Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  novembre 05 Mercoledì calendario

LA FRENATA DELL’ECONOMIA TEDESCA PESERÀ ANCHE SULL’ITALIA, AVENDO UN IMPATTO NEGATIVO SUL NOSTRO EXPORT, MENTRE LA DOMANDA INTERNA LATITA. RENZI, IL SOLO PREMIER D’EUROPA (QUASI) SENZA OPPOSIZIONE POLITICA, NE HA TROVATA UNA FORSE ANCHE PIÙ TEMIBILE: L’ECONOMIA. MAGARI POTREBBE OCCUPARSENE UN PO’ DI PIÙ

Per una volta, l’ordine dei fattori si presenta invertito. La Commissione Ue conferma le previsioni dell’Italia per il 2015, mentre rivede in peggio quelle formulate poche settimane fa dal governo tedesco. L’anno prossimo la Germania doveva crescere del 2% in base alle previsioni di Bruxelles di primavera scorsa, dell’1,3% secondo le stime di Berlino di poche settimane fa, ma ora la Commissione stessa le taglia ancora all’1,1%. Nel frattempo l’Italia va anche peggio, naturalmente, ma la Commissione almeno mostra di condividere le valutazioni del governo: entrambi convengono che l’anno prossimo la crescita dovrebbe arrivare allo 0,6%. Fin qui le buone notizie. Quando però si va a vedere perché questa ripresa dovrebbe arrivare, qualche dubbio torna. Dovrebbe venire da fuori, si legge nella nota di Bruxelles: non da nuovi consumi o investimenti degli italiani, ma da un aumento della domanda di beni e servizi dal resto del mondo. Benché l’euro più debole aiuti, non è chiaro come e perché ciò accadrà. Il principale cliente del made in Italy è la Germania, che nel 2015 frenerà per una ragione ben precisa: volge al termine il grande ciclo di ordini dai Paesi emergenti, Cina in testa, di impianti, treni o centrali nei quali l’economia tedesca è specializzata. Spesso le imprese italiane sono entrate in questa catena globale come fornitrici delle loro controparti in Baviera, o in Assia. Ma ora l’Asia ha perso molto del suo appetito per quei prodotti tedeschi ricchi di made in Italy. In Cina il debito totale del governo, delle imprese e delle famiglie è esploso dal 140% del Pil nel 2008 al 220% oggi, e paga interessi molto sopra alla crescita stessa dell’economia. Per qualche anno, il compratore di ultima istanza dell’export europeo dovrà rallentare. La Germania ne soffrirà e per l’Italia non è una buona notizia. Questa vicenda, inevitabilmente, finirà per avere riflessi interni e può dare a Matteo Renzi qualche motivo per dubitare della sua stessa forza. Oggi il premier appare sul punto di consolidare un dominio definitivo sul sistema politico. Resta forte nei sondaggi. L’opposizione oggi appare senza idee, pronta a collaborare con la maggioranza in cambio della speranza di qualche favore personale, oppure troppo estrema per essere credibile. Mai come oggi il premier sembra padrone della situazione, persino aiutato dalle critiche da sinistra a conquistare elettori di centrodestra. Eppure questo premier ha trovato un avversario di cui non riesce a prevedere le mosse. Ieri la Commissione ha detto che vede l’Italia in recessione fino alla fine di quest’anno, mentre persino la Grecia ne è uscita. La disoccupazione è ai massimi e, sempre secondo Bruxelles, ci resterà nel 2015 anche se la ripresa arrivasse. A torto o a ragione, molte banche italiane sono emerse dagli esami della Bce avvolte da un alone di sospetto. È probabile che non sia del tutto credibile la promozione in blocco delle loro concorrenti tedesche, ma l’ultima indagine sul credito dell’Eurotower rivela miglioramenti quasi ovunque in area euro e un peggioramento in Italia. I crediti deteriorati nei bilanci delle banche in questo Paese si aggirano attorno ai 350 miliardi, ma nell’inverno scorso si è smesso di parlare della reazione più ovvia, come fosse un tabù: un veicolo con garanzie pubbliche – chiamiamolo bad bankche asporti le sofferenze dai bilanci degli istituti e aiuti a far ripartire il credito. L’Italia ormai è il solo Paese dell’Ocse simultaneamente in recessione e in deflazione. Della riforma del lavoro per ora è più chiara l’efficacia nel fomentare i conflitti a sinistra che il contenuto. In queste condizioni la ripresa minaccia di tardare, il debito di salire ancora e i mercati di non avere nel 2015 la pazienza che hanno dimostrato nel 2014. In questi anni il Paese è stato tenuto a galla in gran parte da Draghi e dall’impegno della Bce ad agire. Ora però la Bundesbank sta agitando contro il presidente italiano dell’Eurotower un’inaudita campagna di discredito personale, avendo perso contro di lui tutti gli argomenti. Non è chiaro che la Bce potrà di nuovo aiutare l’Italia, non prima che l’emergenza torni di nuovo a punti estremi. Renzi, il solo premier d’Europa (quasi) senza opposizione politica, ne ha trovata una forse anche più temibile: l’economia. Magari potrebbe occuparsene un po’ di più.
Federico Fubini, la Repubblica 5/11/2014