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 2014  dicembre 24 Mercoledì calendario

NEMMENO UN POETA LA VEDE ROSA

[Intervista a Walter Rossi] –
Sul dorso fiorentino del Corriere, racconta frammenti di realtà, pezzi di vita, angoli di presente con parole che debordano nella poesia. D’altra parte Walter Rossi, classe 1964, nato abruzzese ma a Firenze da sempre, è poeta, avendo scritto raccolte importanti, l’ultima Cassarmonica edita da Moretti & Vitali, anche se continua a fare l’avvocato penalista.
Domanda. Rossi, un poeta legge la realtà con una sensibilità profonda. Cosa vede in giro per le strade di questo Paese in crisi?
Risposta. Vedo una realtà dissolta, frammentata, una campagna popolata da alberi spogli, senza foglie, senza gemme, senza odori.
D. Ma come? Uno così seguito da alcune migliaia di persone fra Facebook e Twitter...
R. Paradossalmente questo dovrebbe essere il tempo della comunicazione di tutti con tutti, per i tanti social, le piattaforme, le piazze virtuali. Tutti sanno tutto di tutti, la vita e la morte non modificano il proprio «stato», e così quando una persona muore le sue pagine e i suoi profili sembra che gli sopravvivano.
D. Mi vuol dire che siamo comunque più soli?
R. Nonostante quest’apparenza nessuno conosce il cuore dell’altro, a nessuno interessa il destino del proprio vicino di casa, non siamo mai stati così soli e senza una trama di rapporti veri, di compagnia vera al destino, siamo carne da macello.
D. Così siamo in balia di tutto...
R. Del potere innanziutto, che è l’autista di un vecchio autobus in viaggio verso luoghi deserti, lungo strade sterrate, a bordo molti sonnecchiano, qualcuno canta, c’è chi beve, chi alza il tono della voce ma poi si rimette a sedere. Nessuno si chiede le ragioni del viaggio e quale sia la destinazione.
D. I suoi interventi più seguiti e commentati su Facebook riguardano le cronache. Sembra che ci sia il bisogno di una parola diversa, altra, su fatti cannibalizzati dalla cronaca.
R. A volte affido alle mie pagine quello che accade, comprese le mie battaglie nei tribunali di tutta Italia, poiché per vivere ho abbracciato la grande vocazione di un mestiere bellissimo: quello dell’avvocato penalista, che difende la libertà, desidera la giustizia, combatte mille battaglie.
D. Una trincea sulla realtà, immagino...
R. La realtà contiene atti e fatti, le nostre azioni e i fatti, quegli avvenimenti pieni di mistero, non siamo noi gli artefici di questi accadimenti, del reale. Quanto alla parola... è stata ridotta a segno, spettacolo, testimonianza, rappresentazione, narrazione, fiction ma è anche un fatto straordinario se è capace di cambiare la vita di un uomo.
D. Ho visto poeti pure a Domenica di recente...
R. Ah sì? Le confesso: di domenica vado allo stadio.
D. Un poeta allo stadio?
R. A vedere la Fiorentina. O la guardo in tv, con mio figlio, quando gioca in trasferta. Comunque...
D. Comunque?
R. Comunque aveva ragione Giuseppe Ungaretti quando diceva che la poesia non è una merce, non va d’accordo con lo spettacolo e la pubblicità, non dev’essere venduta a nessuno, e i poeti non devono cercare il successo e l’affermazione, ma un nascondiglio da quale poter amare il mondo.
D. E che cos’è la poesia, allora?
R. La parola poetica è carne e sangue della grazia, la grazia intesa come quell’imprevisto di letizia e di dolore che sconvolge la nostra natura umana, è un fatto straordinario, un evento eccezionale che ci mette con le spalle al muro, ci lascia senza fiato, in preda allo stupore e all’arrendevolezza.
D. Anche lei, come il principe Myskin de L’idiota, pensa che la bellezza salverà il mondo?
R. Ne han fatto uno slogan. Io dico invece che la bellezza dannerà il mondo perché può diventare una mela avvelenata. Se la parola poetica diventa anch’essa uno spettacolo viene ridotta a sentimentalismo, l’esasperazione di uno stato d’animo, è come guardare un fuoco di artificio: subito dopo lascia l’amaro in bocca.
D. E cos’è la bellezza, allora?
R. La bellezza non è un fatto estetico ma ontologico. Lo stupore per la bellezza coinvolge tutti i sensi umani, gli occhi, il cuore, la ragione, l’intelletto e quello sguardo che ci rapisce e c’innamora non può lasciarci soli appena un istante dopo. Non è la bellezza a salvarci ma è la verità e la perfetta corrispondenza tra ciò che rapisce e innamora il nostro sguardo e ciò che il nostro cuore desidera, sempre, in tutte le circostanze.
