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 2015  febbraio 01 Domenica calendario

“DAL PREMIER SCELTA PERFETTA ORA AVANTI CON LE RIFORME SBAGLIA CHI NEL PD VUOL FRENARE”

[Intervista a Walter Veltroni] –
ROMA.
Per tanti motivi Walter Veltroni giudica perfetta l’elezione di Sergio Mattarella al Quirinale. «Per le sue qualità umane e politiche», dice. «Per il consenso largo che ha avuto la forza di ottenere e di cui è necessario che goda il presidente della Repubblica. Nella stessa stanza dove siamo noi adesso è nata la candidatura di Carlo Azeglio Ciampi. In tempi ben più aspri di questi unimmo, intorno a Ciampi, destra e sinistra. Come è giusto che sia quando si indica una figura istituzionale». Anche Veltroni era in corsa, infilato da giorni nel toto-Quirinale dentro la pattuglia di candidati ex segretari. In quel gruppo, il suo nome era l’unico con delle chance concrete. «Ho sempre detto a quelli che ho sentito «il presidente sarà Mattarella». Però mi ha fatto piacere essere preso in considerazione».
L’altro ieri è stato il primo a twittare i complimenti per la scelta di Mattarella. Era l’omaggio dello sconfitto al vincitore?.
«Assolutamente no. Era il riconoscimento sincero verso una persona che conosco da molti anni, dai tempi della battaglia contro la legge Mammì e per la quale ho un affetto personale. Una figura di garanzia che sarà davvero il presidente di tutti, anche della Lega e del Movimento 5stelle. Le istituzioni che non hanno carattere esecutivo o il sindaco chiamato a guidare una comunità, e io lo so bene, devono diventare i garanti di ciascuno e in particolare delle minoranze».
Quanto è stata vera la sua candidatura?
«A me ha fatto molto piacere che sia circolato il mio nome. Mi hanno fatto piacere l’accoglienza della gente per strada, i messaggi, i sondaggi delle tv e dei giornali. Ma mi fa ancora più piacere che sia Mattarella a ricoprire quella carica».
Sul serio?
«Certo. Dal mio telefono infatti non è partita alcuna telefonata».
Ha sentito Renzi?
«No. Non ho parlato con nessuno, non ho sollecitato nessuno. Tanti anni fa andai da Fabio Fazio e dissi che il mio impegno politico sarebbe finito molto presto. Infatti ho rinunciato a candidarmi, cosa non frequente, e mi sono costruito una vita diversa fatta dei miei film, dei romanzi, dello scrivere. Non ho incarichi di alcun tipo, non ho avanzato richieste a qualcuno per ruoli nazionali o internazionali come legittimamente hanno fatto altri. Proprio per questo sono stato felice che sia nata, non certo da me, l’ipotesi di una mia elezione al Quirinale, ipotesi che ho sempre considerato tale. È stata una soddisfazione personale».
È stato Renzi a stoppare l’ipotesi di una sua elezione al Colle?
«Renzi ha ritenuto di indicare Mattarella e non ha avuto torto. Anzi, ha fatto la scelta giusta e costruito un’operazione riuscita. Aveva bisogno del profilo di un uomo lontano dalle vicende politiche di tutti i giorni. Mattarella lo è. Lui da 7 anni, io solo da 2. Aggiungo che grazie al fatto che questa scelta è stata fatta presto e bene il riformismo democratico è nelle condizioni ora di lavorare per garantire al paese quella uscita dalla recessione che grazie alla iniziativa di Draghi e alle misure del governo ora appare possibile. Sarebbe un fatto storico».
Bersani sostiene che non si poteva fare un nome degli ex segretari Ds e Pd per le beghe e le rivalità interne. È vero?
«Non vedo questo problema. Per quanto mi riguarda non ho aspirazioni né rancori. Non ho sentito questo clima di rivalità».
Fatto sta che gli ex Dc festeggiano mentre gli ex Ds non sanno fare quadrato e sono fuori da Palazzo Chigi e Colle.
«Sono il meno adatto a entrare in questo tipo di discorso. Ho sempre detto che il Pd non doveva nascere dalla somma delle culture del ‘900, ma sulla base di un vero pensiero democratico rivolto ai diritti, alla giustizia sociale, all’innovazione. In una fusione non ideologica. Per me non esistono né gli ex Dc né gli ex Pci. Sono partiti finiti 20 anni fa, molti ragazzi già in età di voto li trovano solo sui libri di scuola. Per me, è cosa nota, la storia del partito di Berlinguer e di quello di Moro sono molto importanti. Ma poi contano le idee di oggi. Contano i programmi, i comportamenti, la capacità di armonizzare crescita e giustizia sociale, libertà e opportunità. Non è che la sinistra esiste solo se c’è uno di sinistra al vertice delle istituzioni. Le persone che fanno volontariato coniugando fede e ragione possono essere, per me, più di sinistra di chi fa politica solo per la carriera».
Cosa cambia nella politica con Mattarella capo dello Stato?
«Le riforme istituzionali devono andare avanti. Sbaglierebbe il centrodestra a fermarle e sbaglia, nel Pd, chi pensa che l’elezione di Mattarella sia lo strumento per cambiarle o ricominciare daccapo. La società ha bisogno di velocità e di decisione. Alla richiesta di un potere semplificato, che contiene un germe autoritario, si risponde con più stabilità di governo, più forza al governo e più capacità di controllo del Parlamento».
Il Pd è più forte?
«Il Pd è più forte perché Renzi ha imboccato la strada della vocazione maggioritaria. Una strada con cui riuscimmo già nel 2008 ad avere una percentuale mai raggiunta a sinistra e a battere il record di voti in termini assoluti. La vicenda di questi giorni apre anche un problema della destra italiana: la nascita di un centro moderato, di un’alternativa come nelle democrazie occidentali».
Se ne deve occupare il Pd?
«Per carità, è un problema loro. Ma evitare derive populistiche a destra è un problema del sistema. Penso alla strage di Charlie Hebdo. Tutto faceva pensare a un’uscita a destra dopo la tragedia, invece la politica, con la marcia di Parigi, si è ripresa la scena. A me non passa mai, più ancora della passione, l’ammirazione per la politica. È una cosa meravigliosa, quella vera».
Goffredo De Marchis, la Repubblica 1/2/2015