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 2014  dicembre 17 Mercoledì calendario

LA FAMIGLIA PIÙ CIVATIANA D’ITALIA

Qual è la famiglia più civatiana d’Italia? Quella del Professore. Lui non fa mistero delle sue simpatie per l’oppositore di Renzi anche se, da padre nobile del Pd, preferisce tenersi in disparte rispetto ai litigi interni. Ma ci sono almeno due ragioni che uniscono Romano Prodi a Pippo Civati: il Professore non ha mai digerito il siluro scagliatogli contro dai 101 in occasione dell’elezione del presidente della Repubblica e Civati ne ha interpretato il pensiero individuando nell’area renziana lo zoccolo duro dei cecchini, nell’occasione alleati coi dalemiani.
Nessuno dei 101 ha finora avuto il coraggio di fare outing, tanto che quella lista è uno dei segreti meglio conservati in un Paese invece colabrodo su questioni anche più importanti. Forse solo un intervento del procuratore romano Giuseppe Pignatone potrebbe individuare i colpevoli_.
Il secondo motivo dell’embrasson nous tra Prodi e Civati è la bandiera dell’Ulivo, sbandierata da Pippo e ancora nel cuore di Romano. Il Professore sa bene che il quasi-isolato Civati si fa forza citando un giorno sì e l’altro pure il suo nome e quello dell’Ulivo. Tutti sanno che la minaccia di scissione da parte di Civati è una pistola scarica e non lo filano ma quando, come l’altro giorno in direzione Pd, cita il padre nobile, la platea alza l’orecchio. Il suo appeal sta tutto qui, tanto che la stessa portavoce (nonché parlamentare) di Prodi, Sandra Zampa, fatica a fare il suo mestiere perché è continuamente spiazzata dalle esternazioni del prodipensiero in versione Civati. Il quale ora canta vittoria per l’incontro tra Prodi e Renzi. Era stato lui a sollecitarlo nel suo intervento in direzione. E adesso gongola: «È un bel segnale». C’è da credergli: lui ha tutto da guadagnare da un ritorno di Prodi sulla scena politica quotidiana.
Inoltre Civati può contare sull’appoggio della famiglia del Professore. Sabato scorso, quando ha coordinato, a Bologna, la convention dei suoi supporter, in prima fila c’era Vittorio Prodi, fratello del Professore, ex-presidente della Provincia di Bologna, ex-europarlamentare. Con tanti baci e abbracci. Il suo civatismo lo spiega così in un’intervista a Repubblica: «Chi ha nostalgia dell’Ulivo ripensa a un’esperienza corale, a un movimento che era il prodotto di una comunità, e non di una persona sola. Il Pd non è certo l’Ulivo,e si inserisce in un mondo neo-liberista. Penso che Matteo Renzi sia pieno di qualità ma avrei preferito che facesse le cose con più tempo e calma». Quanto al fratello: «Romano sarebbe certamente un ottimo presidente della Repubblica».
Il cerchio magico di Civati targato Prodi si compone anche della nipote del Professore, Silvia, figlia di Quintilio, il fratello di Romano, ingegnere nucleare, dipendente di una società che gestisce progetti internazionali, neo-eletta nel consiglio regionale dell’Emilia-Romagna, inserita in lista quale rappresentante della corrente civatiana emiliana. E’ stata tra le organizzatrici della convention di sabato, dove ha svolto le funzioni di gran cerimoniere per Civati ed è tra i politici emergenti pidiessini, seppur in dissenso con Matteo Renzi. È tra i primi firmatari del manifesto della convention (“va costruita un’alleanza con tutto ciò che di sinistra e di moderno c’è in Europa, da Podemos a Tsipras, dai verdi ai socialisti”) che non risparmia una frecciata a Renzi: «Il semestre europeo italiano non è stato proprio irresistibile». Ha pure partecipato, a braccetto di Civati, allo sciopero Cgil: «Credo nel dialogo con le parti sociali», dice, «e tra queste non possono non esserci il sindacato e i lavoratori, da sempre base e interlocutori indispensabili per un partito di sinistra. La politica non deve avere paura di confrontarsi con punti di vista e opinioni diversi e anzi deve cercare di sfruttare queste occasioni per impostare un dialogo costruttivo, in un’ottica di coesione sociale, soprattutto sui punti più controversi. La crisi del mondo del lavoro ha raggiunto un livello tale per cui non c’è spazio per le prese di posizione pregiudiziali».
