Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  gennaio 15 Giovedì calendario

OFFESE, INSULTI E FISCHIETTI NEMICI. TUTTI GLI SBROCCHI DEI PRESIDENTI

Presidenti serpenti. Le bordate tra Lotito e i dirigenti della Roma sono l’ultima scena di un film senza fine. Ogni tanto i padroni del vapore sbroccano e se la pigliano gli uni con gli altri oppure con gli arbitri, come Aurelio De Laurentiis domenica sera: «In sei non vedono un fuorigioco, malafede o incompetenza?». Perché lo fanno? Per interessi di bottega, per smanie di protagonismo, perché il potere può nuocere all’autocontrollo. Rinverdiamo qui i grandi conflitti del calcio contemporaneo.
LO SCENARIO Prima di addentrarci nei vari filoni, ecco un aneddoto che rende l’idea dello scenario. Lo abbiamo «copiaeincollato» da «Papaveri e Papere». libro di Massimo Arciadicono e Maurizio Nicita (Imprimatur, 2013): «Marzo 2011, ristorante da Berti, Milano, sera. Ci sono dodici presidenti della Serie A allo stesso tavolo (ogni riferimento a cene evangeliche è puramente casuale, anche se verrà identificato un “traditore”). De Laurentiis arriva all’incontro euforico. Si parla di diritti tv e di una torta da spartire di diverse centinaia di milioni di euro in base ai bacini di utenza. Spunta una bozza dalla quale la Lazio prenderebbe più del Napoli. De Laurentiis identifica nel collega Claudio Lotito l’autore della proposta, perde le staffe e lascia il suo posto per raggiungere lo sfidante, colpirlo con una manata e apostrofarlo come «panzone di merda!». L’altro si difende come può rispondendo: “Pulcinella!”». Capita l’antifona?
AGNELLI VS INTER E’ un classico, un «evergreen» che in passato regalò battute d’autore. Quella meravigliosamente snob dell’Avvocato quando Ernesto Pellegrini, industriale delle mense, entrò nel calcio: «Hai visto (rivolto a Boniperti, ndr)? Il nostro cuoco ha preso l’Inter». Quella urticante dell’avvocato Prisco, vicepresidente nerazzurro: «Quando stringo la mano a un milanista la lavo, quando la stringo a uno juventino conto le dita». Calciopoli ha esasperato toni e contenuti. In questi anni Andrea Agnelli e Massimo Moratti si sono scambiati diversi colpi. Il giorno in cui Moratti vendette l’Inter all’indonesiano Erick Thohir, su Facebook il presidente juventino scrisse: «La capitale indonesiana ribattezzata oggi 15 ottobre... non più Jakarta ma Jakartone». Negli anni precedenti, post scandalo, Moratti ci era andato giù duro. Un paio di dichiarazioni rilasciate in quel periodo dal proprietario dell’Inter: «Senza quella banda di farabutti, non ci sarebbe stato il 5 maggio»; «Meglio multietnici che ladri». Un giorno d’estate salì sul ring anche John Elkann: «All’Inter non sapevano perdere e non hanno imparato a vincere». Botta e risposta gelidi, come si usa tra ricchi. Gennaio 2011, Agnelli: «Moratti su Calciopoli mi annoia». Replica morattiana: «Mi spiace per il Giovin Signore. Non volevo annoiarlo». E ancora, agosto 2011, Agnelli: «Lo scudetto del 2006 assegnato all’Inter oggi potremmo definirlo al massimo lo “scudetto dei prescritti”, altro che quello degli onesti». Moratti: «Spero che Agnelli vada in vacanza, così si rilassa un po’».
DELLA VALLE vs FIAT Un altro classico sono i cazzotti verbali tra la Fiat, oggi Fca, nella cui orbita gravita la Juve, e Diego Della Valle, proprietario della Fiorentina. Febbraio 2014, John Elkann: «La Tod’s (azienda di Della Valle, ndr) va male, è giù del 20% rispetto ai suoi concorrenti da inizio anno. Rispetto a Prada, Armani, Lvmh e Kering è un nano. Un’azienda di dimensioni piccole e non sta andando bene». Della Valle: «Non ho un match con Yaki (Elkann, ndr), lo conosco da bambino. Ho un match con quello che la famiglia Agnelli ha rappresentato nel Paese, ha fatto dei guai e ora è il momento di raccontarlo. Gli Agnelli hanno fatto più male che bene all’Italia». Fiat e Della Valle sono azionisti di Rcs, la casa editrice di Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport.
LOTITO vs MOLTI Claudio Lotito è nel calcio da dieci anni, ha scalato tante posizioni, oggi di fatto è una specie di presidente ombra della federcalcio, primo (e unico) consigliere di Carlo Tavecchio. In settembre, a margine di un’assemblea di Lega, fece questa elegante battuta su Beppe Marotta, a.d. della Juve: «Il suo problema è che con un occhio gioca a biliardo e con l’altro mette i punti». Lo stesso Lotito, un anno prima, aveva spedito ad Agnelli tale messaggio in chiave Lega: «I voti si contano, non si pesano: è una regola democratica». Il medesimo Lotito, nelle ultime ore, ha bacchettato De Laurentiis per le sue polemiche sull’arbitraggio di Napoli-Juve: «De Laurentiis non è stato felice a insinuare la malafede, non è così che si affrontano le cose«.
DE LAURENTIIS vs TUTTI Aurelio De Laurentiis ha lo sbrocco facile, sulle sue scenate si potrebbe scrivere un libro. Ne abbiamo scelta una, ricostruita così in «Papaveri e papere»: «In diretta tv la scenata di De Laurentiis durante il sorteggio del calendario di Serie A nel luglio 2011. Studi televisivi a Milano, davanti a colleghi e massimi dirigenti del calcio italiano. De Laurentiis vorrebbe partite meno impegnative nei periodi di Champions. Quando scopre che dovrà affrontare Milan e Inter a ridosso dei primi turni internazionali, sbotta e se ne va urlando: “Siete tutti delle merde, delle teste di cazzo, tornerò al cinema. Qui sono tutti degli stronzi, questa è una gran cazzata. Me ne vado. Mi vergogno di essere italiano, chiederò la cittadinanza a un altro Paese. La rabbia è con me stesso che ci sono rimasto”. Poi, sceso in strada, chiede un passaggio in scooter a un giovane sconosciuto, scappando senza casco».