Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  gennaio 30 Venerdì calendario

IGOR MARKEVIC, UN DIRETTORE D’ORCHESTRA RUSSO E COSMOPOLITA, CHE AVEVA SPOSATO UN’ITALIANA, È AL CENTRO DEL SEQUESTRO E DELL’ASSASSINIO DI MORO

Igor Markevic, compositore, direttore d’orchestra, apolide, amico dei potenti, esoterista, forse pure agente segreto, entra nella compagnia di giro del Caso Moro attraverso la relazione di Giovanni Pellegrino, presidente per sette lunghi anni della Commissione stragi, il quale gli affida a sorpresa la parte dell’intermediario misterioso, sostenendo che Markevic mancò di poco il suo obiettivo: portare in salvo Aldo Moro, via e lontano dal tribunale del popolo brigatista. Sposato a una Caetani, della nobiltà romana, fu proprio in Via Caetani e anzi sul portone medesimo di Palazzo Caetani che quasi quarant’anni fa, il 9 maggio 1978, le Bierre scaricarono il cadavere del presidente democristiano.
Forse era proprio questo il segnale, come raccontarono Giovanni Fasanella e Giuseppe Rocca in un libro Einaudi del 2003, Il misterioso intermediario, oggi ristampato da Chiarelettere con un nuovo titolo, La storia di Igor Markevic. Il direttore d’orchestra nel caso Moro, pp. 487, 16,90 euro, ebook 9,99 euro, che i brigatisti mandarono quel giorno allo stato italiano. Forse le Br, imbucando il cadavere dello statista democristiano nella cassetta delle lettere di quel particolare indirizzo, non stavano affatto segnalando alle vicine sedi centrali del Pci e della Dc, promessi sposi di cui Moro s’apprestava a ufficializzare il fidanzamento, che la festa era finita.
Forse stavano parlando direttamente alle eminenze grige di Palazzo Caetani: il russo Markevic e l’americano Hubert Howard, suo cognato, anche lui sposato a una Caetani, l’uomo che durante la seconda guerra mondiale fu uno dei capi del servizio segreto americano in Italia e che, sempre secondo Fasanella e Rocca, anche in seguito continuò a lavorare per il Pentagono e per la Casa Bianca, forse nel ruolo del signore segreto di Gladio, la struttura militare ultraclandestina della Nato.
Sul caso Moro, del resto, se ne sono dette dal 1978 in poi anche troppe e, allo stesso tempo, va da sé, non se ne sono dette ancora abbastanza, come di tutto ciò che attiene alle guerre segrete che si sono combattute nel nostro paese sub specie terrorismo rouge et noir: la grande roulette che si gioca nell’ombra, dietro le quinte. Anche Fasanella e Rocca, stanchi d’ipotesi e chimere depistatorie, non sembrano poi così interessati ai soliti misteri del grande sequestro, ai quali dedicano giusto poche pagine del libro, dove illustrano ipotesi e sospetti senza sposarne sostanzialmente nessuno, ma si concentrano piuttosto sulla figura di Markevic, alla cui storia dedicano l’intero libro. (Ma Fasanella ha dedicato alle Br la sua intervista al terrorista Alberto Franceschini, Che cosa sono le Br, Bur Rizzoli 2004, che era e rimane il libro più importante finora scritto sull’argomento).
Igor Markevic, del resto, è uomo di gran lunga più interessante dei vivi e dei morti che l’affare Moro si è lasciato dietro le spalle, come Pollicino le sue briciole di pane, dal giorno dell’agguato su su fino ai tempi giorni. Intimo amico e forse amante di Djagilev, l’impresario dei balletti russi nella Parigi degli anni Venti che lo lanciò come compositore quando non aveva ancora vent’anni, Markevic sposò in prime nozze la figlia di Nizinskij, il grande ballerino russo, e fu in stretti rapporti col bel mondo europeo degli anni Venti e Trenta, che allora viveva la sua ultima grande stagione. Fu amico di Bernhard Berenson, critico d’arte e diplomatico segreto, col quale militò nella Resistenza toscana per evitare che Firenze finisse sotto le bombe, come fu amico di Jean Cocteau, principe della scena artistica parigina, mammasantissima di società segrete, esteta sottile, devoto al sogno sinarchico d’un governo mondiale.
Markevic fu amico anche di Ben Gourion, il fondatore dello stato israeliano, e nei suoi ultimi anni, per quanto nato da genitori russi bianchi che detestavano il comunismo di cuore, dichiarò il suo apprezzamento per le meraviglie sociali dell’Urss, dove fu più volte invitato a dirigere importanti orchestre. Morì nel 1982, prima che quelle meraviglie crollassero sotto il peso delle loro colpe.
Da qualche parte, dentro le pieghe di questa straordinaria biografia d’un figlio particolarmente fortunato e vagabondo del secolo breve, si nasconde forse anche un’altra verità sul caso Moro. Ma, se c’è, è soltanto un di più. Basta e avanza la storia di Markevic. Compresa la sua storia postuma: la sua evocazione da parte della commissione stragi e da parte degli autori di questo libro, che fu commissionato e poi rinnegato dall’Einaudi, prima lodato e poi maledetto dai principali giornali italiani, come raccontano Rocca e Fasanella. Ma anche senza depistaggi, senza ripensamenti editoriali, anche senza «leggende» e coperture da spy story, l’avventura di questo speciale direttore d’orchestra e dei suoi specialissimi concerti vale dieci romanzi fiume e tutte le relazioni delle commissioni parlamentari passate, presenti e future.
Diego Gabutti, ItaliaOggi 30/1/2015