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 2015  gennaio 29 Giovedì calendario

AL COLLE SOLO CHI HA LAVORATO

[Intervista a Santo Versace] –
«Ho il cuore di un ragazzino», dice Santo Versace al telefono. E non scherza, spiega d’aver fatto, per i suoi 70 anni festeggiati a dicembre, un bel check up e che il risultato dell’elettrocardiogramma, in particolare, sia stato davvero ottimo. Questo reggino classe 1944 che, col fratello Gianni e la sorella Donatella, ha legato il suo nome alla grande moda italiana e che ha fondato Altagamma, rassemblement dei grandi marchi del lusso e del Made in Italy, non si tira indietro se lo stuzzichi sulla politica.
D’altra parte, nella politica c’è stato per un’intera legislatura, dal 2008 al 2013, entrato come Pdl e uscito nel gruppo misto, in rotta con Silvio Berlusconi. Oggi si appresta a dare una mano a Corrado Passera che sabato, a Roma, fonderà Italia Unica come partito. E lui, Versace, non mancherà.
Domanda. Che cosa più la convince di Passera?
Risposta. Ha lavorato sempre e lavora tantissimo, ha ribaltato le Poste che, lo ricordo, avevano 2.500 miliardi di lire di patrimonio negativo. Ha gestito 30mila esuberi senza un’ora di sciopero, tutto con grande misura e con grande competenza.
D. Ma c’è chi fa spalluce, che ricorda come sia stato un ministro del governo di Mario Monti e che non abbia brillato.
R. Il governo Monti ebbe, nella sua fase iniziale, una spinta propulsiva enorme: avrebbe potuto fare tutto ma, poi, ha perso presto quella spinta. Passera però ha fatto un grande lavoro, oltretutto ottenendo il massimo dai suoi dirigenti alle Infrastrutture: li ha motivati e saputi guidare. Chi è informato dei fatti, lo sa bene. Il resto sono solo invidie.
D. Vuol raccogliere i voti di Berlusconi. Ce la farà?
R. Chi ha votato B. all’epoca, ha scelto il meglio di quel supermercato. E d’altronde compri quello che trovi.
D. Vale a dire?
R. Vale a dire che il Cavaliere vendeva lotta alla corruzione e una vera rivoluzione, quella liberale. E non è stato così. Nel 2001, Forza Italia andò al governo 553 miliardi di debito pubblico e oggi siamo arrivati a 800. Si rende conto? È stato il partito della spesa pubblica. Oggi Passera vuol prendere quegli elettori. Direi, parafrasando Barak Obama, che «we must, we can». Dobbiamo e possiamo.
D. Lo stesso giorno in cui vi ritrovate a fondare il nuovo partito, si voterà anche per il Quirinale. Lei chi ci vorrebbe?
R. Io ci metterei uno che ha sempre lavorato.
D. Come ha fatto lei?
R. Lo può ben dire. Sa che ho cominciato a sei anni?
D. Un po’ presto...
R. Spente le sei candeline, mio padre Antonino, che aveva una rivendita di carbone, mi disse, scherzando, che ero grande e che avrei sarei potuto andare ad aiutarlo. E io lo presi in parola: finita la scuola andavo a spalare il carbone. Tornavo a casa nerissimo.
D. Che cosa ricorda di quegli anni?
R. Esperienze bellissima. La notte, i carbonai scendevano dalle campagne circostanti coi muli. Dormivano sui mucchi di carbone vegetale, sui quali adagiavano i sacchi di iuta ancora puliti che, al mattino avrebbero riempito, pesandolo con la stadera, per poi tornare indietro a venderlo. Era il 1959 ma nel quartiere di «Caserta vecchia» c’erano ancora le macerie dei bombardamenti americani.
D. E lei che faceva?
R. Il piccolo operaio. Facevo i prezzi: un chilo costava 36 lire e io sapevo a memoria tutta la tabellina del 36.
E Santo Versace, rispettabilissimo industriale dell’italian fashion, si mette a sciorinare un numero via l’altro, i multipli di 36: 72, 108, 144, 180, 216, 252, 288, 324, 360. Lo fermiamo, anche se dà l’idea di poter andare avanti per un bel po’.
