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 2014  ottobre 31 Venerdì calendario

DAL TRICLINIO AL FOOD TRUCRS


Il nostro rapporto con il cibo, dopo il periodo animale, è stato definito dall’uso delle mani, a volte con l’aiuto di una specie di cucchiaio piatto con manico corto, che i Romani usavano per ingozzarsi di cocleas – coccinelle di mare (da lì il termine cucchiaio), sdraiati su triclini con l’obbligo di lavarsi i piedi prima del pasto. Più a meno attorno al 1200 ci siamo adattati a un tavolo e a dei sedili, che i secoli hanno aggiustato e trasformato pur rimanendo obbligati all’uso. Poiché sono passati oltre mille e ottocento anni, ci eravamo messi l’animo in pace. Sbagliando. Perché ora siamo tornati a mangiare in piedi, con le mani, per strada.

Poeticamente, o filosoficamente, si definisce realtà nomade, perché dovrebbe favorire socialità ed eccellenza gastronomica ambulante. In epoca recente si definisce Street chef, perché partita da super cuochi, visto che i posti in Tv scarseggiano per eccesso di voci, pronti a portare per strada la grande cucina italiana.
In tutti i Paesi del mondo, dall’Africa all’India, dall’America nord e sud alle isole più o meno note, io ho visto carrettini – a traino e non motorizzati come i Food Trucks di ultima generazione americana – che distribuivano cibo, secondo le usanze e i Paesi, in cartocci di carta o di pane o di pasta. Cibi caldi o freddi. Cotti o crudi. La novità sta nel fatto che il cibo da strada prêt à porter è gestito da grandi cuochi e offre il meglio della gastronomia di ogni Paese e di ogni regione. Sembra che abbia riscosso molto successo in estate – poi si vedrà. Per ora è una moda: scomoda, poco razionale, speriamo a buon mercato. C’è chi parla di salmone e champagne. Chi di polpettine e birra. Di sicuro ogni regione ha le sue specialità. Ogni cuoco i suoi segreti. Ogni carrettino un nome per distinguersi: Ape, Abeille, Mozao, Eskimo, Sciatt...

C’è un galateo per questo nuovo modo di nutrirsi? Lo Street food è un sistema di procurarsi cibo in modo diverso, non un modo diverso di mangiarlo. Quindi valgono le stesse regole della tavola: speriamo per i prossimi mille e ottocento anni.