28 ottobre 2014
APPUNTI PER GAZZETTA - NAPOLITANO INTERROGATO SULLA TRATTATIVA STATO-MAFIA
REPUBBLICA.IT
ROMA - È durata più di tre ore l’udienza di Giorgio Napolitano al Quirinale da parte dei giudici della Corte d’Assise di Palermo: nel corso della deposizione nell’ambito del processo Stato-mafia "Giorgio Napolitano ha riferito che, all’epoca, non aveva mai saputo di accordi" tra apparati dello Stato e Cosa Nostra per fermare le stragi, ha detto Giovanni Airò Farulla, avvocato del Comune di Palermo, lasciando il Quirinale. Il presidente, a quanto riferito da uno degli avvocati di Nicola Mancino, Nicoletta Piergentile, ai microfoni di Sky Tg24 al termine della deposizione del presidente della Repubblica, "non ha mai parlato esplicitamente di trattativa e sul fatto di poter essere oggetto di attentato" nel ’92-’93 "ha detto che lui non si era minimamente turbato perché faceva parte del suo ruolo istituzionale. Adesso - ha aggiunto Piergentile - si andrà avanti con tutti gli altri testi in calendario". Il legale dell’ex generale Mario Mori, invece, non ha posto domande al presidente della Repubblica "per rispetto istituzionale", ha detto uno degli avvocati che hanno partecipato all’udienza al Quirinale.
Stato-mafia, la sala della deposizione al Quirinale
"Da parte del capo dello Stato c’è stata una grande collaborazione - ha ribadito il procuratore di Palermo Leonardo Agueci- Napolitano ha risposto a tutto in modo molto ampio. La deposizione ha confermato l’utilità della sua citazione".
Solo spettatore. Per l’avvocato Luca Cianferoni, legale di Totò Riina, il presidente della Repubblica "ha tenuto sostanzialmente a dire che lui era uno spettatore di questa vicenda". Poi ha aggiunto che "la Corte non ha ammesso la domanda più importante", quella sul colloquio tra il presidente Napolitano e l’ex presidente Oscar Luigi Scalfaro quando pronunciò il famoso "non ci sto!", ha detto il legale, spiegando che "questa domanda non ha trovato il diniego di Napolitano, ma quello della Corte che non l’ha ammessa". Il legale di Riina ha, poi, sottolineato che il presidente "ha consultato delle carte durante la deposizione: lui ha avuto modo di avere quelle carte che il 15 ottobre sono arrivate dai pm di Firenze e che a noi parti private hanno richiesto una certa attività. Questo un teste normale non può farlo". Giorgio Napolitano, ha detto ancora Cianferoni, "rispetto al 41 bis ha detto "ero uno spettatore di questa vicenda non sono un giurista’".
Scalfaro. Per quanto riguarda la nomina di Oscar Luigi Scalfaro a capo dello Stato, i legali hanno riferito che - secondo Napolitano - la strage di Capaci fu un fatto talmente forte da essere da stimolo a trovare un accordo politico sulla nomina del nuovo capo del Quirinale.
Risposte a tutte le domande. Il capo dello Stato ha risposto a tutte le domande. Anzi, in un paio di occasioni ha chiesto al presidente della Corte di Assise, Alfredo Montalto, di poter rispondere anche a domande del legale di Riina che la Corte non aveva ritenuto ammissibili. ’’Presidente, se lei permette voglio accontentare l’avvocato’’, ha detto Napolitano, che ha ribadito di volere rispondere oggi su tutto ed evitare di ripetere nuovamente in altra occasione questo evento".
Pico della Mirandola. Non sono mancati, nel corso dell’udienza, momenti di ironia: "Pensate che abbia la memoria di Pico della Mirandola?", ha detto a un certo punto Napolitano, scherzando di fronte ad alcune domande dei pm, che, secondo il Presidente della Repubblica, si allontanavano dall’alveo originario della sua testimonianza.
