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 2014  novembre 04 Martedì calendario

IL MERCATO DEI DONATORI DI SPERMA VA ONLINE

Il divieto di fecondazione eterologa della legge 40 è incostituzionale. Lo ha stabilito la Consulta ormai sette mesi fa, ma non tutto ancora è risolto. Anzi. Nonostante i centri di procreazione medicalmente assistita si siano detti subito pronti a partire con i programmi di fecondazione eterologa, resta ancora da risolvere un problema fondamentale: dove trovare gli spermatozoi e gli ovociti dei donatori.
Dopo un mese dalla pronuncia della Consulta, oltre 5mila coppie italiane avevano già presentato la richiesta di ricorrere alla eterologa. Ma le banche del seme sono ancora vuote. La legge 40 vietava la donazione. E mentre il ministro della Salute sta ancora riflettendo sulla necessità o meno di una legge che regoli la materia (idea non condivisa dalle Regioni e neanche dalla Corte Costituzionale, a dire il vero), qualcuno trova la soluzione nella donazione e fecondazione fai-da-te: si cerca un donatore su Internet, ci si incontra e si tenta l’inseminazione. È già successo in questi dieci anni di divieti e restrizioni della “legge burqa” (come Le Monde definì la legge 40), continua a succedere anche oggi che l’eterologa è legale. Sia perché non è legale per tutti - possono accedervi solo coppie eterosessuali, quindi niente omosessuali, sposate o conviventi e solo con sterilità comprovata al 100 per cento – sia perché non abbiamo ancora capito come gestire la donazione, se non rivolgendoci alle grandi banche internazionali. Ma anche qui ci sono aspetti legislativi tutti da risolvere.
Donazione fai da te Intanto, in Rete un’alternativa alle banche del seme esiste già. Facebook, siti web e forum sono diventati piazze di incontro per la domanda e l’offerta di spermatozoi (molto più semplice rispetto alla donazione di ovociti femminili). Si mette un annuncio, ci si incontra e tutti i divieti e le procedure burocratiche sono superati.
Jens, nome di fantasia, è uno studente universitario di 24 anni e due anni fa ha creato il gruppo Facebook “Donazione di seme: dono di vita”, che mette in contatto donne alla ricerca di una gravidanza e uomini disposti a donare i propri spermatozoi. «Nel 2011 lessi un articolo su una delle banche del seme più grandi al mondo», racconta. «Pensai di farlo anch’io, magari quando sarei andato in Erasmus. Poi ho scoperto che esisteva il fai da te. Allora in Rete c’era solo qualche annuncio, ma era soprattutto gente che cercava soldi e rapporti sessuali». Un anno dopo decide così di aprire la pagina Facebook. «Per fare ordine», dice. Da allora, i bambini nati con il suo seme sono stati nove, mentre due gravidanze sono attualmente in stato avanzato. «L’ultimo mese è stato fortunato e mi sono arrivate le notizie di quattro nuove gravidanze», racconta.
Una volta stabilito il contatto tra la donna e il donatore, «in genere mi vengono richieste le analisi di base e lo spermiogramma», racconta Jens, per assicurarsi che non ci siano malattie di contagio, dall’Hiv all’epatite, o problemi genetici. La legge italiana vieta che ci sia una commercializzazione dei gameti, e quindi farsi pagare per donare il proprio seme non è legale. «Alcuni forniscono solo un rimborso spese per il rinnovo delle analisi o per gli spostamenti», spiega Jens, «ma io tendo a non muovermi e a prendere gli appuntamenti nella mia città». Poi ci si accorda sul giorno giusto per l’inseminazione, in base alla ovulazione della donna. La donazione può essere “artificiale”, tramite provetta, che è la formula più comune. «Si prende un barattolo sterile di quelli per le urine che si trovano in farmacia e una siringa di 5-10 millimetri. Il donatore lascia il seme nel barattolo chiuso, poi la donna lo aspira con la siringa e lo inietta nella vagina». Ma c’è anche la “donazione naturale”, cioè tramite un rapporto sessuale vero e proprio. «Anche a me è capitato», racconta Jens, «ma deve essere la donna a deciderlo perché preferisce una tecnica più naturale, magari dopo trattamenti invasivi falliti, o perché pensa che sia più efficace». E quando la fecondazione è “al naturale”, ovviamente «ci può essere un’aggiunta di denaro facoltativa, ma è sempre la coppia a decidere se vuole lasciarla o meno».
