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 2014  novembre 06 Giovedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - LE BRUTTE PREVISIONI OCSE, LE LOTTE INTORNO A DRAGHI NELL’EUROTOWER


REPUBBLICA.IT
MILANO - Mario Draghi prova a mostrare i muscoli al mercato, dopo essere riuscito a compattare il consiglio della Banca centrale europea, unanime nell’aprire alla possibilità di mettere in campo nuove misure se le difficoltà economiche del Vecchio continente si riveleranno più prolungate del previsto. Una eventualità tutt’altro che remota, visto che per lo stesso governatore nell’Eurozona è in corso "un indebolimento della dinamica della crescita" che indica "una revisione al ribasso della crescita del Pil reale fino al 2016".
Tassi fermi
"Nella riunione odierna il Consiglio direttivo della Bce ha deciso che i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale rimarranno invariati rispettivamente allo 0,05%, allo 0,30% e al -0,20%". Con il solito, stringato, comunicato la Banca centrale europea ha annunciato come da attese che non ci sono novità sul fronte della politica monetaria: i tassi restano all’attuale minimo storico.
Le attese della vigilia
Il board dell’Eurotower è stato caricato di attese nella sua vigilia, soprattutto perché i rapporti tra i governatori sembrano più tesi che mai. Intorno al falco tedesco, Jens Weidmann, secondo molti retroscena si è coalizzata un’opposizione all’operato di Draghi, criticato sia per le scelte di politica monetaria, sia osteggiato per il modo in cui è riuscito a imporre la sua leadership. Una eventuale deflagrazione dei rapporti sarebbe potuta arrivare con la discussione sul quantitative easing, l’acquisto di titoli (anche di Stato) direttamente sul mercato. Una misura che la Fed ha appena sospeso dopo aver drogato di liquidità i mercati (e che ha contribuito a tirare gli Usa per primi fuori dalla recessione) e che la BoJ ha da poco deciso a sorpresa di ampliare. Ma un’arma che non piace a Weidmann e agli altri falchi, anche se per molti analisti ormai è un passo inuttabile, vista anche la continua stagnazione economica e la mancata ripresa dell’inflazione. La stessa Ocse ha suggerito apertamente a Draghi di procedere in tal senso.
Le novità del comunicato
Durante la conferenza stampa dopo il board, Draghi ha rintuzzato gli attacchi. In primis ha sottolineato che il consiglio Bce è "unanime" nel prendere in considerazioni ulteriori misure non convenzionali se si verificasse un prolungato periodo di bassa inflazione. Draghi ha poi sottolineato come la novità odierna, sottoscritta unanimente nel comunicato Bce da tutti i governatori, sia il "mandato allo staff" dell’Eurotower per "prepare ulteriori misure" da utilizzare solo "se necessario". Parole che i mercati accolgono inizialmente con una corsa agli acquisti, salvo poi ritracciare. Il governatore ha comunque placato gli entusiasmi ricordando che gli strumenti dovranno rimanere "dentro il mandato della Bce: se non si tratta di monetizzazione del debito", il requisito è rispettato. "Gli operatori erano attenti a ogni parola sulla spaccatura della Bce", commenta l’analista Vincenzo Longo di Ig Markets. "Al pronunciare il termine ’unanimità’, il mercato ha reagito con un po’ di euforia perché ha visto ridimensionati i timori sulle fratture interne". In definitiva, però, "non ci sono novità sostanziali, motivo per cui si è poi ritornati ai trend di debolezza dei listini già visti nella mattinata".
Il governatore ha confermato quanto già indicato in passato, un elemento che aveva acuito la tensione con i falchi: "Con gli acquisti di covered bond (obbligazioni garantite dall’emittente, ndr) e Abs (prestiti cartolarizzati, ndr), insieme con le aste di liquidità (Tltro) il bilancio della Bce tornerà ad ampliarsi ai livelli di inizio 2012". Significa che la Bce ha indicato un target di bilancio preciso, che si aspetta cioè di ’pompare’ nel sistema un migliaio di miliardi, per tornare appunto ai livelli indicati. Nel dettaglio, il riferimento preciso è al marzo del 2012, all’indomani della seconda asta Tltro: allora si toccò il record storico di espansione del bilancio dell’Eurotower con 3,02 ’triliardi’ di euro.
Nella Bce non c’è Nord e Sud
A chi chiedeva conto delle presunte fratture nella Bce, Draghi ha risposto: "E’ normale che ci siano divergenze, succede nel Fomc della Fed, succede nel Regno Unito e in Giappone, ma la migliore risposta è data dal fatto che la dichiarazione introduttiva, che contiene notizie importanti, è stata approvata all’unanimità". Ha poi voluto precisare che non ci sono "coalizioni" all’Eurotower, e con ancor più forza che "non c’è una linea di demarcazione tracciata tra Nord e Sud dell’Europa" all’interno del direttorio. Anche rispetto alla cena della vigilia, durante la quale sarebbero emerse le incomprensioni con alcuni governatori, Draghi ha invece precisato come la discussione sia stata franca ma costruttiva e nel complesso "sia andata meglio del previsto".