D. Poi, dopo l’università, è entrato in banca, se non ricordo male.
R. Prima ho fatto ragioneria a Reggio, quindi Economia e commercio a Messina e poi in banca, al Credito italiano, ma non faceva per me: ci stetti sei mesi e mollai. Mi misi a insegnare alle scuole superiori: era il 1969. Poi militare: ufficiale nei Lancieri di Montebello. Tornai, e cominciai a fare il commercialista: quando, anni dopo, lasciai, per mettermi a lavorare con mio fratello Gianni, il mio socio si ritrovò con 230 clienti. Mi ringrazia ancora.
D. Un gran lavoratore. Allora sul Colle potrebbe andarci lei: Santo for president.
R. E invece, mi pare che facciano di tutto per mandarci uno di loro, uno della politica politicata. La casta vuole uno compromesso e non un presidente libero.
D. Un presidente libero, come dice lei, cosa dovrebbe fare?
R. Innanzitutto dovrebbe chiedersi il perché di quell’enorme palazzo e perché tutto quel costo. Uno spreco.
D. Anche lei, come Francesco Rutelli, pensa che dovremmo farne un museo?
R. Rutelli dice una cosa assai sensata, con le Scuderie avremmo un complesso museale unico al mondo. A che servono 110mila metri quadri? A che serve tutto quell’apparato? Basterebbe Villa Madama per ridurre a un terzo i costi attuali.
D. Se toccasse a lei, per ipotesi, che farebbe?
R. Li farei neri, come il carbone che spalavo.
D. Per esempio?
R. Come capo delle Forze armate chiederei conto degli spazi delle caserme abbandonate e chiederei al governo che ne facesse qualcosa. E poi come presidente del Csm...
D. Versace, anche lei coi giudici, adesso...
R. Nessuna polemica, io chiamerei il consiglio superiore e chiederei il perché di tutte questa tensioni fra procure e magistrati, di tutte queste correnti. Ma la vogliamo smettere? Ed esigerei che tutta quell’energia fosse applicata alla lotta alla corruzione.
D. Ma faranno un politico, stavolta. Anzi B. aveva candidato Antonio Martino.
R. Quello sarebbe stato un gran nome, un vero liberale, un uomo rigoroso. Se ci fosse stato lui al governo, e non Berlusconi, oggi l’Italia avrebbe qualche problema in meno. Ma sarà un candidato di bandiera, appunto, destinato a essere bruciato.
D. Un tempo lei guardava con simpatia a Matteo Renzi. Che fa, si è disamorato pure lei?
R. Non ho perso stima per Renzi, ma guardo ai fatti. Il suo problema è che nel gruppo Pd c’è una guerra civile, contro di lui. C’è tanta gente che ha vissuto solo di politica sin qui e se questo, Renzi intendo, li mette da parte, loro che fanno? Chi li prende? È un problema perché non c’è nessuno che si sappia guadagnare la vita. Di qui la guerra civile piddina...
D. Che però ha anche un retroterra politico...
R. Massì è anche ideologica. Ma sopratutto di potere: lui li vuole rottamare tutti, loro si ribellano.
D. Da uomo del Sud, come vede il nuovo Matteo Salvini che cerca voti nel Mezzogiorno?
R. Lo rispetto, ma non mi convince. Non mi convince quando dice che il problema è l’euro quando il punto sono i debiti che facciamo, continuando ad aumentare la spesa pubblica. Non mi convince d’altra parte la Lega, che è nata come partito di lotta alla corruzione e poi è finita a investire nei resort in Africa e nei diamanti. Io li ho pure votati...
D. Scoop! E quando?
R. Quando Marco Formentini, a Milano, nel 1993, andò al ballottagio. lo votai senza alcuna esitazione...
D. Non andò benissimo, poi.
R. No, anzi, piuttosto male, non combinò nulla, eppure c’era gente di prim’ordine, come Philippe Daverio alla cultura...
D. ... Marco Vitale al Bilancio...
R. Sì ma non avevano energia, doveva essere una rivoluzione, contro i partiti. E invece, fu solo una delusione.
Goffredo Pistelli, ItaliaOggi 29/1/2015