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 2014  novembre 05 Mercoledì calendario

ORA CHE IL SENATO È IN MANO AI REPUBBLICANI, I FALCHI MIRANO ALLA FEDERAL RESERVE. LA DESTRA NON HA MAI GRADITO TROPPO IL QUANTITATIVE EASING E IL RAFFORZAMENTO DEI POTERI DI VIGILANZA DELLA BANCA CENTRALE SUGLI ISTITUTI DI CREDITO

Uno degli obiettivi di un Senato in mano ai repubblicani e di una loro rinvigorita maggioranza in Congresso non è la Casa Bianca e l’amministrazione presieduta da Barack Obama. È, a qualche isolato di distanza, la Federal Reserve e il suo presidente Janet Yellen.
La Fed, nonostante la sua vantata e gelosa indipendenza, potrebbe trovarsi improvvisamente al centro di un tiro incrociato politico che la vede salire sul banco degli imputati come “lunga mano” di un governo troppo invadente e interventista, almeno quando si tratta di economia. Un’accusa dalla quale potrebbero scaturire pressioni più o meno discrete, da audizioni parlamentari sui poteri e compiti della Fed fino al rilancio di proposte che modifichino il suo mandato, cancellando la piena occupazione a favore della sola lotta all’inflazione e per di più affidando a rigide formule matematiche le decisioni sui tassi d’interesse. Oppure che le ordinino maggior trasparenza, aprendo i suoi libri ad una supervisione contabile sotto gli occhi del Congresso.
Un buon numero di senatori repubblicani, non solo di deputati, non ha infatti perdonato prima a Ben Bernanke e ora al suo successore Yellen l’adozione e soprattutto la lunga continuazione di strategie non convenzionali. Cioè di quel Quantative Easing, gli acquisti di asset, che per stimolare la crescita, risultato che loro disputano, ha gonfiato enormemente e a loro avviso irresponsabilmente il bilancio della Banca centrale fino agli attuali 4.500 miliardi di dollari. Nonostante oggi il QE sia concluso, lo strumento resta nell’arsenale della Fed e la Banca centrale mantiene una rotta di politiche accomodanti senza troppa fretta di alzare i tassi.
L’altro nodo mal tollerato dai repubblicani è quello della stretta delle regole avvenuta negli anni post-crisi e accusata di soffocare il libero mercato e la ripresa. Qui la Fed è tra le istituzioni che hanno visto i loro poteri rafforzati dalle riforme economiche e finanziarie, responsabile di una più aggressiva supervisione del settore bancario e degli istituti che possono porre rischi alla stabilità del sistema.
I protagonisti di una nuova offensiva sulla Fed sono personaggi del calibro di Richard Shelby dell’Alabama, che in un Senato repubblicano sarebbe alla guida della Commissione bancaria. Già negli anni scorsi aveva chiesto di togliere alla Fed la supervisione delle grandi banche. Non basta: Shelby aveva anche votato contro la conferma di Yellen a presidente della Fed, imputandole continuità con Bernanke. L’altro spauracchio per la Banca centrale è Rand Paul, senatore del Kentucky vicino ai Tea Party, che vorrebbe aprire il processo decisionale dell’istituto a veri e propri controlli parlamentari. Shelby e Paul potrebbero trovare anche qualche improbabile alleato in esponenti democratici liberal, che criticano la Fed per aver comunque utilizzato male finora la sua autorità di controllo.
Marco Valsania, Il Sole 24 Ore 5/11/2014