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 2014  dicembre 17 Mercoledì calendario

PRESIDENTE E MERCATI, GRECIA ANCORA ARBITRO D’EUROPA

Ó fóbos, la paura, cammina in punta di piedi, scivola sui monitor degli operatori di Borsa, filtra attraverso le maglie degli istituti statistici, aggira sondaggi, premonizioni, bilanci di previsione e si nasconde dietro lo sguardo imperturbabile dei grandi banchieri. Ma i primi ad aver assaggiato la paura, sono proprio loro, i signori del credito e dei Fondi, i grandi compratori di titoli sovrani. In questi giorni in cui le Borse precipitano per la frana inesorabile del rublo e per il catastrofico ribasso del prezzo del greggio gli occhi di tutti sono puntati su tre date, quella di oggi, quella del 23 e quella del 29 dicembre. È su questo stretto sentiero che la Grecia si giocherà tutto e di rimbalzo l’Unione Europea saprà se il 2015 sarà l’anno di una possibile ripresa o l’inizio dell’incubo. Le cifre si incaricano di anticipare la più fosca delle profezie e in questa cabala giocata sui bond (ma qualcuno li gioca anche sui 49 numeri della versione ellenica del lotto) sono più eloquenti di ogni discorso: fino a poco tempo fa i rendimenti dei titoli di Stato di Atene erano al 5,5%, oggi hanno superato il 9. Molto convenienti per alcuni speculatori a breve termine, ma indizio trasparente di un’inquietudine che corre sul filo della politica e prefigura uno scenario di acuta turbolenza.
L’epicentro del sisma che può scuotere l’Europa si chiama Syriza, il partito di Alexis Tsipras che i sondaggi danno favorito in caso di elezioni anticipate. Elezioni che sono teoricamente alle porte. La prima votazione per eleggere il nuovo presidente della Repubblica non raggiungerà verosimilmente il quorum necessario. Ce ne sarà una seconda due giorni prima di Natale e anche in questo caso sarà difficile per Stavros Dimas, il candidato del premier Antonis Samaras, ottenere la maggioranza richiesta. Lunedì 29 dicembre, ultimo possibile appello, il quorum scenderà a tre quinti, cioè a 180 voti. Se anche questo appello fallirà il Parlamento verrà sciolto e saranno convocate elezioni legislative anticipate. «Dimas – dice Nicos Pappas, fidato portavoce di Tsipras – è un candidato impresentabile: è stato commissario europeo per l’Ambiente ed è colluso con quel giro di eurocrati che noi vogliamo combattere e che sconfiggeremo. Ma la gente deve rassicurarsi, non si parla di uscire dall’euro come dicono alcuni. In Europa non prenderemo decisioni unilaterali, manterremo i conti pubblici a posto e spenderemo soltanto quello che riusciremo ad incassare». Un programma che può sedurre l’elettorato greco e al tempo stesso far tremare l’Europa. Perché Syriza, partito dichiaratamente anti– austerity, in caso di vittoria punta senza ambiguità a una rinegoziazione del debito. Il che per gli investitori significherebbe una perdita secca dovendo rinunciare a una parte del prezzo delle obbligazioni acquistate.
«L’austerità, i compiti a casa inflitti dalla Germania, il cappio che la troika ci ha messo al collo non sono serviti a niente - dice il banchiere d’affari Alexis Lodi -. A quali risultati ha portato una “taglia” del 22 per cento sui salari minimi (che da 751 euro sono scesi a 600) a cosa è servito innalzare certi ticket sanitari da 1 a 60 euro, mettendo così centinaia di migliaia di persone nell’impossibilità virtuale di curarsi? A un tasso di disoccupazione del 20,9% e quella giovanile oltre il 50, a un rapporto debito/Pil che arriva al 165% e a un crollo del Pil del 25%, ecco a cosa sono serviti. La cura tedesca, amico mio, non ha funzionato per niente, anche se qualcuno oggi, come Moscovici, finge di lodare la Grecia perché i conti stanno, ma direi meglio: starebbero, tornando in ordine». Non a caso nel programma di Syriza c’è una drastica rimodulazione del famigerato Memorandum che il Fondo Monetario Internazionale, la Bce e la Commissione Europea avevano concordato con Atene. «Le priorità di Tsipras – spiegano nel quartier generale di Syriza – sono chiare e semplici: risolvere la crisi umanitaria nel Paese, riavviare l’economia, riconquistare posti di lavoro, trasformare democraticamente e istituzionalmente il sistema politico». La stampa greca lo ha ribattezzato Programma di Salonicco. In attesa del primo voto sul presidente in tutta Europa si compulsano cifre e sondaggi. Syriza è dato in vantaggio sul partito di governo, Nea Demokratia, e gli analisti attribuiscono al partito di Tsipras almeno il 34%, che corrisponde – considerando il premio di maggioranza che il sistema elettorale greco assegna alla formazione più votata – ad almeno 144 seggi. Non abbastanza per governare (ce ne vogliono per lo meno 150), ma abbastanza per attirare qualche formazione minore come i “Greci indipendenti”, che potrebbero portare in dote una decina di seggi. «U na maggioranza esigua – dice l’analista Aristides Konyakoulos –, ma da un po’ di anni noi greci ci siamo abituati a maggioranze risicate, a governi tenuti insieme con lo scotch, a programmi e scenari apocalittici, che poi debbono fare i conti con la realtà.
Una cosa però è certa: a tenere in piedi il Paese è solo il sostegno messo in atto da Mario Draghi: iniezioni di moneta, acquisti di bond, tamponi e medicamenti per rabberciare un’economia che la sferza dell’Europa ha ridotto ai minimi termini. In realtà, nel tessuto economico ellenico non è cambiato niente, siamo malati come prima. In quello sociale invece sì e le ferite si vedono».
È tutto vero. L’inverno alle porte rischia di mostrare anche quest’anno il suo volto più feroce: molti ateniesi si preparano di nuovo a bruciare legna vecchia, sedie recuperate in cantina, piccoli mobili e oggetti per difendersi dal freddo. Soldi per la nafta della caldaia in molti casi non ce ne sono e il cielo sopra Atene, Corinto, Salonicco si riempirà nuovamente di un lezzo sgradevole che sa di povertà e di sventura.
«La crisi degli ultimi giorni assume notevoli dimensioni – dice il governatore della Banca Centrale di Grecia ed ex ministro delle Finanze Yannis Sturnaras –. La liquidità nelle banche sta diminuendo velocemente e il rischio di una interruzione della marcia di sviluppo del Paese appena iniziata è grande, come grande è anche il pericolo di un danno irreparabile per l’economia greca». Sturnaras preferisce non dire che uno studio della Goldman Sachs non esclude la possibilità che per tranquillizzare i creditori internazionali la Bce interrompa i flussi di denaro alle banche greche, le quali a loro volta bloccherebbero la possibilità per i correntisti di effettuare prelievi consistenti e spostare denaro altrove. Esattamente ciò che è accaduto a Cipro nella primavera del 2013 o nella Crimea annessa da Putin nell’aprile scorso. Senza contare che nel 2015 Atene avrà bisogno fra i 6 e 15 miliardi di euro in più per far fronte ai propri impegni.
Anche Moody’s è pessimista: non crede che il presidente raggiungerà il quorum e nemmeno che la Grecia potrà rimborsare del tutto i propri debiti. E con il passare delle ore il passo di marcia della paura si fa sempre più marcato.