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 2014  novembre 05 Mercoledì calendario

DOPO LO SCANDALO DEI FOTOMONTAGGI, EMILIO FEDE PERDE ANCHE LA CONSULENZA DA 27MILA EURO CON MEDIASET,LA LUSSUOSA CASA DI MILANO DUE, IL PAGAMENTO DELLE BOLLETTE DI LUCE, ACQUA, GAS E TELEFONO, I DUE AUTISTI, LA SEGRETARIA, L’UFFICIO...

Una raccomandata di poche righe datata il 30 ottobre scorso ed Emilio Fede è stato licenziato di nuovo da Mediaset. Per sempre, si direbbe. E da un giorno all’altro, visto che la decisione unilaterale dell’azienda è stata immediatamente esecutiva a partire dal 31 ottobre.
Un licenziamento a quattro stelle che racconta come in realtà si erano accomodate le cose tra l’ex direttore del Tg4 e Mediaset dopo la sua prima, clamorosa, cacciata avvenuta il 28 marzo del 2010: giorno in cui, prima di asserragliarsi altre 24 ore nel suo ufficio, Fede mostrò a un imbarazzatissimo capo dell’ufficio legale, Pasquale Straziota, il fotomontaggio del direttore generale dell’informazione del gruppo, Mauro Crippa, in compagnia di un transessuale. Tre mesi dopo però, il giornalista, per intercessione di Silvio Berlusconi, riuscì ad ottenere un nuovo contratto. Un trattamento principesco, senza dubbio, considerato che, nonostante l’intesa prevedesse una collaborazione editoriale, Fede da allora non è mai più riapparso in video: «Eppure ho presentato almeno 70 proposte. Ma niente, non mi hanno mai nemmeno risposto...», si lamentava qualche giorno fa. «Con la presente…» infatti, Fede non solo perde lo stipendio di 27 mila euro («lordi, eh?») mensili che percepiva da almeno tre anni ma anche la lussuosa casa di Milano Due, il pagamento delle bollette di luce, acqua, gas e telefono, i due autisti, la segretaria, l’ufficio. Mancano giusto i dischi di Little Tony, come cantavano Jannacci e Fo in «Ho visto un Re…» e poi si può dire che Emilio Fede, 83 anni, è stato ridotto sul lastrico.
Si fa per dire, ovviamente, visto che ora comincerà a percepire una pensione notevole rispetto agli standard normali. Unica concessione del Biscione: potrà rimanere nella sua abitazione fino alla fine di novembre, in modo di avere tempo per cercarsi un’altra casa. Fede insomma torna a perdere tutto. E per un giocatore del suo calibro, è una sconfitta cocente che non intende commentare. Almeno con noi de La Stampa: «Cosa volevi che facessero? Dopo quello che avete scritto!». Il lussuoso contratto sarebbe comunque scaduto a giugno. Ma in questo modo, la revoca è definitiva e arriva tra l’altro a pochi giorni dalla sentenza d’appello per il processo Ruby due, dove Fede è stato condannato in primo grado a 7 anni di reclusione. La missiva, a nome del consiglio d’amministrazione della società di Rti, viene giustificata con la notizia dell’inchiesta della Procura milanese in cui Emilio Fede, insieme al suo ex personal trainer, Gaetano Ferri, e altre persone, è indagato per associazione per delinquere finalizzata alla diffamazione, in relazione ad alcuni falsi scatti a luci rosse di un dirigente Mediaset e a dei file audio in cui si faceva menzione anche di fotomontaggi ai danni del presidente del gruppo, Fedele Confalonieri. Foto e audio che il suo ex allenatore tentò anche di rivendere ad alcuni giornali sempre, ha raccontato, «su indicazione di Fede». E di cui presto lo stesso Fede dovrà dare una spiegazione davanti al magistrato che indaga su questa strana storia, il pm Silvia Perrucci.
L’ex direttore finora ha spiegato l’esistenza di questo materiale e il suo possesso come il tentativo di sottrarre dal mercato immagini che avrebbero potuto imbarazzare il gruppo: «Ma quale ricatto! Io pagai quella foto e anche 5000 mila euro per il transessuale che aveva posato e poi la consegnai a chi di dovere in Mediaset. E loro mi licenziarono in tronco». Pochi mesi dopo però, venne firmato il nuovo contratto reciso due settimane fa. Materia che adesso è all’esame della Procura dopo la richiesta di esibizione atti operata dalla polizia giudiziaria proprio due giorni prima della decisione di Mediaset. La società, che finora non ha presentato denuncia, ha però annunciato che è pronta a costituirsi parte civile contro l’ ex direttore quando l’inchiesta verrà chiusa.
Paolo Colonnello, La Stampa 5/11/2014