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 2015  gennaio 30 Venerdì calendario

HA VINTO PER DISPERAZIONE

[Colloquio Con Petros Markaris] –
Il Camilleri greco, Petros Markaris, 78 anni, anche sceneggiatore del compianto grande regista Theo Anghelopoulos, sulla crisi del suo Paese dal 2010 ad oggi ha scritto una trilogia edita in Italia da Bompiani. Ha raccontato i vizi della sua gente trasformandosi nella coscienza critica della società e della politica. Dopo la vittoria di Tsipras spiega di non essere un suo sostenitore ma al contempo condivide con i connazionali la gioia di essersi liberato dell’establishment politico che negli ultimi 40 anni ha condotto la Grecia nel baratro.
Petros Markaris, come descriverebbe il personaggio Alexis Tsipras?
«È un politico giovane, estremamente ambizioso, determinato da anni a diventare primo ministro con un atteggiamento verso i problemi politici del tipo: “Andiamo al potere, poi una volta lì troveremo una soluzione”».
Cosa pensa della strana alleanza tra la sinistra radicale di Syriza e la destra estremista degli Indipendentisti Greci, dichiaratamente antiimmigrazione ed euroscettica?
«È ragionevole che il partito della sinistra radicale, oppositore dell’intesa con la Troika (il trio composto da Fondo monetario internazionale, Unione europea e Banca centrale europea, n.d.r.) cooperi con un altro partito radicale anti Troika. E poi me l’aspettavo un’alleanza con Panos Kammenos. Da mesi lui e Tsipras votano insieme in parlamento su vari temi economici contro il vecchio governo».
Questa sintonia nell’opposizione al vecchio governo basta per governare insieme?
«In questo momento l’intero scenario politico greco si regge sul dualismo dell’essere favorevoli o contrari alle ricette d’austerità imposte dalla Troika. Gli altri temi di una politica nazionale come l’educazione, gli affari esteri o l’immigrazione non sono assolutamente affrontati. Sembra che non interessino a nessuno. Ma è ovvio che Tsipras avrà grandi problemi con i suoi nuovi alleati appena andrà a toccare quei tasti. D’altra parte non aveva scelta migliore. Stavros Theodorakis, il leader del partito “To potami” (Il Fiume), aveva affermato che l’avrebbe aiutato su temi comuni, decisione per decisione, ma per entrare al governo avrebbe voluto imporre condizioni pesanti che Tsipras non era disposto a concedere. E poi la base di Syriza vede Theodorakis come parte intergrante del vecchio establishment e non vuole avere nulla a che fare con lui».
L’alleanza tra la nuova destra e la nuova sinistra basata sul comune nemico segna la fine dell’antagonismo tra destra e sinistra che ha diviso i greci fin dagli anni della guerra civile?
«Non credo proprio. L’intera campagna elettorale ha approfondito la frattura nata dalla Seconda guerra mondiale. Antonis Samaras diceva che chi avrebbe votato per Syrizia avrebbe votato per la propria distruzione, la stessa retorica usata dalla destra contro la sinistra all’epoca dell’Unione sovietica. E Tsipras d’altra parte accusava coloro che parteggiavano per Samaras di essersi venduti al Fondo monetario internazionale che per i socialisti di una volta è l’equivalente del vendersi agli “americani”...».
Molti elettori di Syriza hanno dichiarato che non si aspettano che Tsipras metta davvero in pratica ogni cosa che ha detto e dunque il neo primo ministro avrà più ampio spazio di manovra di quanto non si pensi...
«La Grecia è l’unico Paese europeo in cui la gente va a votare per un partito da cui non si aspetta il rispetto del programma. Vero ma assurdo. Syriza anche se include persone moderate e intelligenti non è un partito unito. È composto da diverse fazioni e nessuno sa quale prevarrà. Lo stesso Tsipras, a scapito delle apparenze, è un “primus inter pares” e resta da vedere se ce la farà a imporsi davvero una volta al governo».
