Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  gennaio 16 Venerdì calendario

Notizie tratte da: Chiara Mercuri, La vera croce. Storia e leggenda dal Golgota a Roma, Laterza Roma 2014

Notizie tratte da: Chiara Mercuri, La vera croce. Storia e leggenda dal Golgota a Roma, Laterza Roma 2014.

Vedi Libro in gocce in scheda: 2303183
Vedi Biblioteca in scheda: 2303064

• Il concilio di Nicea, il primo concilio ecumenico della storia del cristianesimo, voluto da Costantino.

• Nel 325 dopo Cristo, l’imperatrice Elena, madre di Costantino, si reca in Oriente per prendere parte al concilio di Nicea.

• Le tre dottrine sul cristianesimo ai tempi di Costantino: gli adozionisti sostengono che Gesù è un semplice uomo, «adottato» da Dio attraverso il battesimo ricevuto sulle rive del Giordano: solo il Padre è vero Dio; per i modalisti il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo non sono che tre modi diversi di manifestarsi dell’unico Dio; per gli ariani, ispirati alla predicazione del presbitero Ario di Alessandria, in Cristo non si trova che una sola natura, quella umana.

• Costantino, con il consenso di papa Silvestro, il 20 maggio del 325, a Nicea, in Anatolia, riunisce il concilio per decidere sulla questione trinitaria.

• Eusebio di Cesarea, biografo cristiano di Costantino.

• «In hoc signo vinces» («in questo segno vincerai»), così aveva detto l’angelo a Costantino, quando gli era apparso in sogno con una croce monogrammata alla vigilia della battaglia di Ponte Milvio, nel 312.

• La croce monogrammata, il Crismòn, composta dalle iniziali greche del nome di Cristo, X (chi) e P (ro).

• Costantino va oltre la Roma pagana. All’indomani della battaglia di Ponte Milvio, rifiuta persino di recarsi nell’area sacra del Campidoglio per rendere grazie a Giove Ottimo Massimo, com’era tradizione per gli imperatori vittoriosi.

• Mentre Costantino preferisce Bisanzio, la madre Elena si stabilisce a Roma. Non va però a vivere nel palazzo imperiale sul Palatino, bensì in una grande residenza, sempre di proprietà imperiale, posta ai limiti dell’area urbana, il Sessorium, o palazzo sessoriano.

• Le domus ecclesiae, semplici sale interne alle case di fedeli benestanti. Con Costantino, le comunità cristiane escono dai luoghi di culto privati e costruiscono, quasi sempre con soldi pubblici, vere e proprie chiese.

• Le basiliche romane, a parte il Laterano e la chiesa sessoriana, sono costruite ad corpus, sulle tombe dei martiri più importanti.

• Sulla sepoltura di Pietro, una semplice tomba scavata, tra centinaia di altre pagane, nel cimitero del monte Vaticano, inizialmente sorgeva una piccola edicola, presso la quale si recavano abitualmente i cristiani di passaggio in città.

• A Gerusalemme, dove la figura centrale è quella di Gesù, si realizza un tipo di costruzione diverso: un santuario memoriale che monumentalizzi i luoghi invece dei corpi. Il luogo per eccellenza è il Calvario, una sinistra e spoglia collina poco fuori le mura di Gerusalemme dove tutti e quattro gli evangelisti collocano la crocifissione.

• Il Calvario, in ebraico Gòlgota, il luogo del Cranio, chiamato così forse per la forma della roccia, simile ad un teschio; forse perché la tradizione giudeo-cristiana voleva che sotto il Golgota fosse sepolto il corpo, e quindi il teschio di Adamo; o forse perché lì avvenivano le crocifissioni, e dunque per il suo carattere cupo.

• Sul Golgota Costantino fa erigere la basilica del Martyrium, che ingloba una parte dello sperone roccioso sul quale avevano luogo le condanne capitali. Presso lo stesso sito, secondo il Vangelo di Giovanni, sorgeva il sepolcro dove Nicodemo e Giuseppe d’Arimatea avevano deposto il corpo del Salvatore.