Napolitano ’disponibile’. La deposizione del capo dello Stato, che si è svolta soltanto grazie alla sua ’’disponibilità’’, come sottolineato ripetutamente dalla Corte, ha riguardato due temi probatori: la lettera scritta a Napolitano nel 2012 dal suo consigliere giuridico Loris D’Ambrosio dopo essere stato sentito dai pm di Palermo, e le informative riservate degli apparati di sicurezza su un progetto mafioso di attentare, tra il 1993 e il 1994, alla vita di Napolitano e di Giovanni Spadolini, che all’epoca erano, rispettivamente, presidenti della Camera e del Senato. D’Ambrosio, che nel 2012 è morto d’infarto, era stato interrogato sulle sue telefonate con Nicola Mancino, imputato di falsa testimonianza nel processo per la trattativa, che si lamentava di essere sottoposto a indagini da diversi uffici giudiziari piuttosto che in un’unica sede. Nella lettera a Napolitano, che è stata peraltro resa pubblica dal Quirinale, D’Ambrosio manifestava il suo timore di poter essere considerato ’’utile scriba di indicibili accordi’’ negli anni ’90, quando come magistrato era in servizio prima all’antimafia e poi al Dap.
Colle spera velocità trascrizione atti. Il Quirinale "auspica che la Cancelleria della Corte assicuri al più presto la trascrizione della registrazione per l’acquisizione agli atti del processo, affinché sia possibile dare tempestivamente notizia agli organi di informazione e all’opinione pubblica" dell’udienza, si legge in una nota del Quirinale, nella quale si sottolinea che il presidente della Repubblica, ha risposto a tutte le domande e "con la massima trasparenza e serenita’".
Gli arrivi. Stamani il primo ad arrivare al Quirinale è stato il presidente della Corte d’Assise di Palermo Alfredo Montalto, poco dopo le nove. È entrato in auto, con la scorta, dalla porta secondaria del palazzo, la cosiddetta Porta dei Giardini, che si trova in via del Quirinale. Dallo stesso ingresso, quindici minuti dopo, è entrato il sostituto procuratore Nino Di Matteo, dentro un corteo di tre auto anticipato da due motociclisti dei carabinieri. Poi, dalla Porta dei Giardini sono entrati anche gli altri pubblici ministeri di Palermo, il procuratore reggente Leonardo Agueci, il procuratore aggiunto Vittorio Teresi e i sostituti Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia. Intanto, dall’ingresso principale del Palazzo entravano anche gli avvocati dei dieci imputati. Nessuna dichiarazione, passo veloce fra i cordoni di carabinieri e agenti della sicurezza che tengono a distanza giornalisti e curiosi. Il Quirinale è blindato per l’audizione del capo dello Stato al processo trattativa stato-mafia. L’udienza è iniziata alle dieci ed è terminata dopo le 13:30.
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Procedure standard. Nella sala del Bronzino, la sala dove generalmente il presidente della Repubblica incontra i capi di Stato, l’udienza ha seguito le normali procedure. La cancelleria ha aperto il verbale chiamando l’appello delle parti presenti. Intanto, un tecnico ha registrato ogni parola. Accanto al presidente Montalto c’erano il giudice a latere Stefania Brambille e i sei giudici non togati.
Da Teresi le prime domande. È toccato ai pubblici ministeri iniziare l’esame del presidente. È stato Vittorio Teresi a porre le prime domande al testimone Napolitano, sulla lettera che due anni fa gli mandò il suo consigliere giuridico Loris D’Ambrosio, "Non credo che ci siano gli elementi per ritenere definitivamente superato il pericolo di un ritorno di strategia di violento attacco allo Stato", ha detto il pm Nino Di Matteo, in un’intervista esclusiva ad Euronews, prima della deposizione. "La mafia, a un certo punto, ha cominciato a capire che gli attentati eccellenti, le bombe pagavano", dice ancora Di Matteo, "erano utili perché lo Stato, andando a cercare la controparte, dimostrava di cominciare a piegare le ginocchia. Cosa Nostra, in particolare Totò Riina ha capito le bombe potevano essere la strategia giusta per costringere lo Stato a venire a patti".