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 2015  gennaio 15 Giovedì calendario

QUEI 741 VOTI PER DISINNESCARE I FRANCHI TIRATORI

È partita la caccia da parte di Matteo Renzi a 505 grandi elettori sicuri per l’elezione del prossimo presidente della Repubblica. Con le dimissioni ufficializzate da Giorgio Napolitano e con la convocazione dei 1.009 grandi elettori per giovedì 29 gennaio, i giochi adesso si fanno seri. E di colpo nel Pd, dove fino a poche settimane fa si professavano quasi tutti renziani, iniziano i riposizionamenti e i ripensamenti.
Quel clima favorevole a Renzi, sorretto anche dal patto del Nazareno e appena scalfino dai 40 dissidenti ufficiali del Pd, è stato rotto da due fatti che rappresentano in filigrana l’apertura delle ostilità. Nella settimana che ha preceduto le dimissioni di Napolitano prima è venuta fuori la norma sulla non punibilità della frode fiscale sotto il 3%, quel Salva-Berlusconi che ha scatenato i democrat e ha costretto il premier a ritirarla. Poi è arrivato l’attacco di Pier Luigi Bersani che ha accusato il premier di essere stato il regista dei 101 che affossarono Romano Prodi. E ora possono partire i giochi.
L’elezione del presidente della Repubblica è regolata dall’articolo 83 della Costituzione che prevede un’assemblea di grandi elettori formata dai deputati (630), senatori (315), senatori a vita (6) e delegati delle regioni (58). Per un totale, a questa tornata, di 1009 votanti a scrutinio segreto, due in più rispetto all’assemblea che ha eletto Napolitano nell’aprile 2013. Per eleggere il capo dello Stato, nei primi tre scrutini è necessaria una maggioranza dei due terzi degli elettori ovvero 672 voti se tutti gli aventi diritto partecipano. Dal quarto scrutinio basta la maggioranza assoluta che è di 505 voti. Con un Pd che tra deputati, senatori e rappresentanti delle regioni vanta quasi 450 elettori, sulla carta basterebbero soltanto altri 55 elettori. E se si pensa che la maggioranza di governo da sola ne vanta 589, il gioco dovrebbe essere una passeggiata. Di fatto le cose sono diverse e grazie al voto segreto, molti schemi che sulla carta funzionano, alla prova del voto cadono. Proprio come accadde per l’elezione di Romano Prodi, affossata da 101 franchi tiratori del Pd dopo che solo poche ore prima, i grandi elettori riuniti al cinema Capranica avevano garantito a Bersani di votarlo.
In questi mesi il Pd e l’area favorevole a Renzi si è allargata mente l’opposizione si è ristretta. Il Pd ha conquistato 16 parlamentari in più, provenienti da Scelta civica e da Sel. Il Movimento 5 stelle, il più ostile ad accordi, ne ha persi 26. Sel ne ha persi 10. Il Pdl che aveva 211 grandi elettori non esiste più, al suo posto c’è Forza Italia con 143 e Ncd che si è alleato con l’Udc in Area Popolare dove se ne contano 77. Fin qui i numeri ufficiali.
Poi ci sono i franchi tiratori pronti a far saltare il banco e a rimettere tutto in gioco. Renzi sulla carta ha due opzioni, in teoria tutte e due vincenti. Dal quarto scrutinio infatti, la semplice somma della maggioranza di governo avrebbe 598 voti e potrebbe eleggere il presidente con una soglia di sicurezza di 93 voti. Anche se il Pd si accordasse solo con Forza Italia, i voti sarebbero 589 con 84 voti di sicurezza. Nel pratico queste soglie non sono affatto sufficienti.
Nel solo Pd, tra opposizione ufficiale, dalemiani e bersaniani passati con Renzi, il braccio destro del premier Luca Lotti ha contati massimo 130 franchi tiratori, troppi per reggere uno dei due schemi, maggioranza di governo o patto del Nazareno. Con l’aiuto di qualche gruppo minore e dei fuoriusciti grillini però, questi potrebbero essere sterilizzarli. I numeri che circolano, considerando anche una parte di Area Dem e i delegati delle regioni non renziani o renziani della seconda ora, parlano di una forbice di almeno 150 ma che può arrivare a 190. Una fronda che metterebbe a rischio qualsiasi patto. Anche perché, nel solito pallottoliere che tengono Lotti e Lorenzo Guerini, i renziani fedelissimi sono solo 250. A tutto questo poi, va aggiunta la fronda di Forza Italia che sta organizzando Raffaele Fitto. Anche qui i numeri ufficiali parlano di 40 voti, ma considerando il lavorio che sta facendo l’ex ministro nelle regioni e i tanti scontenti che sanno che non saranno ricandidati, a maggior ragione se passa l’Italicum, sembra si possano superare i 50. E con quasi 240 franchi tiratori, non reggerebbe nessun accordo. O meglio, soltanto quello di trovare un nome di garanzia per far confluire l’intera maggiorana e Forza Italia, che raggiungerebbero insieme i 741 voti con una soglia di sicurezza di 236 ”traditori”.
Antonio Calitri