Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  febbraio 01 Domenica calendario

ARIA NUOVA NELLA CASA DEI SAUD: LA STELLA NASCENTE HA 34 ANNI

Nel regno di ottuagenari in cui, quando c’è un nuovo re tutto si muove affinché quasi nulla cambi – una specie di palude che s’increspa - è un principe poco più che trentenne la stella nascente della monarchia saudita. È Mohammed bin Salman, il figlio del nuovo re succeduto la settimana scorsa ad Abdullah. A 34 anni è il nuovo ministro della Difesa e il capo della corte, una specie di grande cancelliere del regno e del Paese.
Come ogni predecessore, appena salito al trono anche Salman ha promosso e licenziato dentro il governo e nelle grandi istituzioni: cioè petrolio e sicurezza nazionale. La famiglia è per tutti la stessa ma fra i 22mila principi al-Saud, e nel centinaio che davvero contano, i margini di scelta sono ampi, a volte insospettabili nel Paese più conservatore del mondo. Ma ciò che più ha guidato Salman nelle sue scelte, è l’appartenenza ai Sette Sudairi: la nuova spartizione del potere è effettivamente la rivincita dei Sudairi.
Una delle 22 mogli di Abdulaziz, il fondatore del regno, fu Hassa bint Ahmed al-Sudairi di una delle tribù più importanti del Nejd, la regione centrale dove nel XVIII secolo nacque il wahabismo, la setta religiosa ultraortodossa che definisce l’Islam saudita. Hassa diede al re sette figli maschi, il primo dei quali, Fahd, salì al trono nel 1982. Il secondo ora è Salman ma, fra loro, altri due principi ereditari Sudairi erano morti prima di assurgere al trono.
Tuttavia ogni clan deve salvaguardare l’equilibrio dinastico per salvare il sistema. Finora ha funzionato. Non c’è nulla di shakespeariano negli al-Saud: la concorrenza tra fratelli e fratellastri è ammessa a corte e di solito – per ciò che è dato sapere – non muore nessuno se non per cause naturali. Abdullah, che non era un Sudairi, ha governato promuovendo la sua discendenza diretta, ha cercato di ridurre il potere dei fratellastri favorendo Muqrin che non è un Sudairi e ora è il principe ereditario dopo Salman. Ma non ha potuto togliere a Salman, un Sudairi, il diritto di diventare re. Così ora anche Salman: promuovendo la sua discendenza, non ha potuto negare al principe Mutib, 61 anni, figlio di Abdullah, un non Sudairi, l’incarico importantissimo di capo della Guardia nazionale, l’élite delle forze armate saudite.
Più che una tribù dentro il sistema tribale saudita, i Sudairi sono una lobby di potere, la più importante. Il nuovo vice principe ereditario è Mohammed bin Nayef, 55 anni, che è anche ministro degli Interni e responsabile del delicato dossier siriano; laureatosi nell’Oregon, un lungo periodo di addestramento nell’Fbi, legami strettissimi con i servizi americani: Mohammed è un Sudairi. Come Abdulaziz bin Salman, un altro figlio del re, diventato la figura più influente al ministero delle risorse minerali, accanto ad Ali al-Naimi, il ministro tecnocrate.
Poiché il sistema di successione ancora in vigore è lineare – dalla morte di Abdulaziz è diventato re il figlio più anziano fino a esaurimento – l’Arabia si è trasformata in una monarchia gerontocratica. Questo tuttavia non ha impedito ai più giovani di raggiungere il potere. Per età e malattie quasi ogni re ha smesso di governare prima di morire. Fahd morì nel 2005, a 84 anni, ma un ictus lo rese disabile già nel 1995: per dieci anni il potere fu nelle mani del principe ereditario Abdullah, il quale promosse i suoi figli. Anche Abdullah, morto la settimana scorsa a 91 anni, era già incapace da alcuni anni, sostituito dal principe ereditario Salman. E così anche Salman, 81 anni, che soffre a intermittenza di demenza senile: come capo della corte di Salman quando ancora era principe ereditario, suo figlio Mohammed, oggi la stella nascente, esercitava un potere straordinario già negli ultimi anni di Abdullah. Alla Difesa, ora è Mohammed che decide come e dove spendere i miliardi di dollari che il Paese investe in armamenti.
Sudairi o meno, quello che conta per noi è se l’Arabia Saudita resterà un Paese con una politica estera e petrolifera moderate: è curioso, forse preoccupante, che una nazione profondamente arcaica e complessa sia così fondamentale nella geopolitica e nella politica energetica globali. Le differenze fra i principi sono solo nel grado di moderato riformismo o conservatorismo interni: in questo i Sudairi non sono dei liberali. Per il resto la continuità nella moderazione non è in discussione dallo shock petrolifero del ’73, l’unico mai causato dai sauditi.
Ugo Tramballi, Il Sole 24 Ore 1/2/2015