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 2015  febbraio 01 Domenica calendario

PODEMOS INVADE MADRID “DOPO LA GRECIA TOCCA A NOI”

Ieri in Grecia, domani in Spagna. È la linea di Podemos (Possiamo) che ieri, quando celebrava un anno di vita, ha organizzato a Madrid la sua prima manifestazione nazionale. Un indubbio successo per un partito non ancora ben strutturato territorialmente ma che ha ottenuto un grande risultato alle ultime europee (con un sorprendente 8%) e che tutti in Spagna ora danno primo nei sondaggi: alla marcia hanno partecipato 100 mila persone.
Quello di ieri è stato anche il primo comizio di piazza del suo leader, Pablo Iglesias, 36 anni, madrileno, europarlamentare da maggio e docente di Scienze Politiche. La manifestazione è partita alle 12 da Piazza Cibeles e si è conclusa nella storica Puerta del Sol, dove spicca l’orologio che scandisce, con i suoi «Tic-tac», il conto alla rovescia dell’anno nuovo. E che giusto una settimana fa Iglesias aveva evocato per dire al premier popolare, Mariano Rajoy, che la sua ora scoccherà alle prossime legislative di novembre. Proprio «Tic-tac» – come «Si, se puede» (Si, possiamo) – è stato uno degli slogan più ritmati dalla gente, accorsa da tutta la Spagna per la «Marcia del Cambiamento».
IN QUARTA FILA
Iglesias, come gli altri dirigenti di Podemos, non ha sfilato dietro lo striscione che apriva il corteo, «Adesso è l’ora». È rimasto in quarta fila, seminascosto, anche se molti lo cercavano per una foto. «Sono venuta da Valladolid per vederlo in carne e ossa. Con lui cambieremo la Spagna», dice soddisfatta María, 65 anni. Carmen, 24 anni, disoccupata madrilena, invece spiega: «Pablo è la mia unica chance». Iglesias, osannato con «premier, premier» ha concluso il comizio a Puerta del Sol. Prima di lui, gli altri dirigenti avevano speso parole di speranza per un Paese con il 23,7% di disoccupati (5,3 milioni in totale). Numerosi i riferimenti alla Grecia, e un accenno persino a Renzi.
«Oggi in questa piazza sognamo, ma noi prendiamo molto sul serio i nostri sogni. Il 2015 è l’anno del cambiamento, vinceremo le legislative», ha esordito Iglesias, giubbotto nero, camicia bianca, jeans e scarpe da ginnastica. Coro da stadio: «Tic-tac». Poi una frase in greco «Fisái ánemos dimocratikís alayís stin Evrópi», «il vento del cambiamento democratico soffia in Europa».
IL RIFERIMENTO AD ATENE
«In meno di una settimana, il nuovo governo greco ha fornito l’elettricità gratuita a 300 famiglie che non potevano pagarla, sospeso le privatizzazioni, ridato l’assistenza sanitaria a tutti i cittadini, riconosciuto la nazionalità ai bimbi nati in Grecia indipendentemente dal colore della pelle, riammesso i maestri licenziati, ritirato il filo spinato che separava la gente dal Parlamento - ha tuonato ancora -. Chi dice che non si può? Certo che si può, Podemos». «Oggi in Grecia c’è un governo del cambiamento. Oggi i governi di Roma e Parigi riconoscono che bisogna stabilire dei limiti alla Merkel, che in Grecia ha perso i suoi delegati. In Grecia hanno fatto di più in sei giorni che in sei anni», ha proseguito il professore mentre nella piazza sventolavano bandiere elleniche. E, quando il tifo era alle stelle e la gente scandiva «Paaabloooo», un’altra stoccata: «Bisogna dare retta ai premi Nobel e ristrutturare il debito. Questa ristrutturazione deve essere rigorosa, solvente e onesta, come si addice alla quarta economia europea, la nostra. La sovranità europea non è in mano alla Bundesbank, alla Merkel, alla troika, appartiene ai cittadini e di fronte al totalitarismo finanziario noi stiamo con la democrazia». Poi la conclusione: «Molti legano il destino di Podemos al nuovo governo greco. Ora tocca a noi essere protagonisti».
Gian Antonio Orighi, La Stampa 1/2/2015