Alla donazione fai da te si rivolgono «coppie eterosessuali che non possono permettersi di andare all’estero per accedere alla eterologa, o anche perché preferiscono conoscere di persona chi dà il 50% del Dna al proprio figlio, cosa che non avviene con una banca del seme». E poi ci sono anche coppie lesbiche e donne single, per le quali la fecondazione da un donatore è ancora vietata. «Mi è capitato di avere rapporti sessuali con tutte e tre le categorie, anche con le donne sposate», dice Jens, «ci sono casi in cui il compagno della donna è consenziente».
Come è avvenuto una coppia pugliese, che si è rivolta al gruppo nel 2012. Dopo due tentativi di inseminazione in Spagna senza risultati, alla fine è bastata una ricerca su Internet con le parole “donazione fai da te”. Nonostante il donatore vivesse in una città del Centro Italia, decidono di incontrarlo e fare un tentativo. Lei, dopo un rapporto sessuale, resta subito incinta e nasce un maschietto con parto naturale. Dopo 18 mesi, pensano di ritentare. E anche il secondo tentativo riesce. In molti casi, alla donazione fai da te ci si rivolge dopo diversi tentativi non riusciti. All’estero, specie tra le coppie lesbiche, la donazione di sperma privata è più comune. In Italia, invece, per molti è un po’ l’ultima spiaggia. È il caso di una coppia di due donne, che si è rivolta al gruppo gestito da Jens dopo tre tentativi di fecondazioni in vitro in Spagna falliti. Tanti soldi spesi e un bombardamento ormonale estenuante, raccontano, che è anche pesante psicologicamente. Ma al secondo tentativo del fai da te in provetta, raggiungono l’obiettivo.
Al gruppo Facebook “Donazione di seme” hanno aderito sette donatori italiani e altri dall’estero. Qualcuno fa su e giù anche dall’Olanda e dalla Germania (in questo caso i rimborsi si fanno più alti). «Faccio una selezione rigorosa», dice Jens, «perché a volte si presenta gente che cerca solo soldi, scambismo o rapporti sessuali». Tra gli ultimi donatori arrivati c’è Max, insegnante milanese single e padre di un ragazzo di 21 anni. «Sono diventato riproduttore perché credo che la natura ci metta a disposizione strumenti di aiuto antichi che la cultura solo lontanamente imita», racconta. «Mi riferisco a tutta la pippa mentale sulla fecondazione eterologa, come se non fosse sempre esistito storicamente l’extraconiugale. Le donne sono realizzate dal coronamento del sogno di diventare madri, anche quelle che per vari motivi non vogliono avere un uomo in casa. Rispetto questa loro esigenza e sono disposto a dare loro dei figli tenendomi a discreta distanza. Con la vita che faccio sarei un padre molto assente e quindi tutto sommato è molto meglio così anche per me». Nei prossimi giorni Max farà la sua prima donazione. «Finalmente alcune ragazze della pagina sono vicine al momento fertile del ciclo e coincidono i giorni con gli impegni di lavoro». Ma «niente sesso», precisa, «solo barattolo». Marco, invece, è sposato, ha figli, e nella vita fa la guardia giurata. Lui racconta che è diventato «donatore perché mia moglie non voleva più figli e perché attraverso varie donazioni ho l’opportunità di dare una grande continuità genetica alla mia famiglia». Nel suo caso, i metodi usati sono entrambi, sia con il barattolo sia con rapporti sessuali. «Al momento ci sono delle gravidanze in corso», dice, ma non ancora nascite. «Sono consapevole che una donna madre può avvalersi su di me per quanto riguarda il mantenimento del bambino», dice. Anche se uno degli accordi informali del gruppo è il non riconoscimento paterno dei nati, che assumono il cognome della madre biologica. «Ma non ci sono tutele legali», ammette Jens. «Una preoccupazione delle donne è che il donatore possa rivendicare sul bambino diritti parentali. A chi mi chiede questo rispondo sempre che vari donatori qui hanno già più di dieci figli biologici avuti da donazione, per cui mantenerli tutti sarebbe assurdo». Ride. E quando gli ricordi che anche la donna potrebbe chiedere il mantenimento ammette: «Sì, infatti ci vuole un po’ di coraggio a fare questa cosa».
