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 2015  febbraio 02 Lunedì calendario

PALLINATO SUI CECCHINI PER IL FOGLIO DEI FOGLI DEL 2 FEBBRAIO 2015

Il film American sniper su Chris Kyle, «il più letale cecchino nella storia delle forze armate», ha finora incassato circa 250 milioni di dollari in tutto il mondo (18 in Italia). Sei nomination all’Oscar, tra cui «miglior film» e «miglior protagonista».

Chris Kyle, di Odessa (Texas), classe 1974, impara a sparare a otto anni col padre, insegnante e diacono, che lo porta con sé a caccia di cervi, fagiani e quaglie. Appassionato di vita nei ranch, diventa campione dei rodeo. Carriera finita quando un cavallo gli cade addosso spaccandogli il polso e qualche costola. Entra nei Seals, si addestra a Coronado, California. Inizia ad andare in missione. A Ramadi nel 2006 ne fa fuori così tanti che gli insorti mettono una taglia da 20mila dollari sulla sua testa (per identificarlo affiggono sui muri foto della croce tatuata sul suo braccio) e lo battezzano Al-Shaitan Ramad, il diavolo di Ramadi. Pare che una volta abbia infilato due nemici seduti uno dietro l’altro su un motorino con un colpo solo. Un’altra, nell’assedio di Sadr City del 2008, fa fuori un uomo lontano quasi due chilometri. Vanta 250 bersagli centrati (il Pentagono dice 160) [1].

Poi: il rientro a casa (2009), l’alcool, l’aggressività. Nel 2010 un editor di Harper Collins gli propone di raccontare la sua vita. Lui accetta e gli affiancano uno scrittore e un avvocato. Il libro vende oltre un milione di copie. Con i finanziamenti di Kyle Bass, gestore di hedge fund, crea la Craft International, per insegnare l’arte della guerra ai privati. Tornato nel villaggio natale, a sud di Dallas, una signora disperata lo avvicina per chiedergli di aiutare il figlio, Eddie Routh, tornato sconvolto dall’Iraq. La mattina del 23 febbraio 2013 Kyle lo porta al poligono: quello gli spara, da vicino, di spalle [1].

Il film è diventato è un caso politico. Per i conservatori il soldato che in quattro anni di guerra in Iraq ha ucciso 160 persone è il simbolo del coraggio, per molti liberal solo un killer. Michael Moore ha postato su twitter e facebook: «Mio padre era nei marines nel Sud del Pacifico durante la II guerra mondiale. Mio zio era un paracadutista e fu ucciso da un cecchino giapponese, 70 anni fa. Mio padre diceva sempre: “I cecchini sono codardi, non credono in una lotta equa. I cecchini non sono eroi”». Ha risposto Sarah Palin: «Dio benedica le nostre truppe, specialmente i nostri cecchini». Poi contro «i sinistrorsi» di Hollywood: «Vi scambiate trofei di plastica l’uno con l’altro mentre sputate sulla tomba dei nostri combattenti per la libertà. Rendetevi conto che il resto dell’America sa che non siete degni di lucidare gli stivali di guerra di Kyle» [2].

«Certo, il film è americano, il pubblico da cento milioni è americano, la storia, il regista e il personaggio sono tutti americani. Ma anche in Italia, oltre che in Francia, nelle ultime settimane sono stati alimentati due sentimenti incompatibili con la vita civile del normale vivere civile: la paura nell’angoscia e il desiderio di reagire. O almeno sapere che c’è qualcuno che reagisce per te e ti protegge» (Paolo Guzzanti) [3].

I cecchini statunitensi non agiscono da soli: sono schierati in una squadra di due uomini detta sniper team. Il primo uomo è il tiratore (sniper), che ha il compito di sparare con il fucile di precisione; il secondo uomo è l’osservatore (spotter) che utilizza un binocolo per osservare l’effetto del tiro e dare eventuali correzioni sulla traiettoria, oltre a fornire informazioni sulla distanza e tenere le comunicazioni radio [4].

La parola “sniper”, a indicare il cacciatore capace di catturare l’inafferrabile beccaccia. [5]

La parola “cecchino”, dalla pronuncia storpiata di Cecco Beppe, nomignolo di Francesco Giuseppe, imperatore d’Austria. Così i soldati italiani chiamavano i tiratori austriaci in scherno e disprezzo del loro vecchio imperatore [6].

Il primo reggimento di tiratori scelti fu istituito dagli unionisti nel 1861, durante la guerra di secessione americana: il 1st Regiment of Sharpshooters, sotto il comando del colonnello Hiram Berdan. Non era ammesso chi non fosse capace di realizzare, a 180 metri di distanza, dieci spari consecutivi a una media di 7,5 cm di distanza dal centro del bersaglio [7].