Fratello e nipote, ma non poteva mancare uno dei figli, Giorgio, docente di economia all’università di Ferrara, attivo nel gruppo ResetPd, dove la parola d’ordine è: resettare il partito dai vecchi dirigenti. Alcuni sono confluiti, nel tempo, nel renzismo altri sostengono Civati. Il giovane Prodi non ha dubbi: «Qui c’è il vero Pd». E aggiunge: «Qui c’è chi ha meno storia sulle spalle, è più importante il futuro che si ha davanti piuttosto che la storia che si ha alle spalle. Altrimenti il partito, ma anche il Paese, è morto».
Un clan potente, com’era un tempo quello dei Kennedy negli Stati Uniti, con un’intera dinastia impegnata in politica. Tutti insieme appassionatamente, dietro a Civati, rimasto l’unico profeta dell’Ulivo. Con in più una specie di parente adottata, la portavoce Sandra Zampa, che ormai fa parte del clan, tanto da commentare senza rossore: «Mi risulta che il tema della presidenza della Repubblica non sia stato oggetto del faccia a faccia con Renzi».
Infine la moglie, Flavia Franzoni, più impegnata sul fronte sociale che su quello politico, ma influente consigliera del marito e sostenitrice, oltre che amica fraterna, sul piano locale dell’assessore comunale al welfare, Amelia Frascaroli, per la quale ha fatto la campagna elettorale. La Frascaroli si colloca al confine tra Civati e Sel. Proviene dal mondo della Caritas, cattolica ma favorevole alle unioni tra gay, 5 figli. L’assessore incarna l’ulivismo civatiano: un po’ di sociale moderno, un pizzico di bertinottismo ante-litteram, tanta fiducia in papa Francesco, l’ambizione a raddrizzare l’economia intrecciando Keynes e Tsipras, tendendo all’efficienza senza strizzare le tasche dei contribuenti. Sono decine gli incontri pubblici che Flavia Franzoni ha avuto con Civati (e la Frascaroli). Una sintonia perfetta. Tanto che alcune delle proposte sul sociale del duo Franzoni-Frascaroli sono state pedissequamente riproposte da Civati nei suoi documenti congressuali.
Non dimentichiamoci che l’Emilia è la terra di don Camillo e l’onorevole Peppone. Il consociativismo qui è di casa. Un renziano doc come il neo-presidente della Regione, Stefano Bonaccini, che Renzi chiamò al suo fianco in segreteria nazionale e lo stesso segretario lo ha fortemente voluto candidato alle recenti elezioni, sostiene senza riserve il Professore: «Di Prodi ho tutta la stima possibile. È sempre stato uno dei miei punti di riferimento nell’agire politico». Un giudizio condiviso pure dall’emiliano Graziano Delrio, sottosegretario alla presidenza del consiglio, presente al rendez vous tra Renzi e Prodi.
Di qui al traguardo del Quirinale la strada è lunga: Civati ha promesso di fare il bravo per non intralciare la marcia e intanto fa pressing sui grillini, che ieri hanno rinviato al mittente l’ipotesi-Prodi ma non si sa mai, e col Pd compatto più i voti di Sel e quelli grillini il candidato passa, asfaltando il centrodestra. E il clan arriverebbe alla più alta carica dello Stato.
Giorgio Ponziano, ItaliaOggi 17/12/2014