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 2014  novembre 04 Martedì calendario

ANIMALISTI E WEB ALL’ATTACCO

Proteste, boicottaggi e petizioni. Sono gli effetti della puntata di domenica di Report, la trasmissione di Milena Gabanelli su Rai3, sul marchio Moncler e la violenta “spiumatura” delle oche per l’imbottitura dei giubbotti di alta moda. La presidente dell’Ente protezione animali (Enpa), Carla Rocchi, dice: “È una pratica selvaggia. E come Moncler si comportano altre aziende che utilizzano questo materiale. Mi viene da ridere quando provano a difendersi dicendo che adottano un codice etico sulle forniture. Questa filiera non è controllata e non è controllabile. Nessuna azienda che delocalizza nell’Europa dell’est può garantire una produzione etica”. Dopo l’inchiesta firmata dalla giornalista Sabrina Giannini, l’Enpa ha lanciato una petizione: “Chiediamo alla Commissione europea di mettere al bando la spiumatura delle oche e introdurre controlli per evitare situazioni di illegalità. La petizione è rivolta anche alle aziende e a Confindustria affinché pongano fine alle torture e allo sfruttamento delle oche per le piume e utilizzino finalmente imbottiture sintetiche”. L’Enpa non vuole contrastare soltanto il marchio Moncler ma “tutti i capi di abbigliamento che contengono parti animali”.
La lega antivivisezione, dopo la puntata di Report, chiede un incontro ai vertici di Moncler per arrivare a scelte commerciali alternative a quelle che prevedono lo sfruttamento degli animali. Simone Pavesi, responsabile moda sostenibile di Lav: “Collaboriamo con molte aziende e riusciamo a ottenere qualche risultato. È inaccettabile che ancora si continui a utilizzare il piumino d’oca invece di tanti altri materiali alternativi, considerando anche che il codice etico di Moncler non fa alcun riferimento alla pratica della spiumatura. Oltre a essere un prodotto poco etico, perché prodotto causando enormi sofferenze per agli animali, non è difendibile neanche dal punto di vista delle prestazioni. A marzo, abbiamo condotto alcuni test di comfort, mettendo a confronto proprio un prodotto Moncler in vera piuma con due prodotti realizzati con materiali alternativi, dimostrando che questi ultimi sono più traspiranti e solo leggermente meno caldi”. Anche Greenpeace si batte da anni per una produzione sostenibile dei capi di abbigliamento. Chiara Campione è responsabile della campagna Detox: “Tutti i brand hanno impatti ambientali. Sia quelli con prezzi popolari che quelli di fascia alta. Anche il lusso comporta pratiche disumane”. Il problema di immagine per Moncler è evidente anche dalle reazioni sui social network. Il caso è stato uno degli argomenti più discussi su Twitter, dove spopola il parallelismo tra oche e clienti spennati.
Su Facebook, invece, i toni sono molto più accesi: insulti, minacce di boicottaggi, clienti pentiti e tanta rabbia per l’ipocrisia della delocalizzazione di un marchio che fa dello stile italiano il suo punto di forza. L’azienda di Remo Ruffini sta vivendo quella che viene definita dagli esperti di comunicazione una “social media crisis”. La dinamica ricorda gli attacchi subiti da Guido Barilla, presidente del gruppo, quando disse che non voleva inserire famiglie gay negli spot della sua pasta. Barilla fu costretto a scusarsi, Ruffini, invece, ancora non commenta.
Fausto Nicastro, il Fatto Quotidiano 4/11/2014