• La basilica del Martyrium, detta anche dell’Anastasis, che in greco vuol dire «resurrezione».

• Sul Golgota l’imperatore Adriano aveva fatto costruire un tempio dedicato a Giove, realizzato su un terrapieno che aveva completamente occluso la tomba e il giardino contiguo.

• Elena e il vescovo di Gerusalemme, Macario, in occasione del concilio di Nicea, avevano richiesto a Costantino di demolire il tempio e scavare l’intera area in modo da riportare alla luce il sepolcro ricavato nella roccia e le antiche strutture del giardino.

• Secondo Ambrogio, vescovo di Milano, è Elena a convertire il figlio Costantino al cristianesimo.

• Elena, secondo la tradizione cristiana una donna di umili origini che ha alle spalle molte sofferenze. Costanzo Cloro, il padre di Costantino, l’ha tenuta per molti anni come concubina, attratto dalla sua eccezionale bellezza; l’ha però allontanata al momento di contrarre un matrimonio vantaggioso con una donna facoltosa e socialmente ben inserita. Elena serba per sé il proprio dolore e si ritira a vita privata.

• Ambrogio, in un testo scritto settant’anni dopo Nicea, attribuisce a Elena il ritrovamento della Vera Croce.

• La leggenda raccontata da Ambrogio sostiene che Elena si presentò sul Calvario con manovalanza al seguito, armata di pala e piccone; cercò, scavò e alla fine trovò tre croci apparentemente identiche. Affidatasi alla lezione del Vangelo, pensò alla croce di un re, quella su cui era affisso il titulus crucis, la targa di legno con l’iscrizione «Gesù Nazareno re dei Giudei», che i centurioni romani avevano voluto apporre sulla sua croce in segno di scherno. Trovato il titolo, Elena individuò la croce e recuperò i chiodi.

• Secondo lo scrittore cristiano Paolino di Nola, fu un miracolo a rivelare a Elena quale tra le croci trovate fosse quella «vera». Ordinò che venisse portato sul luogo dello scavo il corpo di un uomo da poco deceduto e lo fece deporre a turno sulle tre croci. Su una delle tre, l’uomo riprese vita.

• Prima dell’anno 348, il culto della croce non è attestato, né a Gerusalemme, né altrove. È Ambrogio a ricostruire la vicenda del ritrovamento della croce.

• Il 17 gennaio dell’anno 395, a Milano, muore l’imperatore Teodosio, colui che aveva proclamato il cristianesimo «religione di Stato».

• Ambrogio racconta la storia del ritrovamento della Vera Croce in occasione del discorso funebre per la morte di Teodosio, davanti all’intera corte.

• Ambrogio, nato in Gallia, a Treviri, nel 340, da un’importante famiglia senatoria.

• Ambrogio, che da giovane non è cristiano, ma si dedica a proseguire il cursus honorum. Il padre è un funzionario dello Stato e vanta una brillante carriera come amministratore. Destinato a seguire le sue orme, Ambrogio viene mandato a Roma a studiare le scienze del trivio e del quadrivio.

• Nel 370, dopo aver esercitato per cinque anni l’avvocatura a Sirmio, l’odierna città serba di Sremska Mitrovica, Ambrogio viene nominato governatore della provincia dell’Emilia-Liguria, l’intero Nord-Ovest dell’Italia, con sede a Milano.

• Mentre Ambrogio è governatore a Milano, sul trono d’Occidente siede Valentiniano I, neutrale sulle controversie interne ai cristiani. Su quello d’Oriente il fratello Valente, apertamente filo-ariano e fermamente intenzionato a fare in modo che sulla cattedra vescovile della capitale orientale si avvicendino solo vescovi ariani.

• Quando a Milano, nel 374, muore il vescovo ariano Aussenzio, l’assemblea pubblica elegge Ambrogio vescovo della città.