«One shot, one kill», motto dei cecchini [8].

Il tiratore scelto britannico che con un solo proiettile ha ucciso sei talebani in Afghanistan, a 850 metri di distanza. Infatti ha sparato al primo, che indossava una cintura esplosiva, innescando uno scoppio che ha ucciso gli altri [8].

Il britannico Craig Harrison nel 2009 ha stabilito il record di distanza di tiro: 2.475 metri per uccidere due talebani, in Afghanistan, a sud di Musa Qala [4].

Il cecchino più ricercato dai russi è lo svedese Mike Skillt, 47 anni, mercenario per gli ucraini. Ha una taglia di un milione di dollari sulla testa perché ha ucciso almeno 150 persone. Ha l’abitudine di masticare tabacco: «Ho dovuto imparare per esigenza. Di notte la luce della sigaretta si vede a un chilometro e poi l’odore si sente a metri di distanza» [9].

Belaya smert, la morte bianca, soprannome del finlandese Simo Häyhä, il cecchino più letale della storia, in azione nella guerra d’inverno (1939-1940), tra Finlandia e Unione Sovietica. Gli si attribuiscono 542 morti con il fucile Mosin-Nagant e più di 200 con il mitra Suomi M-31 Smg. Le tattiche: non usava il mirino, che luccicando sotto il sole avrebbe potuto svelare la sua posizione (centrava bersagli anche a 400 metri); invece di appostarsi sugli alberi come tutti i tiratori finlandesi (che per questa caratteristica erano chiamati «cucù» dai russi) si sdraiava a terra e sopportava temperature che arrivavano a -40°C; teneva sempre in bocca della neve per non produrre con il respiro la condensa, facilmente visibile dai nemici. Il 6 marzo 1940 fu ferito alla mandibola in uno scontro ravvicinato. Morì nel 2002 [10].
Durante la Seconda guerra mondiale l’Urss aveva i cecchini più micidiali: a 261 soldati sovietici (uomini e donne) fu attribuito il titolo di tiratore scelto. Ognuno di loro aveva ucciso più di 50 nemici [5].

I cecchini più pericolosi della Seconda guerra mondiale (escluso il finlandese Simo Häyhä): Stepan Vasilievich Petrenko e Vasilij Ivanovich Golosov (422 morti); Fyodor Trofimovich Dyachenko (425); Fyodor Matveyevich Okhlopkov (429); Mikhail Ivanovich Budenkov (437); Vladimir Nikolaevich Pchelintsev (456); Ivan Nikolayevich Kulbertinov (489); Nikolay Yakovlevich Ilyin (494); Ivan Mihailovich Sidorenko (circa 500) [5].

La storia di Vasilij Grigor’evi Zajcev è raccontata nel film Il nemico alle porte. Tra il 10 novembre e il 17 dicembre 1942, nella battaglia di Stalingrado, uccise 255 soldati della Wehrmacht. Il suo cognome significa “lepre” e “leprotti” furono chiamati i soldati da lui addestrati. Si stima che abbiano fatto più di 3.000 morti [5].

«Una delle mie scene favorite è quando Bradley parla con lo psichiatra in ospedale: ho pensato che quella scena fosse particolarmente brillante, proprio perché ti lascia con una sensazione d’incertezza. Sì, dice lui “andrò al creatore sapendo che ho fatto la cosa giusta”, ma sono solo parole, nei suoi occhi cogli un lampo d’incertezza: sarà davvero così?» (il regista Clint Eastwood) [11].

«La gente mi chiede spesso se mi è dispiaciuto uccidere così tanta gente in Iraq e io rispondo che no, non mi è dispiaciuto. Non mento o esagero se dico che era divertente» (Chris Kyle) [2].

(a cura di Daria Egidi)

Note: [1] Riccardo Staglianò, il Venerdì 19/12/2014; [2] Arianna Finos, la Repubblica 21/1; [3] Paolo Guzzanti, il Giornale 20/1; [4] Wikipedia.it; [5] militaryeducation.org; [6] Tullio De Mauro, Storia linguistica dell’Italia unita, Laterza; [7] Martin Pegler, I tiratori scelti, RBA Italia; [8] Luigi Grassia, La Stampa 2/1/2014; [9] Ilaria Morani e Salvatore Garzillo, Corriere.it 24/12/2014; [10] simohayha.com; [11] Silvia Bizio, la Repubblica 30/1.