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 2014  ottobre 28 Martedì calendario

ZHANG XIN


Quarantaduesimo piano del Wangjing Soho, l’ultima meraviglia architettonica di Pechino. Si apre l’ascensore e compare la padrona di casa: madame Zhang Xin, 49 anni, 62esima donna più potente del mondo secondo Forbes. Otto volte più ricca della regina d’Inghilterra. Trucco leggero su un’abbronzatura delicata, capelli a caschetto. Sorriso con denti bianchissimi: con quella bocca (e quel conto in banca) la signora può dire quel che vuole. O quasi, perché la sua consigliera per i rapporti con la stampa è tanto carina quanto cattiva nell’impedire domande sulla vita privata. Così bisogna aggirarla e mimetizzarsi tra gli invitati all’inaugurazione della torre Wangjing, la nuova nata tra i progetti edilizi del gruppo Soho che con i suoi palazzi futuristici sta cambiando il panorama di Pechino, Shanghai, Canton, Chengdu.
Zhang Xin, amministratrice delegata della società, fondata con il marito Pan Shiyi nel 1995, ha 2,9 miliardi di euro di patrimonio, è nata a Pechino al tempo della Rivoluzione Culturale, quando essere laureati era una colpa. I genitori lo erano e per questo vennero spediti in campagna a rieducarsi, si separarono. Quando la bambina Xin (significa Gioia) poté tornare in città aveva nove anni e non aveva casa; dormiva sulla scrivania dell’ufficio dove la madre lavorava come traduttrice. «Tutto era grigio allora, ci mettevamo quei vestiti alla Mao, grigi; gli edifici erano grigi; tutti erano poveri, ma ci facevano il lavaggio del cervello per insegnarci che il mondo fuori dalla Cina era cattivo, che era un grande privilegio vivere nella terra del socialismo».
Ora, nell’era del capitalismo «con caratteristiche cinesi», lei e suo marito state costruendo giganti di vetro e acciaio.
Sì, ci affidiamo ai disegni dei più grandi architetti. Questo grattacielo è di Zaha Hadid, che ha battuto lo studio di Massimiliano Fuksas nel concorso. Le tre torri sono modellate come montagne, alte 200 metri per 521 mila metri quadrati.
Wangjing significa «sguardo su Pechino». I grattacieli Soho hanno trasformato radicalmente lo skyline della capitale. Non si sente un po’ colpevole?
Non è dipeso da me. È una tendenza decisa da chi ha disegnato le grandi riforme economiche per la Cina, io uso gli spazi che ci vengono dati per costruire, cercando di fare bene il mio lavoro.
Riandiamo al passato, l’abbiamo lasciata bambina povera in una Pechino poverissima.
A 15 anni sono andata a Hong Kong, che allora era inglese. Lì c’era il capitalismo. Trovai lavoro come operaia. Era terribile anche quella vita. Ogni giorno a pensare come migliorare, si cambiava posto per un dollaro in più di salario. Il motivo per lavorare in fabbrica era trovare il modo di sfuggire al mondo della fabbrica.

Zhang Xin quel modo lo trovò risparmiando fino all’ultimo centesimo ed emigrando in Inghilterra. Per studiare. «Il mio bagaglio era composto da tanto cibo cinese, una coperta, dizionari di inglese». Poi la laurea in Economia all’università del Sussex, il master a Cambridge; il salto a Wall Street come banker da Goldman Sachs; il ritorno a Pechino nel 1995, il colpo di fulmine per un piccolo costruttore, il matrimonio. E insieme hanno fondato Soho (acronimo di «Small office, home office»).
Ora che può permetterselo girerà il mondo in prima classe per fare shopping. Via Monte Napoleone, ad esempio?
In Italia ci siamo andati spesso in vacanza, ma non ricordo dove ho fatto qualche acquisto. E si viaggia bene anche in business, che costa molto meno rispetto alla first class.
Torniamo al mattone. Quanto è costato costruire queste tre «montagne»? Non è stato un rischio enorme, con la bolla che incombe sul mercato immobiliare cinese?
Sorry, qui non c’è il mio chief financial officer, quindi non so rispondere con esattezza. Ma il 90 per cento degli spazi nella prima e seconda torre sono già affittati e per la terza siamo al 40 per cento. Tutti inquilini solidi, la maggior parte sono aziende del settore hi-tech.
Pensa di investire e costruire anche all’estero?
Ora i nostri interessi sono solo in Cina, soprattutto a Pechino, dove abbiamo finito 17 grandi progetti, e a Shanghai.
Però ha appena donato quasi 12 milioni di euro all’università di Harvard. In Cina qualcuno l’ha accusata di non essere patriottica.
Al contrario. Siccome so quanto sia importante l’istruzione, la donazione servirà a far studiare negli Stati Uniti ragazzi cinesi poveri e meritevoli. Quando torneranno in patria aiuteranno il nostro Paese a competere nel mondo.
A proposito di competizione. Avete preferito Zaha Hadid a Fuksas. Ci sono state discussioni con suo marito sul progetto da scegliere?
Penso che mio marito abbia amato il disegno di Zaha anche più di me (sorride, ndr).

Il matrimonio non è stato privo di spine. Nel 2010 la stampa cinese scrisse che Pan aveva avuto una relazione con una studentessa. Zhang lo perdonò con un messaggio su Weibo, il Twitter cinese: «Siamo passati attraverso ogni tipo di prove, dalla pressione in azienda al gossip sul divorzio. Ma tutto ha reso il nostro matrimonio più solido». Post come questo l’hanno fatta diventare una superstar con otto milioni di follower.
Pechino non era più bella 30 anni fa, quando ancora la gente viveva negli hutong, i vicoli con le casette basse spazzati via dal boom?
Difficile dirlo, però da allora la popolazione cittadina si è triplicata: ora nella capitale ci sono oltre venti milioni di abitanti, sarebbe impossibile farli vivere tutti negli hutong.

Fuori, nella nuova piazza di Wangjing Soho, ci sono migliaia di abitanti venuti a vedere l’inaugurazione. «Lo abbiamo visto nascere in cinque anni questo complesso» ci dice una signora entusiasta. Anche Zhang Xin parla delle sue torri come di figli: «Devi amare quello che fai, ogni palazzo nuovo è come un bimbo che viene alla luce». Ma per la miliardaria è ora di tornare a casa: «Non sono un tipo da vita sociale, ho due figli, uscita dall’ufficio, la sera alle sette cerco sempre di cenare in famiglia».