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 2015  febbraio 01 Domenica calendario

I CAMPIONI SICILIANI DELLA LEGALITÀ PRIMA E SECONDA CARICA DELLO STATO

Era l’Epifania del 1980. La mattina tragica in cui un «killer sorridente» sparò sulla «Fiat 132» che ospitava il Presidente della Regione siciliana, Piersanti Mattarella, la moglie, Irma Chiazzese e i figli, Maria e Bernardo. Piersanti fu colpito al bersaglio grande, il petto. I vetri frantumati, le schegge delle pallottole ferirono la signora Irma. Il killer in jeans, però, non tolse dal volto quel ghigno che sembrava un sorriso: tornò sui suoi passi e finì il Presidente colpendolo al capo. Pochi attimi dopo, accovacciato vicino all’auto ancora non del tutto fuori dal cancello di via Libertà, ad accogliere tra le braccia il corpo crivellato di Piersanti c’era il fratello Sergio, docente di Diritto parlamentare all’Università di Palermo.
Pallido, smarrito, incredulo per ciò che stava accadendo alla sua famiglia. Qualche minuto ancora e quella scena macabra diviene il centro di osservazione investigativa del giovane sostituto procuratore della Repubblica, Pietro Grasso, magistrato di turno e quindi incaricato di avviare l’inchiesta su quel tragico agguato, che resterà un punto fermo della storia recente della Sicilia e del Paese. Sono passati 35 anni ed oggi il professore e il giudice, entrambi siciliani, sono la prima e la seconda carica dello Stato. Coincidenza salutata come una sorta di affermazione di orgoglio siciliano. Ma forse si tratta semplicemente di appropriata conclusione di una storia che non ha finito mai di occupare le menti e il sentimento di entrambi. Sergio Mattarella ha raccolto l’eredità del fratello, senza proclami e senza sovraesposizioni mediatiche. È entrato in politica per continuare laddove Piersanti era stato fermato. Mattarella, Orlando, Riggio, D’Antoni e pochi altri: un drappello che darà vita alla cosiddetta «Primavera di Palermo». Un cambiamento lento e difficile, portato avanti col fiancheggiamento di una parte della magistratura. E l’inchiesta sull’assassinio di Piersanti Mattarella è una pietra fondativa di questo cambio di rotta. Dalle indagini di Grasso venne fuori finalmente il ritratto del marciume che imperava nella politica e nella burocrazia della Regione Sicilia: Ciancimino, Lima, i sospetti sul precedente assassinio del segretario provinciale della DC, Michele Reina. Ma affiorò anche il disinteresse delle istituzioni nella ricerca della verità, il ritardo con cui si seppe dell’incontro che Mattarella aveva avuto con l’allora ministro dell’Interno, Rognoni, a cui affidò la confidenza sulle «difficoltà» che incontrava nel tentativo di isolare brutti personaggi del proprio partito. Personaggi che saranno poi lentamente espulsi, grazie ai risultati della politica del rinnovamento attuata dal gruppo di Sergio Mattarella e degli altri, fino alla clamorosa «eliminazione politica» di Ciancimino (congresso di Agrigento del 1984) e di Salvo Lima, “inviato” al Parlamento europeo. Si dice che la Sicilia sia stata spesso “laboratorio” politico per esperimenti arditi, dal Separatismo, all’innaturale alleanza destra-sinistra che diede vita al Milazzismo. Sarebbe interessante chiedersi se anche questa singolare coincidenza, che consacra alle più alte cariche dello Stato due protagonisti di una dolorosa ma anche esaltante stagione, possa essere considerata quasi un risarcimento all’orgoglio siciliano ferito da ben altri personaggi. Presentando il libro scritto da Giovanni Grasso su Piersanti Mattarella, il presidente del Senato ha affermato: «La vicenda Mattarella fu, come spesso avviene per i fatti siciliani, insieme risultato e anticipazione di complesse dinamiche di carattere nazionale. Restiamo fiduciosi che le più alte cariche dello Stato sapranno imporre la giusta direzione alle «dinamiche complesse».
Francesco La Licata, La Stampa 1/2/2015