• Ambrogio, che quando venne eletto vescovo non era neanche battezzato. Si fece battezzare un mese dopo l’elezione da un vescovo cattolico e donò i suoi beni alla Chiesa.

• Il 17 novembre del 375, mentre guida una spedizione lungo il Danubio, Valentiniano I è colpito da un malore improvviso e muore. Gli succede il figlio maggiore, Graziano, che ha sedici anni. Le truppe danubiane pretendono, però, che venga associato al trono anche l’altro figlio di Valentiniano, avuto in seconde nozze, Valentiniano II, il quale ha solo quattro anni ed è quindi posto sotto la tutela della madre, Giustina.

• Graziano, che ha sposato Flavia Massima Costanza, figlia di Costanzo II, a sua volta figlio di Costantino.

• Valente, augusto d’Oriente, fu ucciso nel 378 dai Goti ad Adrianopoli. Al suo posto, Graziano scelse Teodosio, un generale spagnolo di trentadue anni che aveva già combattuto in Pannonia ed era figlio di uno dei più valorosi uomini di Valentiniano I.

• Teodosio, di fede nicena, cioè antiariana.

• Secondo Agostino, presente a Milano nei giorni del ritrovamento delle reliquie di Gervasio e Protasio, Dio avrebbe concesso ad Ambrogio la grazia di ritrovarle per contrastare l’opposizione di Giustina, l’imperatrice ariana.

• Giustina, che stringe alleanza con l’imperatore Teodosio, organizzando il matrimonio tra lui e la propria figlia quindicenne, Galla. Per facilitare l’unione, proprio in occasione delle nozze, abiura persino all’arianesimo.

• Elena, che fece inserire un chiodo della croce nel diadema imperiale, la corona gemmata che veniva posta sul capo dell’imperatore, come segno della sua autorità suprema.

• La leggenda del ritrovamento della croce da parte di Elena trovò posto nel calendario liturgico al 14 di settembre, anniversario della dedicazione della basilica del Martyrium.

• A partire dal VII secolo, in Occidente, la celebrazione del ritrovamento della croce venne spostata al 3 di maggio, perché soppiantata da un’altra commemorazione, sempre legata al culto della croce: l’anniversario del ritorno della Vera Croce a Gerusalemme, dopo il suo trafugamento ad opera di Cosroe, re dei Persiani.

• All’inizio del VII secolo, quando l’intero Medio Oriente, in particolare Siria e Palestina, si trovò coinvolto nello scontro che contrapponeva l’Impero persiano dei Sasanidi all’Impero bizantino.

• Cosroe II, o Cosroe Parvez, cioè «il vittorioso», la cui ascesa al trono sasanide aveva in un primo momento potuto avvalersi del sostegno bizantino, assicurato dall’imperatore Maurizio.

• Il 5 maggio del 614, dopo venti giorni di assedio, il generale persiano Shahrbaraz entrò a Gerusalemme e lasciò che le sue truppe compissero massacri e saccheggi. La Vera Croce fu presa e portata in dono alla regina di Persia, la cristiano-nestoriana Meryem.

• Quando Cosroe fu sconfitto, dopo quindici anni, la reliquia della croce fu recuperata.

• La conversione del re dei Franchi, Clodoveo, battezzato insieme al suo popolo dal vescovo Remigio nell’anno 496. Secondo il vescovo Incmaro di Reims, che scriveva nel IX secolo, al momento del battesimo una colomba sarebbe apparsa dal cielo, recando un’ampolla con l’olio battesimale: ciò faceva intendere che la scelta di Clodoveo fosse voluta da Dio.

• Una pratica divenuta corrente all’epoca di Incmaro: quella di ungere i re di Francia, al momento della loro incoronazione, con il presunto olio di Clodoveo. Questo rito proseguì fino al 1793, quando i rivoluzionari entrarono nell’abbazia di Saint-Rémi, dove si custodiva la venerata reliquia, e distrussero l’ampolla.