D. I suoi interventi sul Corriere Fiorentino sono impregnati di una religiosità profonda e virile, mai misticheggiante o smielata. C’è ancora spazio per Dio, oggi?
R. Vedo un cristianesimo che non crea problemi a nessuno, che può essere guardato in televisione da dieci milioni di spettatori, con benevolenza e comodamente. È un cristianesimo di «valori» senza Cristo, senza l’umanità di Dio, senza un avvenimento che scardina i telai del potere e che esalta la dignità dell’uomo, di qualunque uomo, dal povero disgraziato al ricco e affermato uomo d’affari.
D. E ha senso ancora parlare di Natale?
R. Me lo chiedo spesso. È ancora possibile se si tratta dell’incontro tra popolo e Dio, come diceva Agostino di Ippona, attraverso quell’innamoramento straordinario, quell’amore immenso, senza l’umanità di Cristo, senza la nostra umanità?
D. E invece ci sarebbe bisogno di più umanità in questa Italia e in questo tempo di crisi?
R. In questo scalcagnato Paese abbiamo bisogno di uomini veri innamorati della realtà, che sappiano farsi carico del mistero che irrompe nel quotidiano.
D. Firma gli articoli della sua rubrica come «poeta e avvocato».
R. I poeti non esistono, esiste la poesia quando è autentica, quando è vera e appartiene al lettore più che a chi la scrive. Anche qui torna l’immenso Ungaretti quando dice che il poeta è come il porco si pesa dopo morto.
D. Perché continua a fare il penalista?
R. Perché l’uomo che scrive poesia deve avere un mestiere che gli consenta di vivere dignitosamente, di guadagnarsi il pane, altrimenti quello che scrive è inquinato dalla fretta di arraffare quattrini.
D. La poesia non è un mestiere...
R. Che almeno questo sia chiaro! I grandi poeti, anche Eugenio Montale, Mario Luzi, Piero Bigongiari, hanno sempre lavorato onestamente e poi hanno anche scritto versi bellissimi, Ungaretti ha scritto addirittura mentre si trovava in trincea a combattere la Grande Guerra.
D. Lei è stato assai vicino a Luzi negli ultimi suoi anni...
R. L’ultima volta che lo accompagnai a casa, era la sera prima che morisse. Lui, ogni tanto, dimenticava le chiavi. È successo tante volte, d’inverno, davanti agli scalini: cominciava a frugare le tasche del suo loden, cercava e mi guardava, e i suoi occhi si facevano quasi assenti, preoccupati, si aprivano e si chiudevano, come segno di compassione di fronte alla sua dimenticanza e alla sua vecchiaia.
D. E che succedeva?
R. A un tratto, all’improvviso, le sentiva suonare nella tasca, le trovava, e mi buttava le braccia al collo come un bambino. Rideva e mi diceva: «Per questa volta siamo salvi». Ma di quale salvezza parlava Mario, il bambino che si stupiva e si commuoveva davanti a tutto?
D. Un poeta, anche nelle piccole cose. Lei ha conosciuto anche Alda Merini...
R. Creatura incredibile. Ricordo una calda estate di tanti anni fa a Massa, in Piazza degli Aranci, seduti davanti a un bar. Faceva molto caldo ma, nonostante ciò, si beveva un calice di Brunello di Montalcino. Ci guardavamo e ridevamo come matti, a cogliere lo sguardo della gente che passava e ci scambiava per due pazzi. Lei aveva un abito verde acqua marina e una sciarpina di seta che svolazzava, era molto truccata. Non potrò mai dimenticare lo sguardo della gente che passava...
D. Occhiatacce, immagino...
R. Ci scambiavano per due barboni ubriachi, e noi che ci divertivamo a guardarci e a ridere di noi stessi, di loro, delle parole, anche se non ci dicemmo nessuna parola. Forse la poesia è solo questo.
D. E cioè?
R. Uno sguardo potente, autentico, sulla realtà; uno sguardo vero sulle cose che non ci appartengono, sul mistero della vita e della morte, sulla politica, la polis, la città degli uomini che non ha bisogno di essere governata per il semplice fatto che è impossibile governare il desiderio degli uomini.
D. Perché?
R. Perché l’uomo desidera incessantemente qualcosa o qualcuno che possa compiere la sua attesa, nemmeno la bellezza a volte riesce a soddisfare la sua sete e la sua fame.
D. Buon Natale, avvocato. E poeta.
R. Anche a lei, ai suoi colleghi e ai suoi lettori.
Goffredo Pistelli, ItaliaOggi 24/12/2014