I contatti, a inseminazione avvenuta, di solito si interrompono. Ma può anche capitare che il donatore continui a scambiarsi informazioni con le madri. «Dipende dalla volontà della coppia», racconta Jens, «c’è chi mi contatta spesso, chi poco o chi niente, chi mi manda le foto dei bambini. Alcuni dei nati li ho anche incontrati. Con una coppia mi è capitato di fare la donazione per due volte. La seconda volta, il marito aspettava nel salotto dell’appartamento affittato col bimbo. Quando sono uscito, c’era il bambino nel passeggino, mi sono avvicinato e l’ho visto. Aveva questo cappellino grigio, da cui spuntava una frangetta biondiccia e aveva gli occhi uguali a me da piccolo. È stato impressionante».
Oltre a diversi gruppi su Facebook, facendo un giro in Rete si trova anche un sito italiano che permette l’incontro tra donatori di sperma e donne in cerca di una gravidanza. Si chiama co-genitori.it, e prevede la possibilità di non fermarsi alla semplice donazione, condividendo anche la crescita e l’educazione del figlio. Tra gli ultimi annunci, c’è quello di una donna di 30 anni di Lecce che scrive: «Desidero diventare madre e cerco un uomo con cui crescere ed educare il mio bambino! Cerco massima serietà... credo in questo sogno e vorrei realizzarlo. Inoltre mi piacerebbe instaurare col padre di mio figlio una bella amicizia e rispetto reciproco». Ma c’è anche chi scrive: «Sono gay e mi manca avere un figlio. Vorrei una donna per essere genitore, solo per quello». C’è anche una coppia veneta che chiede aiuto per avere un bambino: «Siamo una coppia di 39 anni da molti anni alla ricerca di un bimbo ma avendo scoperto problemi di sterilità di lui ora cerchiamo un donatore serio, affidabile e gratis, e possibilmente nelle nostre zone». E un ragazzo di Lecco che si offre come donatore: «Sono un ragazzo di 32 anni, ho una compagna che non vuole avere figli e allora vorrei almeno aiutare chi desidera averne donando il mio seme, sono una persona onesta e non cerco soldi». Le risposte agli annunci sono immediate e numerose. Raccontano di trattamenti ormonali, fecondazioni in vitro, viaggi all’estero, e molti soldi spesi. Tutto per avere un figlio.
L’alternativa alla donazione “di persona” è ordinare il seme direttamente in Rete su siti esteri come Free Sperm Donation Worldwide, una sorta di network di oltre 4mila donatori da tutto il mondo che spedisce direttamente a casa il seme congelato donato gratuitamente, o sui siti delle banche estere. Lo sperma refrigerato nell’azoto liquido o nel ghiaccio arriva a domicilio a un costo che varia in base alle quantità. Non solo: con una spesa di 29 dollari, su Free Sperm Donation Worldwide è possibile anche comprare un kit per l’inseminazione fai da te, che contiene un barattolo per lo sperma, una siringa, e i test di fertilità e gravidanza, oltre a una sorta di documento di accordo con l’eventuale donatore. Una sorta di guru della donazione fai da te in Rete è Joe Donor, nome d’arte di un donatore di sperma che sulle tecniche di autoinseminazione ha scritto da poco anche un ebook, tradotto anche in italiano con il titolo Guida per la donazione di seme gratis: dentro si trovano consigli su come scegliere il donatore su Internet e dove incontrarlo, confronti tra l’inseminazione artificiale classica e quella fai da te, quando farla e come farla.
Le banche italiane sono vuote Ora che in Italia la fecondazione eterologa è diventata legale, molti donatori non vogliono fermarsi al fai da te. «Ho già inviato alcune email alle banche del seme italiane e svizzere per capire come funziona», dice Marco. E anche Max racconta: «Mi sto informando sul Veneto e sulla Toscana, che hanno leggi interessanti in proposito».
Il problema è che il capitolo delle donazioni formali in Italia è ancora tutto da scrivere. «Ci sono ragazzi che hanno detto di essere disponibili», dice Andrea Borini, presidente della Società italiana di fertilità e sterilità (Sifes). Ma non ci sono ancora linee guida o regolamentazioni che stabiliscano come la donazione debba funzionare in termini di reclutamento e rimborsi. Le banche del seme italiane, al momento, «contengono campioni seminali conservati in passato solo per motivi di salute e non come donazioni», dice Borini. «In teoria sarebbero utilizzabili. Ma magari sono stati donati da chi aveva un linfoma prima di iniziare la chemioterapia, quindi di fretta e senza fare gli accertamenti richiesti ora, e dunque non sono utilizzabili. Vale la stessa cosa per migliaia di ovociti congelati in tutta Italia. Gli standard medici richiesti ora sono altri rispetto al passato e quindi non si possono donare».