• In Francia, a partire dall’XI secolo, il sovrano iniziò a esercitare una funzione taumaturgica. Solo nell’esercizio del «tocco», della guarigione miracolosa degli ammalati, il sovrano poteva usurpare al clero il gesto che gli era proprio, la benedizione col signum crucis.

• In Inghilterra il rito del «tocco» venne introdotto circa settant’anni dopo la comparsa sul suolo francese e mantenne le stesse caratteristiche. Anche qui il re non veniva aiutato da alcun rappresentante del clero nell’esercizio della sua funzione taumaturgica. Sulla base della documentazione superstite, l’antropologo Marc Bloch stimò che i re inglesi «toccassero» circa mille malati l’anno.

• Il miracolo regio dei cramp-rings, nato sotto il regno di Edoardo II (1307-1327). Nel corso di una complessa cerimonia dedicata all’adorazione della croce, il re poneva sull’altare monete d’oro e d’argento dalle quali si ricavavano poi anelli usati come talismani per alleviare il dolore degli ammalati.

• Il burgundo Sigismondo (morto nel 523), il primo re germanico a convertirsi all’ortodossia cattolica in Gallia.

• L’istituzione, nel XIV secolo, da parte dell’imperatore boemo, Carlo IV, del culto della «Sacra Lancia», uno dei maggiori attributi della funzione imperiale. In essa, secondo l’iscrizione che vi fece apporre lo stesso imperatore nel 1354, sarebbe stato fuso uno dei chiodi ritrovati da Elena.

• Nell’anno 768, Carlomagno è divenuto re dei Franchi, un popolo germanico che alla fine del V secolo si è impossessato dell’antica Gallia. All’inizio della conquista è di religione pagana, ma il capostipite del regno, il giovane re Clodoveo, si converte presto al cristianesimo e grazie al sistema di potere di derivazione tribale, il battesimo del capo significa la conversione del suo intero popolo.

• Nell’anno 751, l’ultimo discendente di Clodoveo, Childerico III, viene spodestato da un maestro di palazzo, Pipino il Breve.

• La dinastia merovingia, soprannominata con disprezzo dei «re fannulloni».

• Carlomagno, primogenito di Pipino il Breve.

• Carlomagno sceglie come residenza imperiale Aquisgrana, oggi Aachen, nella Germania settentrionale, all’epoca poco più che un villaggio rurale, e intitola la cappella a Maria, custodendovi un frammento della croce che ha ricevuto in dono dall’Oriente.

• Carlomagno, che portava sempre con sé una croce pettorale in oro, cioè una lunga catena alla quale era fissato un ciondolo al cui interno aveva fatto incastonare un frammento della reliquia.

• I monaci erano stati in tutto l’alto medioevo i soli detentori della cultura occidentale, di cui avevano copiato i testi più importanti all’interno dei loro scriptoria.

• A volte i monaci si limitavano a celebrare le proprie reliquie all’interno del circuito monastico, ma in altri casi componevano dei veri e propri racconti agiografici in loro onore.

• Le chansons de geste, romanzi in versi, incentrati sulle reliquie e sulle gesta di quei re e imperatori che le avevano procacciate e donate al centro religioso di turno. Protagonisti principali erano Carlomagno e le reliquie gerosolimitane.

• Il Viaggio di Carlomagno, composto nell’XI secolo da un anonimo monaco della potente abbazia di Saint-Denis, all’epoca poco fuori Parigi. A spingere il monaco a scrivere la sua storia fu una disputa sorta con i monaci di Sant’Emmerano di Ratisbona, i quali avevano messo in dubbio l’autenticità delle reliquie di Saint-Denis.

• Il termine reliquia (in latino «resto», «parcella») indica il frammento corporeo di un santo ed è ormai inteso come oggetto sacro, raro, prezioso, dotato in molti casi di poteri soprannaturali.

• La necessità di moltiplicare i poli cultuali e di rispondere alle crescenti richieste di reliquie da parte di principi e prelati fece sviluppare la pratica di smembrare il corpo dei martiri in parcelle che furono inviate nelle diocesi e nei vari regni d’Europa.

