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 2014  ottobre 28 Martedì calendario

Il vero fattore della crisi è che ci manca la fiducia, che è l’unico, vero petrolio italiano. Gianfelice Rocca, presidente dell’Assolombarda

Il vero fattore della crisi è che ci manca la fiducia, che è l’unico, vero petrolio italiano. Gianfelice Rocca, presidente dell’Assolombarda. La Stampa. Il Pd è un partito che continua a guardare al futuro come una minaccia piuttosto che un’opportunità. Matteo Renzi. La Leopolda 2014. (mfimage) In Piemonte ambientalisti apocalittici e amministratori miopi protestano contro la Tav. Tutti in marcia a grandi passi verso la preistoria. Claudio Velardi, L’anno che doveva cambiare l’Italia. Mondadori, 2006. La mia, è un’adesione convinta al Pd perché Renzi indica il modello del New Labour di Blair, quella «grande tenda» nella quale ospitare i valori e il ceto politico liberale. Un partito anche culturalmente più ampio, quello che, appunto, sta costruendo il premier. Andrea Romano, ex Scelta Civica di Monti. la Repubblica. Non c’è certo l’epica dell’ultima battaglia nella San Giovanni rosso bardata, che attende la folla camussiana. Semplicemente perché l’ultima battaglia è stata ormai persa. Solo un gigantesco esercito che forse lotta a vuoto, o forse, soprattutto, commemora. L’ultima battaglia è stata persa quando, di fronte alla potenza delle armate della Cgil, armate che tremare il mondo facevano, il Cav arretrò, D’Alema si impantanò, Prodi si sfilò, Veltroni si associò, Ciampi trattò. Renzi invece si è messo a fare alzate di spalle e a fare battute da liceo di Pontassieve, sfottò degni del suo compaesano Paolo Hendel. SDM. Il Foglio. Sabato 25 ottobre la Cgil è scesa in piazza a Roma nello stesso giorno in cui Firenze ospitava la Leopolda renziana. È stato così possibile osservare due modi diversi di pensare alla sinistra. Da una parte, a Firenze, c’è stata una sinistra che vuole cambiare mentre dall’altra, e lo dico con rammarico, si è vista una sinistra che di cambiare non ne vuole proprio sentire. Yoram Gutgeld. Il Foglio. Matteo Salvini assomiglia a Umberto Bossi, ma come quelle scimmie che nel circo imitano il loro addestratore. Salvatore Merlo. Il Foglio. Contro ogni previsione, Prodi riuscì a durare sino al 24 gennaio 2008. Poi cadde sotto una frana messa in moto da Clemente Mastella, ministro della giustizia. Mastella era infuriato. Si sentiva braccato dai magistrati, la moglie, Alessandra Lonardo, presidente del consiglio regionale della Campania, stava agli arresti domiciliari. Mezzo partito campano si trovava in galera e lui stesso era inquisito. Secondo Rodolfo Brancoli, stretto collaboratore di Prodi, Mastella era piombato nello studio di Prodi, urlando: «Se mi vogliono fare il culo, ve lo faccio prima io!». Ma il governo appariva un albero malato, corroso, giorno per giorno, dalle divisioni interne e, soprattutto, dal continuo sabotaggio di Rifondazione comunista. Giampaolo Pansa, Tipi sinistri. Rizzoli, 2012. Arnoldo Mondadori venne a cena da noi, a Milano. Era un uomo di un simpatia straordinaria e ricordo che si presentò con in mano un pacchettino di cracker svizzeri, dicendo, scusandosi: «Sa, ormai io sono un vecchio signore e il medico dice che non devo mangiare. Questo è il mio pranzo». Poi, mentre attendavamo che arrivasse Cino Del Duca e sua moglie, disse a Gaetano: «A me che ho cominciato a lavorare come operaio in una tipografia e portando in mano le scarpe per non consumarle; a me che ho fatto la terza elementare ma ho pubblicato le opere di Gabriele D’Annunzio e ho creato una collana di libri come la Medusa, manca ancora, come editore, di fare il quotidiano. Allora, so che ne sta creando uno nuovo (era il Giorno, ndr) e io stasera sono venuto qui per offrirle di stamparlo nella mia tipografia che, come lei sa, è modernissima». La moglie di Gaetano Baldacci in: Luciano Simonelli, Dieci giornalisti e un editore. Simonelli editore, 1997. L’Italia è un paese in declino. Io preferisco cominciare dal basso, con la certezza di risalire. Qui in Albania il mio stipendio mi fa vivere bene. Ed è già passato, nel giro di 13 mesi, da 400 a mille euro. Ma una bella casa qui comporta un affitto di 128 euro. L’Albania di oggi è l’Italia degli anni Sessanta. Paolo Picci, partito da Ancona per andare a Scutari (Albania). La Stampa. A Elle ho imparato tutto ciò che so del mio mestiere di giornalista, salvo scrivere. Quello non lo si impara. Ma il resto sì: la tecnica, l’uso delle fotografie, il ritmo di un giornale, la sua respirazione. Tutto questo lo debbo a quei gioiosi e frenetici anni passati a fianco di Hélène Lazareff. Christine Okrent, Françoise Giroud. Fayard, 2003. Padre Domenico, la domenica dopo, tuonava dall’ambone di San Francesco: un par de pormoni! Ce l’aveva co certe donne svergognate, così, in genere, e je garantiva l’inferno, giù, giù: una sistemazzione propio pe la quale: trittica qua e là co la testa, e cor pugno alzato, come pe dì un po’ a Marta, un po’ a Maddalena, un po’ a Pietro, un po’ a Paolo. Ma capiron tutti fin dal primo ruggito che mise, dove sarebbe andato a parare: co quell’occhi de fora e co quela rabbia che pareva dovesse mozzicà quarcuno, che poi però se carmò, piano piano: e annò a sbatte de filato in testa al diavolo, dove finì de sfogasse: quello zitto zitto, de sotto, chiotto chiotto, da la paura che je mise: e poi risalì dolce dolce verso «le bellezze di natura largite in tanta copia a questa vostra Tibur dalla somma provvidenza di Dio» nonché verso i «prodigi dell’arte e della carità patria così provvidamente dispensati a questa antica terra dalla provvida mano del romano pontefice Gregorio sedicesimo, dopo il grande cataclisma tellurico del 1826 e la spaventosa piena del nostro Aniene». Carlo Emilio Gadda, Quer pasticciaccio brutto de via Merulana. Garzanti, 1957. Alle 10 di sera sono sull’ascensore del grattacielo dove il ministro dell’Azerbaigian ha indetto una festa per l’anniversario dell’indipendenza. All’ultimo piano un immenso salone illuminato a giorno. In pochi secondi il ministro mi presenta il console del Guatemala, l’ambasciatore thailandese e la parrucchiera di sua figlia, una napoletana che ha fatto carriera e ora possiede venti negozi a Baku. La figlia del ministro è l’unica a indossare un costume tradizionale azerbaigiano. Cortese, il ministro mi chiede del Papa e rispondo che sta bene ma ha le sue gatte da pelare. Umberto Silva. Il Foglio. Per capire che contro la burocrazia non ci sarà mai niente da fare, basta leggere la Gazzetta Ufficiale, ricettacolo di paragrafi, eccezioni, commi, cavilli, più insormontabili della Torre di Babele. Roberto Gervaso. Il Messaggero. Paolo Siepi, ItaliaOggi 28/10/2014