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 2014  novembre 04 Martedì calendario

PERISCOPIO

È vero, Renzi spaventa per la sua avventatezza, ma la sinistra reazionaria spaventa (da molto tempo) per la sua mancanza d’idee. Francesco Piccolo. Corsera.

Marco Pomarici è il primo consigliere comunale di Roma della Lega di Matteo Salvini. Nato in Forza Italia, passato nel Nuovo centro destra, a sorpresa ora ha deciso di seguire il leader di partito che gridava «Roma ladrona». Ospite della prima puntata della nuova stagione de L’Abitacolo, la trasmissione della web tv di Libero, Pomarici racconta come riuscirà a restare «romano de Roma e pure tifosissimo giallorosso» nella nuova Lega dei popoli creata da Salvini per avanzare nel centro sud di Italia. È convinto che grazie allo sbarco nella capitale la Lega possa superare il 10% nazionale. E spiega di vedere in Salvini quello che era in origine Silvio Berlusconi. Franco Bechis. Libero.it

In Europa le banche sono ancora più importanti che in Usa per lo sviluppo delle imprese. Negli Stati Uniti infatti solo metà del credito viene dalle banche (il resto, direttamente dal mercato tramite azioni e obbligazioni) mentre in Europa è oltre l’80%. L’Europa quindi si sarebbe dovuta preoccupare ancor di più e ancor prima delle proprie banche. Ma non l’ha fatto e ora paga le conseguenze. Ricapitalizzare le banche è difficile perché il nuovo capitale riduce il valore delle azioni possedute dai vecchi azionisti, e questi, comprensibilmente, si oppongono. Alberto Alesina e Francesco Giavazzi. Corsera.

La realtà del nostro paese è un potere melmoso che è cresciuto con cedimenti, concessioni, con una concezione malata della democrazia. Un potere melmoso da cui non usciremo senza una riforma costituzionale che lo spazzi via, facendo votare direttamente dai cittadini un presidente del consiglio a capo quindi di un governo capace di dare ordini a cui nessuno si può sottrarre. Francesco Alberoni. Il Giornale.

Il contraltare quotidiano e familiare delle mie intemerate contro la sinistra che non cambia (mia moglie) dice che di miti e riferimenti simbolici c’è bisogno. Alimentano la militanza, tengono insieme l’esercito, danno senso a una comunità, ma non possono avere botte piena e moglie ubriaca, perché i miti ti tengono chiuso dentro gabbie dorate e dannate. Se scappi, ti inseguono, non ti fanno dormire la notte, ti lasciano senza riferimenti. Devi imparare a nuotare da solo, e non è semplice a una certa età. Ma se resti nella gabbia sei finito. Ti inaridisci, non hai direzione di marcia, perdi l’anima, e paghi prezzi salatissimi, Proprio quello che è successo a voi, diessini miei. Claudio Velardi, L’anno che doveva cambiare l’Italia. Mondadori. 2006.

Il punto della crisi del talk show non è questo o quel signore televisivo con la corte fissa di ospiti, tanto meno la crisi di ascolti può dipendere dalla formula o dal comico che introduce il gioco. Nel resto dell’Europa, il talk show all’italiana è uno spettacolo incomprensibile. I ministri vanno in televisione una volta al mese a spiegare quanto hanno fatto e non a sciorinare il libro dei sogni. I politici di medio calibro, che in Italia ci siamo sorbiti per anni, in tv appaiono una volta l’anno. Curzio Maltese. il venerdì.

Frattini come ministro degli esteri si impegnava poco, non proferiva verbo e, a ogni crisi internazionale, veniva colto a svernare in un atollo caraibico o ad abbronzarsi su una pista da sci. Anche perché i partner europei, conoscendone la mondana indolenza e la decisiva inutilità, si scordavano di invitarlo ai vertici. Marco Travaglio. Il Fatto.

Da giovani eravamo insensati. Il grado di alienazione era preoccupante. Il fascismo era preoccupante. Anche se culturalmente non è stato così male. La cultura è la cosa migliore che il fascismo abbia prodotto. Avevo sei anni quando assistetti a uno scampolo della marcia su Roma. E fu allora che cominciai a detestare i fascisti. Erano il peggio. Arroganti, violenti, illiberali, retorici, pericolosi. Con un diritto che faceva schifo e delle leggi omicide. Su questo non si discute. Ma sul piano culturale il fascismo ha prodotto cose che sono sopravvissute: architettura, arte, cinema, editoria, musica. Molto di quello che conosco, delle mie ambizioni letterarie, è nato in quel clima. Manlio Cancogni, romanziere, 98 anni. la Repubblica.

Un giorno era stato Vittorio Beonio Brocchieri a fare uno scherzo a don Angelini. A forza di sentirlo parlare di Alessandro Manzoni del quale era un grande studioso, propose all’amico: «Perché non andiamo sui luoghi manzoniani? Tu li hai mai visti...». E partirono in macchina. Giunti sul lago, Angelini, emozionatissimo, cominciò a declamare brani dei Promessi sposi, a farsi insomma prendere da un certo lirismo. Ecco, fu a questo punto che Beonio Brocchieri gli rivelò la sua burla. «Vedi come siete voi letterati?», disse ridacchiando. «Non ti sei accorto che qui siamo a Stresa, sul Lago Maggiore, e non a Lecco!». Luciano Simonelli, Dieci giornalisti e un editore. Simonelli editore.1997.

C’è qualcosa come una febbre leggera, inebriante, in questo collettivo veloce alzarsi e correre al lavoro e a scuola. E come deve essere triste, mi dico stamattina, trovarsi dentro a questo vortice metropolitano, e non avere alcun lavoro dove andare. Penso a quanti, senza nessuno che li aspetti, restano a dormire; o, speranzosi, a quest’ora leggono le offerte di impiego sui giornali. Mentre nelle chiese si celebra la prima Messa, e si dice: «Dacci oggi il nostro pane quotidiano». La maggioranza della gente che corre stamattina, là fuori, forse non prega affatto. Eppure, nell’affrettarsi negli uffici e sui banchi, che gran domanda sta sospesa nell’aria. Pare quasi di toccarla, in questa mattina d’autunno, nel cielo sopra Milano. Marina Corradi. Avvenire.

Il pittore Filippo De Pisis dava spesso la lettura dei suoi versi all’Accademia degli Arcadi, non già nel Bosco Parrasio, sulle pendici del Gianicolo, ma nella sua sede, che era, e credo sia ancora, dietro la Chiesa di San Carlo al Corso, una specie di antico oratorio, dove sedevano personaggi polverosi, gli Arcadi, una decina in tutto, vecchi smunti, stinti, fatti di cera e di stoppa, che applaudivano i versi di De Pisis con gesti a scatti e i suoni secchi delle palme ossute, simili ai gesti e ai suoni che fan le locuste con le lunghe zampe verdi. Curzio Malaparte, Battibecchi. Florentia.1993.

Il burocrate è un omino che ha in mano le sorti del tuo destino. Roberto Gervaso. Il Foglio.

Paolo Siepi, ItaliaOggi 4/11/2014