Lei per chi ha votato?
«Devo proprio dirlo? Preferisco di no. Però posso dire che ho dato un voto mirato a non far diventare Alba Dorata il terzo partito greco. Che lo sia diventato lo stesso mi dispiace molto. Per come è messo il sistema politico greco non sono d’accordo con nessun partito. È il sistema stesso che non funziona. Certo Alba Dorata è l’opzione peggiore di tutte».
E cosa pensa di George Papandreou, l’ex primo ministro socialista che questa volta non ce l’ha fatta ad entrare in parlamento?
«Uno dei risultati davvero positivi di questa elezione è stata l’eliminazione di Papandreou e probabilmente anche di Samaras dalla scena politica greca. I partiti tradizionali hanno perso insieme oltre il 30 per cento dei voti. Coloro che volevano votare a destra hanno votato per Alba Dorata e Kammenos. I liberali per Syriza. Molti elettori di Nuova democrazia sono delusi dal loro partito e dall’ex primo ministro».
Cosa ha sbagliato Samaras?
«Non solo non ha alleviato la crisi come promesso ma la sua campagna per la rielezione è stata orrenda, incentrata tutta sulla demonizzazione dell’avversario e sulla paura. Tsipras dovrebbe mandargli un mazzo di fiori e ringraziarlo per averlo aiutato a vincere».
Dunque è stato un voto soprattutto di protesta?
«I commentatori stranieri hanno scritto che la gente voleva un cambiamento ma la realtà è che questo voto è stato il frutto di una profonda frustrazione. La maggior parte dei greci non aveva più nulla da perdere. In realtà ce l’ha eccome ma non se ne rende conto. È disperata. Cinque anni di misure disumane l’hanno portata allo stremo delle forze e hanno distrutto l’intera classe media che infatti si è rivoltata contro Samaras, incapace di migliorarne la condizione».
Eppure qualcosa stava migliorando. Il Paese ha raggiunto il surplus di bilancio primario, ovvero prima del pagamento degli interessi....
«L’anno scorso la situazione si era quanto meno stabilizzata. Si era arrestata la caduta nel baratro. Ma gli errori di Samaras, il suo continuo strizzare l’occhiolino ai fascisti, hanno distrutto tutto».
Come descrive l’atmosfera in Grecia dopo queste storiche elezioni?
«La Bibbia dice che l’Universo è stato creato dal caos. Oggi il caos domina sovrano: nessuno sa cosa succederà nelle prossime settimane. Magari ci sono grandi cose in preparazione. Chissà».
Qual è il sentimento predominante adesso?
«Più che la felicità è un grande sollievo. Sollievo per essersi finalmente liberati dei partiti che ci avevano condotto nel baratro. Ma la mia paura è che non ci si renda conto che quando ci si libera da qualcuno c’è sempre qualcun altro che lo sostituisce. E non è detto che sia migliore. Perché in Grecia è il sistema clientelare all’origine di tutti mali. Nato negli anni Ottanta con Andreas Papandreou, non è mai sparito. Nemmeno ora. L’obiettivo dei politici che vincono non è smantellarlo ma utilizzarlo a proprio vantaggio nell’ottica che sia arrivato “il proprio turno”. Se anche Syrizia farà così ci potremo dimenticare qualsiasi cambiamento. E certo non è un bel segnale che la leadership dei sindacati stia ora tutta con Syriza... Per questo motivo ho deciso di mantenere una certa distanza dai vincitori. Ho un’età avanzata: ho già visto tutto nella vita».
Queste elezioni le hanno ispirato un altro romanzo?
«Mi sono stufato della crisi. Nella realtà non ne vedo una via d’uscita come avviene nei romanzi. Lo scrittore tedesco Heiner Müller diceva che l’ottimista non ha abbastanza informazioni. Io sono un pessimista».