Da preferire, almeno, se esiste un progetto, se non ci si limita a collezionare contratti (e marchette) con procuratori accomodanti, se l’unica tattica non è il fumo negli occhi dei tifosi. I quali, magari, poi rilanciano stizziti le magliette gettate in curva dai giocatori contestati: brutte scene con Icardi e Guarin, patetico che l’Inter abbia chiesto alle tv presenti di non riprenderle. E dove siamo, alla Pravda?
Dentro Inter e Roma impressiona soprattutto la povertà di fosforo. Unico schema del secondo tempo giallorosso, il tiro da lontano di Nainggolan, comunque sempre uno schema in più dell’Inter. Invece, nella Samp sepolta da un ottimo Toro (tripletta di Quagliarella), colpisce la perfida abilità nello smontaggio di un meccanismo quasi perfetto: via Gabbiadini, arrivi suggestivi (Eto’o, Muriel) ma tutti da verificare, chissà cosa ne twitta il viperetta.
Il successo delle periferie meno stimate da chi, nel calcio, guarda solo le copertine, si spiega anche con le scelte degli allenatori. E se alcune presunte grandi come il Milan si affidano ai debuttanti (Seedorf, Inzaghi) solo in virtù della loro carriera da calciatori e delle abilità diplomatiche con tifosi e dirigenti, il Sassuolo ha lanciato Eusebio Di Francesco e l’Empoli ha chiamato Maurizio Sarri, uno che lavorava in banca oltre che in panca. Ecco, leggendo il curriculum di Sarri (17 squadre in 25 anni partendo però da Stia, Faellese e Cavriglia) si capisce che il mestiere, qualunque esso sia, s’impara e non si riceve per sovrana investitura. Mentre Di Francesco, che pure ha iniziato ad allenare solo nel 2008, si è fatto la sua bella trafila con Virtus Lanciano, Pescara e Lecce. Merito loro e dei dirigenti che ci hanno creduto e li hanno difesi, perché in periferia tira aria non meno gelida che nelle metropoli.
La robusta qualità della provincia si è espressa pure a Udine e Cesena. Per la terza volta la Juve non segna, mentre l’anno scorso era successo in una sola occasione. I bianconeri avevano già un po’ frenato a Parma, in Coppa Italia, e del resto il loro vantaggio numerico sulla Roma (e non solo) è un solco enorme, pur non essendo salito a più 9. Tra una ventina di giorni ricomincia la Champions, logico che possano acquietarsi un po’ in campionato. A proposito, adesso è chiaro che con la superiorità della Juve nei confronti della Roma c’entrava poco o nulla l’arbitraggio del signor Rocchi: gli aiuti, la Roma non sa più darseli da sé. Invece ai laziali è costato molto caro il campo del Cesena, orgogliosissimo e penultimo.
Ottima partita di un nome nuovo, il francese Gregoire Defrel, un gol e un assist. Il campionato è anche la voglia di inediti, non solo di cover un po’ stonate.

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GIGI GARANZINI, LA STAMPA -
È stata la giornata del Toro, non è stata la giornata dell’Inter. Era successo già domenica scorsa nello scontro diretto di San Siro, anzi tutto è probabilmente cominciato quando Moretti si era persino inginocchiato tra le statuine nerazzurre per timbrare una vittoria che mancava da 27 anni. Ma poi è continuato ieri in misura davvero imprevedibile sia sull’uno che sull’altro fronte. Il Torino in copertina per aver demolito la Sampdoria rivelazione. L’Inter ancora sconfitta e contestata dai suoi tifosi, ovviamente gli stessi che avevano preteso la cacciata di Mazzarri e poi accolto trionfalmente Mancini.
Cominciamo da qui. Dalla rivoluzione di un allenatore che ha preteso, a stagione in corso, non di ritoccare una squadra che non funzionava come è d’uso quando si subentra, ma di cambiarla dalle fondamenta. Sistema di gioco, modulo, ruoli, acquisti (a man salva). Con il risultato, parziale è vero, ma 10 partite di campionato un’idea cominciano a darla, che oggi l’Inter gioca forse in maniera più accattivante di prima. In compenso fa meno punti, parecchi di meno. Esattamente uno a partita, perché questa è la media dacchè Mancini è alla guida: avendo speso nel frattempo un sacco di quattrini che per il povero Mazzarri non erano disponibili, e altri ancora disponendosi a spenderli in queste ultime ore di mercato. Girerà prima o poi, entro certi limiti. Ma chissà che la nuova società non impari che nel calcio contano le collezioni d’estate, non d’autunno-inverno. Quelle erano la specialità del past-president, che non a caso anche questa ha ispirato.
Della collezione estiva presentata dal Torino meglio non parlare, perché il baratto Amauri-Cerci ancor ci offende. Ma almeno Cairo non ha mai pensato, che si sappia, di presentare a Ventura il conto di quell’avvio di campionato così sofferto. Così, piano piano e una volta smaltita - al meglio - la corvée europea, il gran lavoro di un signor allenatore ha ri-cominciato a dare i suoi frutti. Nella goleada di ieri, a proposito di prodezze presidenziali, pesa senza alcun dubbio anche l’effetto Eto’o che un giorno magari, ma proprio magari, farà la fortuna della Samp ma per il momento l’ha destabilizzata dalle fondamenta. Ma c’entra innanzitutto un Torino che, potendosi finalmente allenare con calma, ha trovato il modo di valorizzare al meglio la propria organizzazione di gioco. E di mandare in gol non solo Quagliarella ma persino Amauri, con l’accento sulla i.

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MASSIMO CAPUTI, IL MESSAGGERO -
L’involuzione e la conseguente crisi di risultati della Roma sono evidenti. La serie di pareggi ha permesso la fuga della Juventus, consentito il pericoloso avvicinamento del Napoli e aperto il dibatto su cause e colpevoli. L’errore più grande sarebbe pensare che tutto sia compromesso o che la squadra sia stata sopravvalutata. Così come la stagione scorsa è stato giustamente esaltato il lavoro della società e dell’allenatore, è corretto oggi indicarne gli eventuali errori di strategie e gestione. Da due mesi a questa parte, tranne qualche eccezione nelle singole gare, sono tutti i calciatori a giocare al di sotto delle loro potenzialità. Non è dunque un problema di singoli, o degli avversari che ne hanno preso le misure. Il motivo è semplice: la squadra non corre, non ha la brillantezza fondamentale soprattutto per il suo gioco. Esce nella ripresa perché ha fondo nelle gambe, qualità tecnica e gli altri inevitabilmente calano. Sorprende che Garcia non abbia preso le doverose contromisure, anche tattiche, per impedire le bambole dei primi 45’ di gioco. Le assenze sono una giustificazione che regge fino a un certo punto. Castan, Strootman e Iturbe, sono infatti le eccezioni a 18 infortuni muscolari, troppi per invocare solo la sfortuna. Se Garcia appare meno incisivo di un campionato fa, anche la società sembra meno lucida e tempestiva. In estate non ha considerato che alcuni giocatori fondamentali avrebbero avuto un anno di più, e al mercato di gennaio ha sbagliato i tempi di reazione. Il caso Destro, in uscita ed entrata, è emblematico. La sensazione che si stia buttando un’occasione è forte, ma l’arrivo dei nuovi acquisti e le tante partite da giocare, (Europa League e Coppa Italia comprese), lasciano pensare che la storia deve ancora essere scritta. A proposito di storie, belle e affascinanti sono quelle di Sarri e Di Francesco, esempi di un’Italia calcistica che ha ancora tanto da poter regalare.

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