Lorenzo Cremonesi, Corriere della Sera 16/1/2015, 16 gennaio 2015
Due problemi, tra i tanti, intralciavano il lavoro che Nicola Calipari conduceva in Iraq per i servizi italiani nel tentativo di riportare a casa Simona Torretta e Simona Pari in quella difficile fine estate del 2004
Due problemi, tra i tanti, intralciavano il lavoro che Nicola Calipari conduceva in Iraq per i servizi italiani nel tentativo di riportare a casa Simona Torretta e Simona Pari in quella difficile fine estate del 2004. C’è da supporre che questioni simili abbiano segnato oggi l’attività degli 007 per salvare le due ragazze in Siria. Il primo erano i tanti falsi mediatori, faccendieri che sostenevano di conoscere i rapitori e poter aiutare nella trattativa. Per Calipari e la sua squadra, ma prima di lui per la cellula del Sismi a Bagdad, erano una dispersiva e dispendiosa difficoltà. Dovevano trovare il canale giusto in mezzo alla pletora di questuanti e imbroglioni. Stavano perdendo tempo prezioso. E i costi lievitavano. Tutti esigevano acconti, magari «solo» 5 o 10 o 20.000 euro, ma la somma era una cifra notevole. «Pescavano» sino a quando potevano, poi sparivano. Allora ero inviato per il Corriere a Bagdad e fui coinvolto per il fatto che alcuni personaggi rilevanti di Falluja mi avevano proposto la loro cooperazione. Calipari mi tenne con lui nell’ultima settimana prima della liberazione delle ragazze, il 28 settembre 2004 (erano state rapite il 7 settembre). «È utile per verificare notizie che abbiamo già» diceva. Il suo coraggio era straordinario. Partiva solo, jeans e giacca di pelle nera, per zone off limits controllate dalla guerriglia qaedista. Aveva una pistola e due o tre caricatori sotto la camicia. Ma sapeva che sarebbero serviti a poco. In camera teneva una valigia con i milioni di dollari in contanti. Una seconda questione era costituita dagli alleati americani e inglesi, che da sempre hanno una politica contraria al pagamento dei riscatti. Ogni giorno venivano nella palazzina della cellula italiana a Camp Liberty, la base Usa presso l’aeroporto di Bagdad, mostrando foto di dove sostenevano potessero trovarsi prigioniere le «due Simone». Ricordo la gigantografia di un edificio nella zona di Abu Ghraib. Insistevano per un blitz armato. Calipari si consultava al telefono con il suo superiore, il capo del Sismi Nicolò Pollari, e a volte con dirigenti del governo Berlusconi, tra cui Gianni Letta. La risposta era un «no» secco. Non si poteva rischiare la vita delle ragazze. Gli americani allora chiudevano un occhio. Lasciavano fare. Per loro era più importante che l’Italia restasse nella coalizione, piuttosto che la rottura su una questione di principio che vedeva Roma e Washington su posizioni opposte.