• I reliquiari, atti a contenere i frammenti dei corpi dei santi, realizzati in metallo e pietre preziose. Nei secoli, la loro fattura divenne sempre più sofisticata, fino ad assumere le forme stesse delle reliquie che dovevano ospitare. Vennero così realizzate teche dagli aspetti più fantasiosi: a forma di braccio, di dito, di piede, di corona.

• Le «stauroteche» (dal greco stauròs, «croce»), teche concepite per ospitare i frammenti della Vera Croce.

• La Chiesa cattolica stabilì una vera e propria gerarchia nella classificazione delle reliquie e pose al vertice quelle associabili alla vita di Cristo: parti della croce, i chiodi della crocifissione, frammenti della mangiatoia, la Sindone ecc. A seguire, per importanza, vi erano i resti dei santi: corpi interi, ossa, capelli, sangue, ma anche gli oggetti loro appartenuti, come tuniche, scarpe, guanti, libri, breviari, immagini sacre, scritti autografi e, nel caso dei martiri, gli stessi strumenti del loro sacrificio. Infine, vi erano le reliquie ex contactu, frammenti di stoffa posti a contatto con la tomba o con il corpo di un santo.

• La società dei Bollandisti (dal nome del loro fondatore, Jean Bolland), formatasi nella prima metà del Seicento, un gruppo di gesuiti belgi che s’impegnarono a raccogliere documenti relativi ai santi e alle reliquie. Dopo anni di ricerche, il loro sforzo portò alla pubblicazione degli Acta Sanctorum, in cui entrarono solo quei santi per i quali si poterono dimostrare biografie storicamente attendibili e filologicamente fondate.

• Il 12 luglio 1790, in Francia, con l’approvazione della Costituzione civile del clero, iniziò la sistematica requisizione delle reliquie dai luoghi di culto. Durante gli anni del Terrore, tra il 1793 e il 1794, si procedette alla loro totale distruzione.

• «Autentica è la reliquia che la devozione ritiene tale» (Patrick Geary).

• Il vescovo di Genova Iacopo da Varazze, che nel Medioevo scrisse l’enciclopedica raccolta conosciuta col nome di Legenda Aurea, in origine Legenda Sanctorum, che raccoglie circa centocinquanta vite di santi, seguendo l’ordine delle feste del calendario.

• Nel Medioevo solo i monaci erano alfabetizzati, nel senso che sapevano leggere e scrivere ogni tipo di scrittura: corsivo, stampato, maiuscolo e minuscolo.

• I notai longobardi, che sapevano scrivere soltanto in corsivo, ovvero nel ductus degli atti notarili, senza riuscire a leggere la scrittura posata dei libri.

• I pellegrini, che una volta giunti a Roma volevano portare via con sé un «frammento di eternità», un ricordo della città sacra, un oggetto. Per questo motivo si moltiplicarono le botteghe specializzate nella vendita di souvenir: ampolle contenenti l’acqua santa delle principali basiliche romane, fiaschette in ceramica, vetro o piombo in cui si trovavano alcune gocce dell’olio delle lampade che ardevano sulle sepolture martiriali, pietre o calchi in terracotta che riproducevano le basiliche o i principali monumenti della città; ecc.

• Papa Damaso, che promosse un imponente programma di sistemazione e di promozione delle tombe dei martiri a Roma. Tramite il suo calligrafo, Furio Dionisio Filocalo, creò un nuovo tipo di scrittura, una maiuscola estremamente chiara e comprensibile, che venne usata per le lapidi marmoree da affiggere sulle tombe.

• Secondo Eusebio di Cesarea, Costantino fece seppellire il corpo della madre Elena in un mausoleo che lo stesso imperatore aveva fatto costruire nella proprietà chiamata ad duas lauros, al secondo miglio della via Labicana. Qui Elena fu inumata nel 335.

• Secondo alcune fonti, nella seconda metà del XII secolo, le spoglie di Elena furono trasferite presso la basilica dell’Ara Coeli sul Campidoglio.