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 2015  gennaio 31 Sabato calendario

DENIS IN PANCHINA, ORA FA L’“OSSERVATORE”

Denis Verdini è in sonno. O forse no, Denis Verdini è attivo. E un po’ distratto, perché l’ex comunista Ugo Sposetti, baffi folti e mano lesta, gli frega il portafoglio in aula. Denis Verdini sorride, e viene braccato dagli smarriti deputati e senatori di Angelino Alfano. Per l’ennesima volta, a margine di una sconfitta, di un calcolo errato e di una trama sfatta, è costretto a una (parziale) resa. Così consegna un messaggio ai capibranco di una Forza Italia sfasciata, ai suoi avversari, a Silvio Berlusconi: “Il mio posto è disponibile, io posso lasciare la mia funzione. C’è qualcuno?”. E quale posto, che funzione, qualcuno chi?
Verdini è il toscano che dialoga con i toscani renziani, che s’apparta con l’intraprendente sottosegretario Luca Lotti, che sorregge il Patto che fu siglato al Nazareno tra Silvio e Matteo, e per di più in sua assenza, ma non importa. Perché Verdini è il cireneo che porta la croce, che custodisce il Patto, ma adesso è perduto, narrano entusiasti i suoi detrattori. E lo scafato Denis, un uomo grosso abituato a svolgere il ruolo di baricentro dei capannelli dei parlamentari, l’ha ammesso al telefono con l’ex Cavaliere: “Colpa mia, Renzi ci ha fregato. Ma non dobbiamo rompere gli accordi, non dobbiamo mollare le trattative”. Ora che il patto è indebolito – attenzione, non accantonato – Denis trattative non ne fa: partecipa poco, assiste molto.
Sì, a palazzo Giustiniani, c’era Verdini accanto a Pier Ferdinando Casini, Angelino Alfano e Lorenzo Cesa, ultima cucitura per preparare un plebiscito a Sergio Mattarella. Ma c’era Gianni Letta a rappresentare le volontà variabili di Berlusconi. Letta commissaria Verdini per il Quirinale, non proprio l’esito che lo straripante Denis s’augurava per se stesso e per il grumo di potere che gestisce in Forza Italia. I gruppetti berlusconiani, ieri, non sapevano cosa fare, dove andare, a chi rivolgersi. I più complottisti (o i più lungimiranti), quelli che considerano Verdini un nemico, ti prendevano il braccio in Transatlantico, squadravano i vicini di mattonella e poi ti sussurravano: “Se non disertiamo le urne per la quarta votazione, finisce che Denis regala 30 o 40 schede a Renzi con il nome di Mattarella. Ti rendi conto?”. E Verdini, che conosce il metodo per sopravvivere a una sconfitta, preferisce subire la punizione, la tutela di Gianni Letta, il silenzio di Berlusconi. Quei frenetici e quotidiani contatti con l’ex Cavaliere sono interrotti da giovedì. Era Verdini, se non il garante costituzionale, il garante del Nazareno, determinante per evitare i giochini renziani, i Mattarella imposti. E Verdini ha sbagliato. Il passaggio seguente pare logico ai berlusconiani che non adorano l’ex macellaio di Fivizzano: “Ora stia buono, in disparte, per favore”.
La questione Verdini sovrasta il pungolo Raffaele Fitto, il ribelle pugliese che muove truppe come fossero pedine, che sbatte sul banco un pacchetto di voti per Mattarella come fossero indizi per una scissione più o meno prossima.
Giovedì pomeriggio, ancora con l’umore dolente, Verdini scappava per un corridoio laterale, e bofonchiava senza rispondere. Ieri vagava per l’emiciclo, ramingo nei dintorni dei catafalchi, a colloquio con Daniela Santanché o seduto accanto a Paolo Romani. Poi ha accompagnato Gianni Letta a palazzo Giustiniani. Come un ragazzo di bottega. Questo turno, Denis lo salta.
Carlo Tecce, il Fatto Quotidiano 31/1/2015