La soluzione potrebbe essere l’importazione di gameti dalle grandi banche internazionali, come la danese Cryolab, che offrono garanzia e certificazioni mediche. È quello che ha fatto l’ospedale Careggi di Firenze per le prime fecondazioni eterologhe: in assenza di donazioni disponibili ha acquistato i gameti da una banca del Nord Europa. «In teoria si dovrebbe giustificare davanti a un tribunale come è avvenuto questo acquisto», spiega Borini. «C’è un vuoto di regolamenti da affrontare velocemente».
In base alle linee guida approvate a inizio settembre dai presidenti delle Regioni all’unanimità, è possibile tracciare il donatore di ovuli o spermatozoi, per motivi di salute del nato. Inoltre è previsto che, per quanto possibile, si mantenga lo stesso fenotipo della coppia in relazione al colore della pelle, dei capelli e anche rispetto al gruppo sanguigno del bambino. Per i donatori non è prevista alcuna retribuzione economica, ma «forme di incentivazione». «La donazione di cellule riproduttive è atto volontario, altruista, gratuito», si legge, «ma non si escludono forme di incentivazione alla donazione in analogia con quanto previsto per donazione di altre cellule, organi o tessuti, purché non siano di tipo economico». Sono ammesse le donatrici volontarie di ovociti, «donne che in modo spontaneo e altruistico decidono di donare i propri gameti e non si stanno sottoponendo a un trattamento di fecondazione assistita a loro volta», ma saranno avvertite preventivamente dei rischi che la pratica comporta. La donazione degli ovociti, si legge ancora, «richiede stimolazione ovarica con monitoraggio e recupero degli ovociti. Comporta quindi, a differenza della donazione di gameti maschili, considerevoli inconvenienti, disagio, e rischi per la donatrice». Infine la fecondazione eterologa viene sconsigliata alle donne over 50, «per l’alta incidenza di complicanze ostetriche».
Nel documento è stato eliminato il passaggio relativo alla possibilità del nato di chiedere, compiuti i 25 anni, di conoscere l’identità del donatore, previo il consenso di quest’ultimo. «La donazione deve essere anonima (cioè non deve essere possibile per il donatore risalire alla coppia ricevente e viceversa). I dati clinici del donatore/donatrice potranno essere resi noti al personale sanitario solo in casi straordinari, dietro specifica richiesta e con procedure istituzionalizzate, per eventuali problemi medici della prole, ma in nessun caso alla coppia ricevente. I donatori/donatrici non hanno diritto di conoscere identità del soggetto nato per mezzo di queste tecniche e il nato non potrà conoscere l’identità del donatore/donatrice».
Le Regioni si stanno muovendo per stabilire delle linee guida sulla donazione, se e quale rimborso offrire, anche se non tutte ancora hanno deliberato per recepire l’accordo di un tariffario unico siglato dalla Conferenza Stato Regioni. «Non è così difficile», dice Borini, «basta guardare gli altri Paesi europei e capire quale sia il modello giusto». In gran parte del continente la donazione è gratuita e si fa per motivi altruistici, solo in Spagna e in Grecia si dà un rimborso che va dai 900 ai mille euro.
Ci sono diverse domande a cui bisogna dare una risposta. Come avverrà l’arruolamento? Ci sarà una pubblicità progresso o degli annunci? Cosa viene dato in cambio a chi dona? Un compenso economico o un rimborso spese? Un controllo gratuito del suo stato di salute? Una giornata libera dal lavoro come avviene per i donatori di sangue? E si potranno usare i farmaci per la stimolazione ormonale per le dontrici?
Marco Menchini, dirigente della Regione Toscana, la regione prima regione a emanare le linee guida poi riprese anche dalle altre, ha detto nero su bianco: «La benzina verrà ancora dai centri esteri finché non ragioneremo sulle forme di incentivazione per i donatori». Nell’attesa, l’alternativa resta il fai da te.