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 2015  gennaio 31 Sabato calendario

«LA MASCHERA CE L’HO SCRITTA SULLA FACCIA»

Senza maschera, con l’abito di tutti i giorni, Paolo Rossi è Arlecchino, in scena al Teatro Colosseo di Torino il 6 e 7 febbraio e poi al CRT Milano dal 17 al 22 febbraio. Un Arlecchino 2.0 che si distacca dalla tradizione, rifacendosi alle origini medievali e un po’ demoniache del personaggio.
«Non sono né sarò mai il sublime Arlecchino di Soleri, così nel solco della tradizione e di Goldoni - commenta lui. Era il 1994, circa: fu Strehler con cui stavo lavorando, a dirmi che sarei stato un perfetto Arlecchino adattando al personaggio i miei monologhi da stand up comedian. Ma disse anche che il mio avrebbe dovuto essere un Arlecchino pregoldoniano, sulfureo e onirico, quello che si accompagnava ai cavalieri dell’Apocalisse e viaggiava tra mondo dei vivi e aldilà, parlava coi morti e ne apprendeva la saggezza».
Il suo Arlecchino è senza maschera e senza toppe colorate.
«Un altro suggerimento di Strehler: “C’è chi usa la maschera per creare un mondo fantastico e chi quel mondo l’ha scritto in faccia”. Il colore invece c’è: sono i post-it appiccicati alla giacca. Non dormo la notte: dicono sia un problema (comune tra gli attori) di adrenalina. E allora penso. E ciò che penso lo scrivo. La giacca di Arlecchino è piena di pensieri, che leggo».
Tutto scritto quindi?
«Assemblo testi dal mio repertorio, cose nuove, alcune canzoni composte da Gianmaria Testa, improvvisazione, storiellette, riflessioni sul mestiere di comico, satira sui fatti del giorno. I miei spettacoli sono in prova fino all’ultima replica. Per esempio, le corna sul cappello le ho aggiunte da poco».
Satira: parola pericolosa di questi tempi.
«Fermo restando che la libertà di espressione va rispettata sempre, il limite alla satira ce la dà la nostra coscienza. Io per esempio gioco molto con la religione: ma la mia, che conosco (negli Anni 60, pessimo chierichetto, sono stato campione di catechismo). Non direi mai che un’altra religione è m... Malgrado sia anarchico, o forse proprio per questo, ho rispetto per le religioni. E poi la satira deve anche far ridere. Non può solo fare arrabbiare. Detto questo, rispetto anche chi provoca solo per provocare».
Da anarchico ex chierichetto che pensa del Papa?
«Mi è anche simpatico. Ma voglio vedere come ne uscirà da certe affermazioni sulle mamme e sui pugni. Ma non mi piace parlare dei grandi della terra o dei piccoli d’Italia. Le mie battute partono dall’osservazione della vita quotidiana. Da lì capita che risalgano alla politica».
Tornando a Soleri: a 85 anni è molto tonico, lei un po’ meno…
«Apprezzo la sua disciplina. Io da giovane non ne ho avuta, ho dissipato e cerco di rifarmi. Per questo tutti i giorni vado a correre. Voglio recuperare. Voglio diventare un ancien prodige».