Banca d’Inghilterra
Prima della Bce, anche la Bank of England ha deciso di mantenere i tassi di interesse fermi al minimo storico dello 0,5% nonostante il rafforzamento della ripresa del Regno Unito. Il board della Banca centrale britannica ha inoltre deciso di non pompare ulteriore denaro nell’economia, mantenendo fermo lo stimolo ai 375 miliardi di sterline già iniettati. La BoE ha fatto sapere che potrebbe iniziare ad aumentare il costo del denaro dal prossimo anno, ma alcuni indicatori economici recenti hanno leggermente raffreddato le aspettative. L’inflazione ha rallentato, i salari non mostrano ancora una vera ripresa e il forte balzo dei prezzi delle case ha preso a decelerare. Inoltre sulle scelte della Banca centrale potrebbe pesare la stentata crescita dell’Europa.

SCHAUBLE E GLI INVESTIMENTI PUBBLICI TEDESCHI
BERLINO - Mossa a sorpresa di Wolfgang Schaeuble in quella che appare una mano tesa a Draghi, poco dopo la conferenza stampa del presidente della Bce. Il ministro delle Finanze federale, di solito ritenuto un duro paladino del rigore alla tedesca, ha operato una svolta di 180 gradi e ha annunciato un piano d’investimenti pubblici tedeschi per sostenere crescita economica e occupazione. Berlino pomperà nell’economia reale almeno dieci miliardi di euro dall’anno prossimo, per almeno tre anni, circa 3,3 miliardi ogni anno.
Riusciremo a farlo senza aumentare il debito pubblico tedesco, ha promesso Schaeuble senza spiegare come se la caverà, e senza chiarire se con questo piano di mega-investimenti il governo federale resterà fedele all’obiettivo del conseguimento in corsa del pareggio di bilancio oppure lo dilazionerà nel tempo.
Gli investimenti riguarderanno soprattutto le infrastrutture tedesche, dalla rete ferroviaria a quella autostradale. E’ anche un gap da colmare, dicono al Bundesministerium der Finanzen: negli ultimi 14 anni la Germania ha reinvestito in media solo il 18,4 per cento del suo prodotto interno lordo contro una media europea del 19,2 e tassi particolarmente alti in paesi quali Spagna, Austria o Belgio che vantano tassi di reinvestimento del pil tra il 20,5 e il 24,5 per cento, e quindi contribuiscono (in proporzione al loro pil) ben più della Germania alla congiuntura nell’Unione. Secondo l’istituto economico di Berlino DIW, pesano sulla crescita tedesca investimenti necessari ma non effettuati per circa mille miliardi di euro.
La Germania, intanto, comincia a mostrarsi decisa a muoversi anche su un altro fronte. La ministro del Lavoro signora Andrea Nahles, astro nascente della Spd (socialdemocrazia, partner di governo nella grosse Koalition della CduCsu della cancelliera Angela Merkel) ha annunciato un piano di spese di un miliardo per l’aiuto ai disoccupati da lungo periodo e tentativi di reinserirli nel mercato del lavoro, anche con impieghi sovvenzionati.
Insomma, la Germania predica il rigore e i tagli più duri a tutto il resto dell’Eurozona, ma a casa razzola male. E cioè dopo la pensione a 63 anni e il Mindestlohn, il salario minimo garantito, il governo federale di grosse Koalition (la Cdu della Cancelliera Merkel, il suo partito-fratello bavarese Csu e la socialdemocrazia, Spd) si prepara a lanciare un programma di spesa di ben un miliardo di euro per aiutare i disoccupati di lungo periodo a reinserirsi nel mondo del lavoro.
Proposito lodevole, in linea con le tradizioni del welfare tedesco, forse il più robusto ed esteso del mondo. Però appunto aumenta la spesa pubblica (mentre il disavanzo è in buone condizioni ma il debito tedesco è all’80 per cento circa del prodotto interno lordo e non tende a calare, quindi è ben sopra i parametri di Maastricht, del Patto di stabilità e del fiscal compact) nel paese che chiede agli altri di tagliarla, spesso con la voce grossa, senza riguardo per le tragedie sociali in corso in Grecia dove la mortalità infantile è aumentata del 45 per cento, il ceto medio dà figli in adozione, e malattie antiche come lo scorbuto sono tornate, o in Spagna, in Italia e ormai anche in Francia dove la disoccupazione specie giovanile vola a livelli quasi da terzo mondo.
