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 2015  gennaio 31 Sabato calendario

L’OUTSIDER DALLA CARRIERA FOLGORANTE

Da rettore dell’Università di Foggia a membro del Consiglio superiore del Mibact e presidente dello stesso a presidente della commissione sul progetto Fori di Roma. E domani, forse, possibile nuovo soprintendente dell’area archeologica più importante e più ricca d’Italia, quella di Roma. Potrebbe essere una carriera fulminante quella di Giuliano Volpe, archeologo specializzato nel medioevo ed esperto di Daunia (regione pugliese), oltre che di archeologia subacquea. Nei prossimi giorni, infatti, Franceschini dovrà decidere tra i cinque nomi che hanno presentato domanda: si tratta di Luigi Malnati, Francesco Prosperetti, Adele Campanelli, Maria Rosaria Barbera. Tutti interni, ex direttori generali o ex sovrintendenti (tra cui quello uscente), tranne, appunto l’outsider Giuliano Volpe.
Ma cosa significa essere outsider ai tempi in cui provenire dal ministero, magari con una lunga esperienza alle spalle, equivale a essere etichettati a grigi burocrati? Significa, ad esempio, che si arriva attraverso criteri poco chiari, o magari per diretta chiamata politica. È il caso, appunto, di Volpe, che entra in politica grazie all’amicizia con Nichi Vendola (che nella sua biografia su Wikipedia viene segnalata tra le “curiosità”), che lo candida per Sel alle ultime politiche. Primo dei non eletti, come da prassi, viene comunque ricompensato con una nomina in quota regioni, da parte di Franceschini, al Consiglio superiore dei beni culturali, il massimo organo scientifico a disposizione del ministero. Dopo la scissione di Sel, al momento del passaggio di governo tra Letta e Renzi, Volpe si avvicina ai renziani di “terza generazione”. La sua nomina a presidente del Consiglio superiore del Mibact, fermata dal ministro Bray, viene sbloccata. Volpe viene promosso e, di lì a poco, nominato presidente della commissione sull’area archeologica centrale (che si occupa della pedonalizzazione di via dei Fori imperiali, ricostruzione dell’arena del Colosseo, metro C etc.).
Ha Giuliano Volpe le competenze necessarie per essere Sovrintendente di Roma (e, soprattutto, le aveva per divenire, ancor prima, presidente del Consiglio superiore del Mibact, ruolo che ora viene addotto come titolo di merito per il passo successivo, cioè una carica con stipendio pesante e più oneroso per lo Stato rispetto ad un interno)? Nella biografia pubblicata sul suo sito, Volpe dichiara di aver pubblicato circa 500 contributi scientifici: che non riguardano, però, l’area e il periodo storico di competenza per quel ruolo; di essere stato direttore editoriale di una casa editrice pugliese specializzata in archeologia, di aver fondato due cooperative di archeologia a Roma e a Bari, di essere stato presidente del DARe-Distretto tecnologico agroalimentare, di essere presidente della Società degli Archeologi Medievisti Italiani. Volpe è anche presidente della Fondazione Apulia Felix, che rappresenta un gruppo di aziende attive nell’edilizia nel foggiano non prive di pesanti ombre (i soci di alcune di esse sono stati coinvolti in inchieste su corruzione e tangenti).
Inoltre, due delle imprese di Apulia Felix hanno sede a Roma – Satel e Dunia – quindi se fosse nominato soprintendente dell’area archeologica di Roma si troverebbe in conflitto di interessi (anche in relazione alle attività di cui si occupano le sue coop). Si tratta davvero del curriculum giusto per chi dovrebbe divenire responsabile di un luogo nevralgico nelle politiche culturali italiane, specie considerato che, con l’autonomia che viene concessa dalla riforma Franceschini, si troverà ad affrontare una nutrita serie di problemi urbanistici, di appalti, e di lavori? Al di là della persona, comunque, il caso Volpe solleva alcune domande: quello del soprintendente è un lavoro con una sua specificità tecnica oppure può essere ricoperto da chiunque? E come viene selezionata la nostra classe dirigente? Siamo sicuri che con la scusa del mancato compenso (la carica a membro e presidente del Consiglio del Mibact erano onorifiche), non si facciano passare con molta più facilità nomine politiche che poi, forti di incarichi inizialmente gratuiti, diventano ruoli con compensi elevati? Una riflessione urgente, ai tempi di critiche a burocrati e gufi che però non lasciano intravedere nessun nuovo modo veramente meritocratico di nominare chi va a occupare caselle strategiche. C’è quasi da rimpiangere i vecchi, vituperati concorsi.
Elisabetta Ambrosi, il Fatto Quotidiano 31/1/2015