Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  ottobre 29 Mercoledì calendario

LA RUSSIA IPOTECA IL POLO NORD

I ghiacci si stanno ritirando e l’Artico, immenso serbatoio di idrocarburi, diventa sempre più appetibile. L’area è contesa da Russia, Stati Uniti, Canada, Norvegia e Danimarca, che vi vedono un’enorme opportunità di accaparrarsi fonti energetiche e di fare redditizi affari.
Un ruolo di primo piano lo svolge Mosca, dove il presidente russo Vladimir Putin sta giocando d’anticipo per rafforzare la propria presenza in quei vasti e incontaminati territori.
Ne è prova la vicenda dell’isola Yaya, che si trova nel Mare di Laptev ed è stata scoperta da poco: una fetta di terra in mezzo all’oceano di appena 500 metri quadrati, solo un metro di altitudine, scoperta dai piloti russi. L’agenzia Ria Novosti ha annunciato che l’isola sarà presto trascritta sulla carta dell’Oceano Artico e farà parte del territorio della Russia. Putin vuole accelerare e intensificare la presenza del paese nell’area, cercando di guadagnare vantaggio nei confronti dei paesi rivali. Al punto che sono state riattivate le vecchie basi sovietiche, da tempo abbandonate: Mosca vede all’orizzonte l’estremo interesse da parte dei paesi della Nato e vuole difendere le proprie posizioni.
L’aeroporto ricavato sull’arcipelago di Nova Zembla, secondo le autorità russe, è un grado di accogliere aerei da combattimento e una parte della flotta del Nord vi ha installato un punto d’appoggio. È in preparazione l’allestimento di una nuova squadra militare formata da due brigate, in tutto 6 mila soldati, che sarà dispiegata nella regione di Mourmansk e in seguito nel distretto autonomo di Iamal-Nenets.
In altre aree saranno installati radar e apparecchiature di localizzazione. C’è inoltre l’intenzione di potenziare la presenza di uomini addetti alla sorveglianza delle frontiere. Recentemente si sono svolte esercitazioni militari, le più importanti dall’epoca della scomparsa dell’Urss, che hanno avuto come teatro di alcune operazioni proprio l’area artica.
Un modo di fare, commentano i vertici di Greenpeace Russia, che non ha senso, se non fosse per il fatto che Putin vuole creare di fronte all’opinione pubblica un nemico che vorrebbe impossessarsi dell’Artico russo, mentre non vi è alcuna minaccia concreta. In questo modo la Russia può mostrare i muscoli: una faccenda geopolitica più che economica.
Eppure gli affari contano. Michel Rocard, ambasciatore francese per le zone polari, sostiene che l’Artico è un secondo Medio Oriente, con giacimenti petroliferi pari al 17% delle riserve mondiali e giacimenti di gas che arrivano al 30%. Ma i progetti estrattivi hanno subìto una brusca frenata a causa delle proibitive condizioni climatiche e delle sanzioni internazionali contro Mosca. Per il momento la Russia estrae dalla regione soltanto 6,6 milioni di tonnellate di petrolio all’anno. Poi c’è il passaggio marittimo a nord tra l’Asia e gli Stati Uniti, che vedrebbe a medio termine lo scioglimento dei ghiacci e permetterebbe di aggirare il canale di Suez. Ma qui i costi sono esorbitanti perché bisogna ricorrere alle navi rompighiaccio nucleari, il cui costo di impiego è di 100 mila euro al giorno.
Greenpeace è preoccupata per le conseguenze sull’ambiente: i recenti lanci di missili nell’isola di Wrangel sono stati eseguiti senza testimoni in una zona dove avviene la riproduzione degli orsi bianchi e dei leoni marini. Per far fronte alle critiche, il ministero della difesa russo ha annunciato l’istituzione di un centro regionale per l’ambiente nei luoghi in cui sono presenti i soldati. I quali, assicurano a Mosca, ricevono una formazione e degli aggiornamenti di competenze in conformità alla legislazione internazionale. Fatto sta che l’appetito intorno a queste zone strategiche è enorme. Tant’è vero che anche il Canada vi tiene regolarmente operazioni di addestramento militare. Il clima intorno ai ghiacci si fa rovente.
Massimo Galli, ItaliaOggi 29/10/2014