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 2014  novembre 05 Mercoledì calendario

SECONDO WALL STREET IL MODELLO DEL CAPO AZIENDA DEVE ESSERE SALIERI, NON MOZART. CHI COMANDA DEVE ESSERE SECCHIONE, NON GENIO E SREGOLATEZZA. IL VERDETTO DEI COLOSSI AMERICANI, DALLA BORSA ALL’HI-TECH: «L’ERA DELLA RETORICA RIVOLUZIONARIA È FINITA, ADESSO VINCE IL PRAGMATISMO»

Mozart addio. La rivoluzione hitech ha bruciato in pochi anni l’era pionieristica dei leader alla Steve Jobs, tutti genio e sregolatezza come il musicista salisburghese. I tempi sono cambiati. Apple & C. hanno conquistato il mondo e Wall Street. Ma oggi al vertice dei colossi mondiali si sta consumando (copyright di Herminia Ibarra, professoressa all’Insead di Parigi) la vendetta dei Salieri. I capi pragmatici, secchioni, prevedibili e un po’ grigi come il compositore veneto – eclissato alla Corte di Vienna dalle note in libertà di Wolfgang – tornati di moda ora che la rivoluzione digitale deve consolidare in business che durino le intuizioni dei suoi irripetibili “guru”.
L’era degli uomini soli al comando della corsa è finita. Il Requiem, per rimanere in tema, è arrivato dall’ultima analisi della Harvard business review (Hbr): il boom delle start-up nate in un box o in un sottoscala e diventate conglomerati planetari ha fatto il suo tempo. I loro leader, capaci di raccogliere consenso e capitali grazie al carisma dell’«intelligenza emotiva», come provano le neuroscienze, sono stati costretti a passare la mano a chi è capace di gestire organizzazioni ormai troppo complesse. E non a caso 24 dei cento manager più redditizi d’America – ha calcolato Hbr – sono ingegneri. Magari meno spumeggianti dei loro predecessori ma capaci di quell’approccio «pragmatico e pratico», come dice il preside di Harvard Nitin Nohria, che (evidentemente) paga molto sul fronte dei bilanci.
Il tramonto dei leader-Mozart e la carica dei manager alla Salieri è un fenomeno a 360 gradi che attraversa tutta l’industria. L’avvento a maggio 2013 al timone di Intel di Brian Krzanich – un ingegnere a dir poco low-profile – aveva fatto storcere il naso a Wall Street, abituata agli eccessi del suo vulcanico predecessore Paul Otellini. Analisti e risparmiatori si sono dovuti ricredere. Il lavoro oscuro del nuovo ad ha funzionato. E i titoli Intel viaggiano oggi a una valore quasi doppio rispetto a un anno fa.
«Il leader gestisce il potere, un manager l’organizzazione» è il mantra di Jack Welch, ex numero uno di General Electric e forse il Salieri di maggior successo della storia delle imprese globali. Oggi è il momento degli organiz- zatori. Chris Viehbacher, il leader che ha gestito la francese Sanofi – con successo, va detto – come fosse il responsabile di un lunghissimo one man show è stato detronizzato dal cda. Stesso destino è toccato a Bill Gross, fumantino capo incontrastato per anni della Pimco (risparmio gestito), vittima della sua stessa gestione autoreferenziale. Dedicatosi ora, pare, a un nuovo hobby decisamente mozartiano come la meditazione trascendentale.
«Il tempo della retorica rivoluzionaria è finito – ha spiegato al Financal Times James Citrin, cacciatore di teste di Spencer Stuart –. Oggi vanno per la maggiore gli ingegneri capaci di risolvere i problemi con la logica e il “pensiero architettonico”». Resiste qualche leader a 18 carati come Mark Zuckerberg di Facebook. Ma fanno faville anche manager più puri come Jeff Bezos di Amazon (altro ingegnere) e Larry Ellison, capace di organizzare come un orologio perfettamente funzionante l’impero hitech di Oracle, ma anche di costruire un team sofisticato come quello che gli ha consentito di vincere la Coppa America di vela.
Persino Google, il tempio della creatività in progress e della fantasia (imprenditoriale) al potere, è stata costretta a una clamorosa retromarcia. Qualche tempo fa ha provato a costruire una organizzazione manager-free. Cementata solo dalle intuizioni un po’ anarchiche dei suoi geniali tecnici. È stato un flop. La società si è resa conto in pochi mesi che questo caos – ancorché creativo – era troppo. E ha dovuto reinserire nella scala gerarchica i manager per gestire i progetti, stabilire le priorità e i percorsi di carriera. Di Mozart ne basta uno. O al limite due, come Sergey Brin e Larry Page, i fondatori della società. Anche a Mountain View, oggi, va in onda la vendetta dei Salieri.
Ettore Livini, la Repubblica 5/11/2014