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 2014  novembre 04 Martedì calendario

IL SINDACO DI ROMA, MARINO, È DIVENTATO UN EROE PER I GAY, MA 4 ROMANI SU 5 LO BOCCIANO: «QUI NON FUNZIONA NULLA!»

A dispetto delle apparenze, il sindaco di Roma, Ignazio Marino, sta vivendo un momentaccio. Sui giornaloni, da quando ha trascritto in Campidoglio i matrimoni gay celebrati all’estero, passa per un sindaco vincente. Ma un sondaggio Swg commissionato dal Pd romano sulla Giunta comunale, di cui il Pd è l’azionista di maggioranza, ha rivelato un dato shock: quattro romani su cinque non si fidano del loro sindaco, e dicono peste e corna della sua amministrazione. Una sonora bocciatura, passata però in secondo piano grazie a una coincidenza piuttosto fortunata per Marino: l’uscita del sondaggio-bocciatura, la scorsa settimana, è coincisa con la sua celebrazione sui media come campione nella lotta per il riconoscimento dei diritti civili degli omosessuali.
Rivediamo il filmino. Sabato 18 ottobre, davanti alle telecamere, Marino trascrive in Campidoglio 16 matrimoni gay celebrati all’estero, e immediatamente il movimento gay lo osanna come un esempio da imitare. Ma poiché la legge italiana non prevede il matrimonio tra due persone dello stesso sesso, il prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, ordina l’immeditata cancellazione delle 16 trascrizioni sui registri di stato civile del Comune. Per tutta risposta, Marino si rifiuta di farlo e mantiene il punto. In pochi giorni, il braccio di ferro attira l’attenzione dei media stranieri, e al sindaco di Roma giungono attestati di solidarietà da mezzo mondo, compreso quello del sindaco di New York, Bill De Blasio, che lo chiama al telefono per complimentarsi per la «posizione coraggiosa».
Dietro il trionfo mediatico, restano però i numeri disastrosi del sondaggio Swg, commissionato dal Pd per misurare il consenso dei romani sull’operato di Marino e della sua giunta. Alla domanda: che cosa funziona bene a Roma?, il 54% ha risposto: «Nulla». Mentre alla richiesta di descrivere la città con tre aggettivi, è risultato che Roma è: sporca (62%), caotica (49%), degradata (35%). Non stupisce, quindi, che circa i problemi da risolvere con la massima urgenza, ai primi tre posti i romani indichino: il decoro urbano (61%), la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti (59%), i problemi legati al trasporto pubblico (53%). Quest’ultimo servizio, poi, viene indicato come quello che funziona peggio di tutti (79%), seguito a ruota dalla pessima gestione dei rifiuti (69%). Al tirar delle somme, soltanto il 20% dei romani dichiara di avere fiducia in Marino, mentre l’80% ne ha poca o nessuna. Dunque, un sindaco bocciato da 4 romani su 5.
Un’autentica débâcle se si considera che poco più di un anno fa (giugno 2013), nelle elezioni comunali, Marino sconfisse Gianni Alemanno con un secco 65 a 35 (consensi in percentuale). Ora a Roma, incredibile a dirsi, c’è addirittura chi rimpiange il sindaco di centrodestra, e non sono pochi: ben il 45% sostiene che la situazione è peggiorata. Dettaglio importante: la sfiducia dei romani è concentrata sul sindaco, ma non sul Pd, che è l’asse portante della giunta. Se si rivotasse oggi per il Campidoglio, secondo il sondaggio, il Pd prenderebbe il 35% dei voti, quasi dieci punti più di un anno fa (26,3%), davanti ai grillini (in crescita al 25%, contro il precedente 12,3%), e con l’intero centrodestra fermo al 27,5%, ma frammentato. Segno evidente che il Pd avanza anche a Roma, come nel resto d’Italia, solo grazie al traino del premier Matteo Renzi, non già per l’operato di Marino e della sua giunta. Lettura che perfino il capogruppo del Pd in Consiglio comunale, Francesco D’Ausilio, ha fatto propria, appena ha letto il sondaggio Swg: «Paghiamo scelte impopolari, come i tagli per risanare il bilancio lasciato da Alemanno» ha detto a Repubblica, «ma anche l’incapacità di rispondere ai veri problemi della città: il traffico, il trasporto pubblico, la pulizia e il decoro urbano dovranno diventare le nostre priorità. Col sindaco non c’è scontro, ma diversità di idee».
Una presa di distanze dal sindaco, a cui D’Ausilio, con una decisione a sorpresa, ha dato poi un seguito politico, dimettendosi da capogruppo. «Il rapporto con il sindaco è molto difficoltoso, e spero che il mio addio possa rimettere in moto alcuni processi», ha spiegato. Per il momento, il Pd ha deciso di congelare le dimissioni del capogruppo. Ma è superfluo dire che vorrebbe archiviare quanto prima l’esperienza del sindaco Marino.
Alcuni dirigenti Pd ne hanno parlato anche con Renzi, che si è detto consapevole dei problemi della capitale, e a un interlocutore avrebbe anche confidato: «Ma voi come fate a vivere in una città con tutte queste buche? A Firenze, mi avrebbero cacciato via a pedate». Tuttavia Renzi, che è anche segretario nazionale del Pd, ha escluso di poter intervenire sul caso, seguito a ruota dal vicesegretario, Lorenzo Guerini, che ha precisato: «Marino è stato eletto, deve andare avanti».
E questo, dicono nel Pd, non già perché Marino si sia recato alla Leopolda per omaggiare Renzi e arruffianarselo (i rapporti personali tra i due non sarebbero idilliaci), ma perché in Italia non è possibile dimissionare un sindaco, per quanto disastroso, prima della fine del suo mandato. A meno di una condanna definitiva (vedi Luigi De Magistris a Napoli, salvato dal Tar perché condannato solo in primo grado), oppure che sia lui a togliere il disturbo per manifesta sfiducia.
Tino Oldani, ItaliaOggi 4/11/2014