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 2014  novembre 04 Martedì calendario

SESSO, ZOMBI, YOUTUBE E POESIA CHE BELLA LA GENERAZIONE SOCIAL


«Sono un bambino. Ti sentirai una pedofila e scapperai a gambe levate. Ci siederemo sul pavimento in gabinetti diversi e piangeremo fino a addormentarci». Chi sarà? Non certo il nuovo Louis-Ferdinand Céline, né il nuovo Joyce, né il nuovo Kafka, nessuno dei nomi estratti dal cappello del giornalismo culturale quando non sa cosa dire, tanto i vecchi non li hanno mai letti. Quest’anno il Nobel lo hanno dato al nuovo Proust, anche perché di Proust, quando era vivo, i parrucconi di Stoccolma non se ne accorsero.
Così un mese fa è stato lanciato anche il nuovo Bret Easton Ellis, tale Tao Pin autore di Taipei, con un romanzo da cinese tra i più brutti mai letti. Curiosamente lo stesso editore Isbn aveva appena pubblicato Lolito (pagg. 286, euro 17,50, trad. A. Mioni), di Ben Brooks, uno dei romanzi più belli dell’anno, ovviamente passato in sordina, mentre se proprio vogliamo è lui il nuovo Bret Easton Ellis. Il romanzo è l’autoritratto spettacolare di un adolescente che non ha niente a che spartire con gli smandrappati ricchi, drogati e sessodipendenti di Meno di zero, i quali, in fondo, erano l’upgrading generazionale della solita gioventù bruciata. Poi arrivò Imperial Bedrooms, con i medesimi cresciuti, la maturità bruciata, in realtà si era bruciato solo Ellis.
Invece nel mondo di Ben Brooks si vive annoiati tra social network, a guardare video virali su Youtube, o a fare sesso virtuale con una quarantenne conosciuta in chat: disagio esistenziale sì ma puramente individualista, moderno, disincantato, senza mai attaccare una qualsivoglia cantilena sociale. E senza mai cadere nella pura oggettività descrittiva della narrativa giovanile furba. Al contrario, tutto succede dentro una fantastica autoironia e favolose riflessioni e metafore che lo stesso Bret Easton Ellis se lo sognava anche a vent’anni. È l’opera simbolo di una giovinezza capace di essere profonda senza essere giuliva né decadente, con una visione del mondo consapevole, brillante, triste e allegra, e mai consolatoria. Per esempio Etgar, questo nostro quindicenne che non la prende così larga come Nabokov a cui si ispira il titolo, pensa «agli atomi come a delle persone piccole che hanno una paura boia e si tengono per mano. Immagino che il mio corpo sia fatto di piccole persone spaventate, che raccolgono tazze e libri che sono fatti di altre piccole persone spaventate. E quando ti scopi qualcuno sono solo un sacco di piccole persone spaventate».
Non ci si sente né omosessuali né eterosessuali, sono cliché che riguardano un passato sclerotizzato e ammuffito nei suoi psicologismi sessuali. Alla domanda «Sei gay?», Etgar risponde «Credo di no». Ma forse anche sì, non è una questione così fondamentale.
I dialoghi sono strepitosi, leggeri, parodie dei cliché del sentimentalismo quotidiano, realistici e esilaranti («Ti scopo nel gabinetto». «Per un’ora». «Per un’ora». «Per due ore». «Mmm». «Per sempre»). D’altra parte perfino le frasi fatte dell’amore e del corteggiamento languono da secoli nella sabbia mobile della narrativa del cuore che fa rima con amore, si adorna di rose, si piazza davanti tramonti e a cieli stellati. «Secondo me ci sono metafore migliori per adulare la gente» dice Etgar. «Qualche volta di mattina io e Alice giocavamo alle metafore. Sei una vasca idromassaggio infinita. Sei una tanica di tè al Nesquik. Sei i riposini pomeridiani».
Insomma, è una boccata d’aria freschissima, soprattutto nell’atmosfera italiana satura del fiato sprecato di scrittori poveristi cresciuti con il mito del femminismo o della rivoluzione proletaria e che da piccoli sognavano di essere Berlinguer, più sfigati di così si muore o si vince il Premio Strega.
Tra l’altro ci sono perfino delle poesie d’amore, Brooks è anche un nuovo Leopardi. Come questa dedicata a Macy, la suddetta quarantenne di cui è infatuato Etgar: «Nel caso di un’apocalisse zombie/ in cui tu fossi una zombie/ il mio piano sarebbe/ mangiare tre barrette di Galaxy/ bere sei tazze di tè/ e sdraiarmi in un qualche posto/ molto bene in vista/ ma vagamente comodo/ e non cercare di decapitarti/ o di impedirti di contagiarmi/ con il virus zombi».