Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  ottobre 31 Venerdì calendario

ISRAELE CHIUDE LA SPIANATA DELLE MOSCHEE A GERUSALEMME IN SEGUITO A UN ATTENTATO A UN RABBINO. SCOPPIA LA RIVOLTA DEI PALESTINESI, PER ABU MAZEN SI TRATTA DI «UNA DICHIARAZIONE DI GUERRA». SI TEME UNA NUOVA INTIFADA

Guerriglia palestinese nelle strade di Jabel Mukaber, scontri fra soldati e ultranazionalisti ebrei al Muro Occidentale, palloni aerostatici sopra i quartieri arabi e il tam tam sulla «terza Intifada» davanti alla Via Dolorosa: a Gerusalemme l’atmosfera è rovente attorno alla Spianata delle Moschee, chiusa dalla polizia dopo l’agguato a mano armata contro il rabbino Yehudà Glick. Glick è uno dei leader dei gruppi ebraici che vogliono costruire il «terzo Tempio» sulla Spianata dove sorgono la Cupola della Roccia e la moschea di Al Aqsa. Si batte per difendere «il diritto degli ebrei di pregare» sul luogo del Tempio di Salomone e accusa il governo Netanyahu di «accettare il controllo di Hamas sulla Spianata».
Mercoledì illustra le sue tesi al Centro Begin e all’uscita apre il cofano dell’auto per mettervi il materiale illustrato. Gli si avvicina un motociclista che in ebraico con forte accento arabo chiede: «Sei tu Glick?». Al segno di assenso viene raggiunto da più colpi. Gravemente ferito, è ricoverato allo Shaarei Zedek e la notizia si trasforma in una scossa per Gerusalemme: è il primo tentativo di assassinio politico in città da quando nell’ottobre 2000 Rehavam Zeevi, ministro del Turismo e leader della destra, venne ucciso all’Hyatt da un killer del Fronte popolare di liberazione della Palestina.
Gli agenti dello Shin Bet, il controspionaggio, danno la caccia all’attentatore di Glick che viene trovato nella sua casa di Abu Tor all’alba di ieri. Si tratta di Muataz Hijazi, 32 anni di cui dieci passati nelle carceri israeliane per terrorismo. Le unità speciali gli chiedono la resa, lui combatte dal tetto e viene ucciso in un conflitto a fuoco di cui la città ha sentore, svegliandosi con il suono degli elicotteri che pattugliano i cieli. La reazione del governo di Benjamin Netanyahu è immediata. «Chiudiamo la Spianata delle Moschee» annuncia il ministro della Polizia Yizhak Aharonovich, spiegando che «né ebrei né arabi potranno accedervi per evitare ulteriori tensioni». Il timore è che l’agguato a Glick si trasformi nella miccia di scontri fra nazionalisti degli opposti campi.
Ma impedire l’accesso alle moschee incendia gli animi dei palestinesi. Abu Mazen, presidente palestinese, tuona da Ramallah: «Questa decisione equivale a una dichiarazione di guerra«. Il portavoce Nabil Abu Rudeineh aggiunge: «Nuocere ai luoghi santi è una linea rossa, non permetteremo a Netanyahu di superarla». L’unica chiusura della Spianata risale al settembre del 2000, per la visita dell’ex premier Ariel Sharon che suscitò una sollevazione popolare. A questo precedente si richiama Ahmed Tibi, parlamentare arabo-israeliano, in un comizio improvvisato davanti alla Porta dei Leoni. «Chiudere Al Aqsa è una provocazione nei confronti dell’intero Islam» dice, con a fianco il Mufti Mohammed Hussein e il capo del movimento islamico Sheik Abu Dabes, accusando Netanyahu di «voler innescare una guerra religiosa esacerbando la rabbia di Gerusalemme Est».
Mentre Tibi parla nei quartieri arabi inizia un domino di attacchi: petardi a Jabel Mukaber, sassi a Silwan e anche nella Città Vecchia, dove una turista viene ferita. Sulla Via Dolorosa un gruppo di militanti palestinesi grida «Allah-u Akbar» quasi in faccia ai militari israeliani. «Preghiamo qui perché non possiamo andare ad Al Aqsa, se vogliono la terza Intifada la avranno - dice Hussen, 50 anni, di Silwan - perché dall’inizio dell’occupazione nel 1967 nessuno aveva osato tanto». Il riferimento all’Intifada moltiplica grida e insulti ai soldati. È una sorta di parola d’ordine. Tensione c’è anche al Muro del Pianto, dove un folto gruppo di ultranazionalisti ebrei tenta di sfondare i cordoni della polizia e raggiungere la Spianata: «È il Monte del Tempio, ce lo hanno rubato» cantano. Il corpo a corpo si conclude con alcuni arresti.
Ma resta la sensazione che gli opposti estremi si preparino alla battaglia per Gerusalemme. Ecco perché dopo il tramonto il presidente israeliano Reuven Rivlin, chiede di «sradicare il terrorismo dalla capitale» adoperando un linguaggio che accomuna tutti i gruppi più violenti. Oggi la Spianata sarà riaperta, limitando però l’accesso ai più anziani. Le violenze a Gerusalemme sono una sfida difficile per Netanyahu, incalzato anche dall’offensiva diplomatica di Abu Mazen: la Svezia ha riconosciuto ieri lo Stato palestinese e Israele ha ritirato l’ambasciatore.
Maurizio Molinari, La Stampa 31/10/2014