Il piano è salutato da sindacati e associazioni sociali mentre economisti e ambienti economici ammoniscono contro il pericolo di un aumento di spesa e di una politica ispirata alle sovvenzioni. La ministro Nahles vuole spendere 885 milioni di euro per pagare per almeneno diciotto mesi fino al 75 per cento della retribuzione di un disoccupato che viene assunto. Tra l’altro di questi soldi oltre metà, cioè 470 milioni, verranno alla Germania dall’Europa che secondo i tedeschi costa sempre troppo, cioè dal fondo sociale europeo Esf.
Nahles vuol poi spendere circa 150 milioni per creare posti di lavoro totalmente sovvenzionati e artificiali: si prevede che i disoccupati non reintegrabili nel mercato del lavoro reale vengano assunti dai pubblici poteri per piantare fiori ortaggi e frutta nei giardini pubblici o in altri terreni coltivabili. Lotta politica alla disoccupazione con i soldi dei contribuenti e dell’Europa, insomma, e il principio degli investimenti pubblici pro-lavoro la cui applicazione secondo Angela Merkel è perversa negativa e inaccettabile se viene richiesta da Matteo Renzi o da Manuel Valls. A casa è diverso.

PREVISIONI OCSE
MILANO - Nonostante alcuni dei Paesi membri stiano "cominciando a risalire la china", nel suo insieme "la zona euro sta rallentando fino a fermarsi e rappresenta un rischio rilevante per la crescita mondiale, con la disoccupazione che resta alta e l’inflazione persistentemente lontana dall’obiettivo". Con queste parole l’Ocse descrive la stagnazione del Vecchio continente, a pochi giorni di distanza dalla pubblicazione, da parte della stessa Commissione Ue, di nuove stime economiche in ribasso.
Una doccia gelata che colpisce anche Francoforte, dove si riunisce il board della Bce. Lo chiama direttamente in causa l’Ocse, quando dice che la Banca centrale europea dovrebbe avviare un programma di "quantitative easing" (acquisto di bond sul mercato), seguendo l’esempio di Usa e Giappone, per allontanare lo spettro della deflazione, comprando anche titoli di Stato. Nel testo si legge: "Alla luce di un’economia debolissima e del rischio di deflazione, la Bce dovrebbe espandere il suo sostegno monetario oltre le misure già annunciate. Ciò dovrebbe includere un impegno a un acquisto consistente di attività finchè l’inflazione non sarà tornata nei ranghi". Secondo l’organizzazione di Parigi, "ulteriori acquisti di attività potrebbero includere obbligazioni garantite da mutui con bassi rating, corporate bond e titoli di Stato".
Per quanto riguarda l’Italia, l’Ocse rilascia previsioni peggiorative sia rispetto al governo che rispetto alla Ue. Il Pil dell’Italia crescerà dello 0,2% nel 2015 (contro il +0,6% scontato dalla Legge di Stabilità) e dell’1% nel 2016 (in linea). Questi numeri collocano il Belpaese, nonostante il lieve miglioramento rispetto al +0,1% di settembre, in fondo alla classifica per l’anno prossimo, davanti alla sola Russia, ferma a zero. Durante la presentazione dei dati, il segretario Angel Gurrìa si è soffermato sul Jobs Act: "In Italia è stata appena annunciata una vasta riforma del mercato del lavoro" e l’Ocse apprezza "la coraggiosa presa di posizione assunta dal premier" per superare tutti gli ostacoli incontrati sul percorso. Nel documento si legge, sempre sul tema: "La sfida chiave sarà far seguire agli annunci fatti un’applicazione di successo delle riforme già in cantiere".
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Per il premier, Matteo Renzi, "I dati diffusi oggi sono molto tristi da un lato e incoraggianti da un altro, perché mostrano che se l’Eurozona cambia si può tornare a crescere. Si deve investire in ricerca e prodotti di qualità".
Per l’area Euro, si confermano le stime di settembre a +1,1% per il Pil 2015, mentre si prevede +1,7% nel 2016. In Eurolandia la crescita ha rallentato il passo, spiega l’Organizzazione, in quanto "la debolezza di Germania, Francia e Italia ha annullato i miglioramenti nei paesi periferici e l’inflazione è continuata a calare". Quanto a Usa e Cina, l’Ocse stima un progresso rispettivamente del 3,1% (come a settembre) e del 7,1% quest’anno (dal precedente +7,3%) e del 3% e del 6,9% nel 2016. Si tratta di dati anticipati (il report definitivo è in uscita il 25 novembre) in vista del G20 del 15 e 16 novembre, in Australia.