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 2014  dicembre 24 Mercoledì calendario

MAFIA CAPITALE È UNO SCHIFO. MA NELLE INDAGINI PER MAFIOSITÀ, SECONDO I DATI DELLA BOCCONI, MILANO BATTE ROMA 102 A UNO

Da un mese, giornali e tv dedicano ampio spazio all’inchiesta giudiziaria su Mafia Capitale, che ha suscitato grande clamore anche all’estero. Ieri perfino il Financial Times si è occupato della vicenda, giudicandola come l’ennesima conferma della «profonda corruzione che caratterizza l’Italia». Tutto vero, purtroppo. La classifica mondiale più recente della corruzione, stilata da Trasparency International, colloca l’Italia al 69.mo posto, preceduta da Paesi come Montenegro, Macedonia, Giordania, Arabia Saudita, Cuba, Slovacchia e Ghana. In Europa, siamo confinati agli ultimi posti, allo stesso livello della Romania: peggio di noi fanno solo Bulgaria (77.mo posto) e Grecia (80). Mentre Germania (12) e Francia (17) sono piazzate tra i Paesi più virtuosi.
A farci precipitare così in basso, tuttavia, non è stata l’inchiesta su Mafia Capitale, che per ragioni di tempo non è ancora entrata nelle statistiche. Il merito (anzi, il demerito) si deve piuttosto alle inchieste sulla penetrazione delle mafie nel Nord Italia, ormai talmente numerose da avere suggerito a un docente della Bocconi, il professor Alberto Alessandri, lo spunto per una ricerca di carattere scientifico, come premessa di un vero e proprio osservatorio sulla penetrazione e sul peso della criminalità mafiosa nell’economia dell’area più sviluppata e ricca del Paese. Il risultato è sorprendente (anche se il confronto è solo nostro): a Milano c’è molta più mafia che a Roma.
Per documentarsi, il professor Alessandri e il suo team (i ricercatori del Dipartimento di studi giuridici Angelo Sraffa, più quelli del Centro di ricerche europee sul diritto e la storia dell’impresa Ariberto Mignoli) hanno chiesto e ottenuto dal Tribunale di Milano di poter esaminare i fascicoli dei procedimenti per associazione mafiosa (416 bis del codice penale) aperti presso lo stesso tribunale nel decennio 2000 – 2010, periodo ritenuto congruo per valutare le tendenze criminali nei vari settori. Il primo dato emerso è che i procedimenti per mafia aperti a Milano in quei dieci anni sono stati 102, dei quali solo 64 sono stati sottoposti a un esame analitico dai bocconiani, poiché sugli altri vi sono indagini giudiziarie ancora in corso.
Risultato: in dieci anni, a Milano sono state indagate o imputate per mafia 869 persone. Per la maggior parte, si trattava di criminali che esercitavano anche un’attività imprenditoriale, mentre gli imprenditori «originariamente tali» finiti nelle indagini sono stati 17 in tutto. I settori di attività in cui operavano queste associazioni criminali, spiega il professor Alessandri, erano per oltre il 50% «tradizionali, a bassa tecnologia, legati al mondo dell’edilizia, dei rifiuti, ma anche attività di intrattenimento, commerciali e servizi». Tutti settori nei quali le varie mafie cercavano di riciclare i ricchi proventi di attività illecite, come il traffico di droga e di armi, lo sfruttamento della prostituzione, l’usura, l’estorsione e il traffico di esseri umani.
In tutti i parametri della ricerca, la principale origine mafiosa che emerge è quella della ’ndrangheta calabrese. Nei processi già pervenuti a sentenza, il tasso di dichiarazioni di non luogo a procedere o di assoluzioni «è stato modestissimo», a dimostrazione delle «solide basi probatorie» raggiunte con le indagini. A questo risultato, però, se ne affianca un altro, più «preoccupante»: il calo, nel tempo, dei procedimenti penali per associazione a delinquere di stampo mafioso, tanto in Lombardia quanto nelle Regioni d’origine. Un dato che «potrebbe segnalare una sorta di efficace mascheramento delle associazioni criminali, nonostante la sempre maggiore professionalità ed esperienza degli organismi investigativi».
La ricerca dei bocconiani, per ora, non va oltre, e si impegna a mettere i risultati definitivi a disposizione di un «osservatorio permanente sull’infiltrazione della criminalità mafiosa nel Nord, aperto alla collaborazione di enti e associazioni, che possa offrire, almeno in parte, strumenti conoscitivi alle autorità politiche e di governo, nel compito di fronteggiare un fenomeno così preoccupante». Inevitabile un confronto con Mafia Capitale. Lungi da noi l’idea di sminuire il lavoro della procura romana, ma il numero dei fascicoli sui procedimenti mafiosi dice che, in questa brutta partita , Milano batte Roma 102 a uno. Mentre le persone indagate per mafia sono più numerose a Milano (869) che a Roma (un centinaio).
Quanto all’entità delle risorse in gioco, pur in assenza di dati definitivi per un confronto, si può dire che a Roma il malaffare ha riguardato poche decine di milioni di euro, sottratti ai bilanci comunali dai malavitosi e dai funzionari infedeli loro complici (oltre a qualche politico), mentre a Milano, in vari settori dell’economia, sono stati «riciclati» dalla ’ndrangheta parecchi miliardi, attingendo a un fatturato annuo stimato in 44 miliardi di euro per la sola mafia calabrese, su un totale di 150 miliardi di tutte le mafie. Insomma a Milano, nei gangli dell’economia e della finanza, è stata trovata molta più mafia criminale che a Roma. E constatarlo non significa certo sminuire la gravità della situazione generale. Anzi.
Tino Oldani, ItaliaOggi 24/12/2014