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 2015  gennaio 31 Sabato calendario

ETERNO COME UN ENTE INUTILE

Nemmeno Carlo Cottarelli, arrivato con l’altisonante qualifica di commissario alla spending review, c’è riuscito: gli enti più o meno inutili sono ancora lì vivi e vegeti e neppure quando Matteo Renzi è costretto a raschiare il barile, la sua scure riesce ad arrivare (o almeno finora non c’è riuscita) fino a questi uffici che macinano prebende e stipendi. Chi sa che ce n’è uno che si chiama Anvur e che avrebbe il compito di valutare le università italiane? Abbiamo chiesto lumi ad alcuni rettori ed essi bocciano come inutili, o quasi, siffatte valutazioni. Il «regalo» alle finanze pubbliche, costrette a sborsare soldi dei contribuenti, è arrivato del governo Ciampi, dicembre 1993.
Nelle leggi finanziarie, si sa, entra (quasi) di tutto. Così la finanziaria di quell’anno ebbe all’ultimo momento un’aggiunta: un organismo (chiamato Osservatorio) per la valutazione del sistema universitario, organo tecnico del ministero (ma composto da esperti esterni, opportunamente pagati) incaricato di dare un parere sulle relazioni dei nuclei di valutazione interna dei singoli atenei. Già allora si tagliavano i fondi all’università e alla ricerca, ma contemporaneamente si istituiva un nuovo, costoso organismo, come se, all’interno dell’elefantiaco ministero della Pubblica Istruzione, non vi fossero le competenze per quest’opera di valutazione.
Ma la fantasia e il salasso delle finanze pubbliche non hanno limiti, perciò nel 1998 viene istituito un altro organismo, il Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca (Civr), e contemporaneamente l’Osservatorio è sostituito dal Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario (Cnvsu). Da una ricerca negli annali non risultano documenti di rilievo nè del Civr nè del Cnvsu, tanto che si leva qualche voce che ne chiede l’abolizione, con conseguente risparmio di denaro pubblico. Ma come informare tanti esìmi professori, membri degli organi direttivi dei due organismi, che sarebbero dovuti tornare a casa?
Il tiraemolla va per le lunghe finché arriva il secondo governo Prodi e il Professore (non a caso proveniente dal mondo universitario) insieme al ministro dell’Università, Fabio Mussi, ha il colpo di genio: nessuna chiusura ma accorpamento dei due comitati in un’agenzia, cioè un nuovo ente pubblico. E dove viene partorita l’Agenzia? Ovvio, nella finanziaria. È inserita nell’arlecchinesco testo di legge e quasi nessuno se ne accorge. Ma la legge è legge e l’Agenzia diventa realtà. E che Agenzia!
Ne vengono definiti gli organi: un presidente, un consiglio direttivo di sei membri, un collegio dei revisori dei conti con tre componenti. C’ è pure un comitato consultivo di 19 membri, di cui 4 indicati dal Cnel. L’attuale vicepresidente del comitato consultivo è Ivanhoe Lo Bello, che è anche vicepresidente di Confindustria, vicepresidente di Unioncamere, presidente di Unicredit Leasing ed è stato presidente del Banco di Sicilia.
Come non bastasse, è previsto che l’Agenzia possa avvalersi di esperti. Pudicamente il tetto massimo è stato fissato in 50 (!). Attualmente ne risultano in servizio, a vario titolo, 67 (52 esperti in valutazione e 15 classificati alla voce «altri esperti»). La struttura interna è organizzata su tre direzioni, ovviamente ognuna di esse ha un capo, più una segreteria. Tutti insieme appassionatamente, a valutare. Ma l’Agenzia stessa è stata valutata: ha chiesto l’iscrizione all’European Association for Quality Assurance in Higher Education ma è stata rimandata a settembre, per ora le è stata concessa solo l’affiliazione, senza diritto di voto.
Quanto costa tutto questo? Il ministero dell’Istruzione versa nelle casse dell’Agenzia 6,5 milioni di euro l’anno e non risulta che il ministro se ne avvalga. Il presidente è il triestino Stefano Fantoni, al primo posto nella sua città nella classifica dei redditi di chi ricopre cariche pubbliche: nel 2012 ha dichiarato 391.163 euro, dei quali 210 mila percepiti in qualità di presidente. Ma riceve anche una pensione. Ognuno dei 19 membri del comitato direttivo si porta a casa 178 mila euro. In più ci sono le spese di missione, altre 8.500 euro equamente divise.
Ma i vertici dell’Agenzia chiedono più personale e più fondi. Inoltre, incurante delle polemiche sugli enti inutili, l’Anvur ha deciso pochi mesi fa di costruirsi una sede più comoda, a Trastevere. Investimento previsto: 800 mila euro. L’importante è stare comodi. Il tutto per partorire, nel 2014, due pareri, due delibere e poco altro, oltre al Rapporto sul sistema universitario, che ha sollevato non poche perplessità. A proposito, complimenti all’università di Messina che nella classifica Anvur supera (nelle facoltà di Ingegneria industriale) di sei posizioni il Politecnico di Milano.
L’Associazione italiana di Sociologia è tra i contestatori: «L’Anvur continua nella ricerca affannosa di rassicurazioni internazionali, senza mai confrontarsi con quanti, in questo ultimo quinquennio, la valutazione l’hanno vissuta e resa possibile con il loro contributo». Ne consegue che la valutazione posta in seno all’Agenzia «appare essere un’altra occasione perduta». Il rettore dell’università romana La Sapienza ha scritto una lettera aperta al presidente Anvur: «L’Anvur che fa le regole e le controlla, siamo sicuri che ciò sia corretto?....Riempiendo moduli dematerializzati, scovando tra le variabili Anvur (lodevoli nel numero ampio: 4 al quadrato o 5 al quadrato) quella più conveniente.... avremo il tempo per fare didattica e ricerca?».
Un sito web specializzato sulla ricerca universitaria, Roars, pubblica uno scritto intitolato: « La tragedia di un’agenzia ridicola». Vi si legge: « I metodi di valutazione dell’Anvur ignorano le basi dell’aritmetica. L’Agenzia adotta sistematicamente soluzioni già scartate o abbandonate da altre nazioni. Pure la scelta dei valutatori lascia perplessi: nel comitato delle scienze economiche e statistiche il 75% dei valutatori risultano legati da collaborazioni scientifiche dirette o indirette”.
Un sito Internet (Wikispesa) ha fatto un confronto coi cugini francesi. che avevano pensato di creare un organismo di valutazione delle università (Aeres) ma sono tornati sui loro passi perché «l’Aeres è diventata una fonte di rendita sostanziale per alcuni». L’Aeres costava meno della metà dell’Anvur ma il Cottarelli francese ha indicato pollice verso, sono arrivate le forbici e l’Aeres è stata chiusa. Nel nostro paese nulla si muove ma c’è chi ha calcolato cosa si potrebbe fare coi soldi che finiscono all’Agenzia: 45 annualità di borse di dottorato oppure 32 assegni di ricerca di tipo A oppure si potrebbero aggiungere 110 tirocini ai 150 trionfalmente annunciati dal governo. Ministro Giannini, se ci sei batti un colpo.
Giorgio Ponziano, ItaliaOggi 31/1/2015