Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  dicembre 19 Venerdì calendario

BABBO NATALE - C’è

rosso dappertutto, sul soffitto, sul pavimento, sui davanzali e le pareti. Sembra lo studio di un artista scoppiato che ha dato di matto con il colore. In realtà, siamo nel cuore della vera e unica fabbrica di Babbo Natale, nella città cinese di Yiwu. Ci piace immaginare che il Natale sia “fabbricato” da una squadra di elfi che martellano chiusi in una capanna di legno da qualche parte nel Circolo Polare Artico. Ma con molte probabilità le tue allegre decorazioni rosse e verdi vengono proprio dalla grigia città di Yiwu, 300 km a sud di Shanghai, dove non c’è un albero (vero), né un fiocco di neve (sempre vero). Battezzata "il villaggio di Natale della Cina", Yiwu è la casa di 600 fabbriche che sfornano oltre il 60% di tutte le decorazioni e gli accessori natalizi del mondo, dagli alberi illuminati in fibra ottica ai cappelli di Santa Claus. Qui gli "elfi" sgobbano 12 ore al giorno per un massimo di 300-400 euro al mese. E non sanno manco bene cosa sia in realtà questo Natale. «Forse è tipo il capodanno cinese per gli stranieri», dice Wei, un operaio di 19 anni arrivato dalla provincia rurale di Guizhou. Insieme al padre, lavora tutti i giorni nella tana schizzata di rosso. Spesso gli “elfi” indossano cappelli da Babbo Natale (non certo per spirito di festa, ma per coprire i capelli dalla vernice) e mascherine per non respirare la polvere. La città è un paradiso commerciale, una fiera tentacolare dove le strade sono labirinti ricoperti di luci al neon, alberi di Natale di plastica, fiori artificiali e giocattoli gonfiabili. Un monumento ansante al consumo globale