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 2014  dicembre 19 Venerdì calendario

PROCESSO LENTO PER IL TANGENTISTA DELLA SALUTE

Una di quelle notizie che ti lasciano senza parole. La leggo su La Stampa a firma di Paolo Colonello: «Ci sono, in Italia, una ventina di persone che ogni anno muoiono di Aids o Epatite C per aver fatto trasfusioni di sangue o infusioni di plasma negli Anni 80. Bambini di 4 anni ammalati di Hiv o sedicenni con il fegato devastato dall’epatite se ne sono andati nel silenzio più assoluto con l’unica colpa di essere nati emofiliaci e di aver avuto bisogno di trasfusioni e plasma venduto da aziende che “non avevano controllato”, grazie ad autorizzazioni di chi “era venuto meno ai doveri di sorveglianza”». Il riferimento è al caso di Duilio Poggiolini, ex direttore generale del servizio farmaceutico. Processato e condannato per corruzione: lui e la moglie accettavano tangenti e regali dagli industriali del farmaco e in cambio assicuravano favori sulle procedure d’approvazione dei loro prodotti. Dopo due mesi di latitanza, fu arrestato il 23 settembre 1993 in una clinica privata di Losanna dove era ricoverato sotto falso nome (restò in carcere a Poggioreale per sette mesi). Una settimana dopo, nella villa della moglie Pierr Di Maria, fu rinvenuto il famoso “tesoro Poggiolini”: gioielli, lingotti d’oro, monete rare, quadri, diamanti e 10 miliardi in titoli di Stato nascosti all’interno di un puff. Nell’aprile 2012 la Corte di cassazione condannò lui e l’allora ministro della Salute Francesco De Lorenzo a un risarcimento allo Stato di oltre 5 milioni di euro ciascuno. Nel 2008 fu rinviato a giudizio nell’inchiesta napoletana sul plasma infetto che avrebbe causato 2.605 morti tra il 1985 e il 2008.

Difetto di notifica. Il processo inizierà il 5 gennaio prossimo a Napoli e prenderà in esame soltanto i casi di 8 vittime (gli altri sono stati a mano a mano prescritti). L’accusa contestata è di concorso in omicidio colposo. La posizione di Poggiolini fu stralciata per un difetto di notifica da quelle di altri dieci imputati, amministratori di case farmaceutiche italiane. Come mai un simile ritardo? Molto semplice: tra rinvii, dichiarazioni d’incompetenza territoriale e, appunto, clamorose negligenze dei pubblici ministeri (errori di notifica, di mancato avviso alle parti, inerzia) il processo è ancora lì che aspetta. Il procedimento ha avuto un iter complesso: dopo le indagini avviate dalla Procura di Napoli all’inizio degli anni Novanta gli atti furono trasmessi a Roma, poi al Tribunale di Trento e successivamente nuovamente trasferiti nel capoluogo partenopeo. E intanto sono passati vent’anni. Poggiolini ha 85 anni, la condanna, qualunque essa sia, non lo toccherà più di tanto. La sua avidità è imperdonabile, ma se la macchina della giustizia italiana funziona in questo modo, ai parenti delle vittime resteranno ancora lacrime per piangere?